Domanda: Nell'ambito di una ristrutturazione di un terrazzo la spesa per la
sostituzione della bandinella in rame a protezione del frontalino è posta a
carico del condominio o resta al privato?
Risposta: In linea di massima, sebbene i balconi aggettanti siano complessivamente da ritenersi di proprietà esclusiva di ogni singolo condomino, i rivestimenti del fonte del balcone vanno ritenuti di competenza condominiale.
Da ultimo, la Cassazione ha precisato in senso stretto la possibilità di attribuire al condominio le spese per la manutenzione dei balconi.
La spesa per la sostituzione del rivestimento in rame a protezione del frontalino va ritenuta quindi una spesa condominiale.
Domanda: Vorrei avere dei chiarimenti in merito alle verifiche da effettuare sulle Linea Vita. Mi spiego meglio: ho provveduto a fare installare la cosiddetta Linea Vita in quasi tutti i condominii da me amministrati. Circa un mese fa, un artigiano che doveva eseguire alcuni ripristini su di un tetto, mi ha riferito che secondo il suo parere la Linea Vita esistente non era a norma. Ho provveduto pertanto ad incaricare un ente certificatore perché provvedesse ad eseguire le opportune verifiche. Il tecnico incaricato dall’Ente certificatore ha rilasciato un verbale nel quale viene evidenziato che la documentazione amministrativa consegnata dall’installatore è carente (mancavano le foto relative all’installazione delle funi ed il loro fissaggio al tetto) ed anche che una fune era “lenta” per cui occorreva tenderla meglio. Le verifiche da effettuare sulla linea vita in questione dovrebbero essere eseguite, secondo le istruzioni del fabbricante, con cadenza annuale. L’installatore mi ha poi riferito che lui stesso può effettuare le verifiche sulle Linee Vita. Considerando che ogni verifica effettuata dall’Ente Certificatore costa al condominio € 300,00 + IVA, prima di procedere con le verifiche fatte dall’installatore, Vi chiedo quanto segue:
RIsposta: Il committente di opere la cui esecuzione implica rischi specifici per l'esecutore - come nel caso dei lavori che si svolgono in quota - assume inevitabilmente gravi responsabilità, specie quando non viene nominato un responsabile dei lavori, come tipicamente avviene in tutti i casi in cui si svolgono piccoli interventi di manutenzione.
A livello nazionale si può affermare che l'obbligo non riguarda in senso stretto la posa in opera di linee vita, bensì la circostanza che, in caso di lavori che comportano pericolo di caduta, siano messe in atto adeguate strategie di protezione del lavoratore.
Il Presidente del Comitato Tecnico Scientifico - dott. Antonio Romano
Domanda:
Non ho partecipato all’Assemblea così come altri condomini, ma ho appreso dall’Amministratrice che la proposta è stata accolta e nella giornata di ieri lo stesso condomino ha provveduto ad abbattere alcuni muri avendo in corso nel piano interrato la realizzazione di garage e box da vendere.
Domanda:” E’ possibile che pur in mancanza di una adesione totale sia stato possibile aderire alla proposta? L’intervento tempestivo di demolizione della ex centrale condominiale è avvenuto prima ancora che ai condomini assenti sia stata comunicata la delibera per eventuali azioni di dissenso o di impugnativa, che qualora possibili si gradisce conoscere.
Risposta del dott. Antonio Romano (Presidente Comitato Tecnico Scientifico SESAMO Nazionale)
La costituzione di una servitù su una parte comune a favore della proprietà privata di un condomino è possibile anche se il proprietario del fondo che viene a beneficiare della servitù (il cosiddetto "fondo dominante") è tra i proprietari del fondo su cui la servitù viene a essere costituita (il cosiddetto "fondo servente").
In ambito condominiale non si applica infatti uno dei principi fondamentali della servitù, ovvero la circostanza dell'appartenenza del fondo a due proprietari diversi (il cosiddetto principio "nemini res sua servit").
Tuttavia, la costituzione della servitù sulle parti comuni dell'edificio richiede, ai sensi dell'art. 1108 comma 3 Cod. Civ, applicabile al condominio in virtù del richiamo di cui all'art. 1139 Cod. Civ., il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio i quali sono titolari della facoltà di disporre del diritto di godimento del bene comune.
Così si è espresso chiaramente il Tribunale Milano, nella sentenza del 26.01.2012 che ha richiamato le sentenze della Corte di Cassazione n. 3865/93 e n. 4840/89.
Quindi, per la costituzione della servitù su parti comuni del condominio occorre l'unanimità dei consensi di tutti i condomini e non solo di quelli eventualmente presenti in assemblea.
Inoltre, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23548 del 9 ottobre 2017 ha precisato un punto importante.
E' vero che Il primo comma dell'art. 1102 Cod. Civ. dispone che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”, per cui è ammessa, salvo divieti contenuti nel regolamento di condominio, l'esecuzione di opere sulle parti comuni a cura e spese di un condominio per scopi di proprio esclusivo interesse e per l'esclusiva utilità della propria unità immobiliare.
La Cassazione precisa però che la disposizione disciplina i diritti del condomino rispetto alla cosa comune e non possono essere ignorati i due limiti fondamentali all'uso della stessa per scopi privati (richiamati nello stesso art 1102 Cod. Civ.) ossia il divieto di alterare la destinazione della cosa e il divieto di impedire agli altri partecipanti del condominio di farne parimenti d'uso.
Secondo la Cassazione, infatti, l'uso della cosa comune da parte di un condomino a vantaggio di un bene di sua proprietà esclusiva, estraneo al condominio, costituisce un abuso, non solo quando alteri la destinazione della cosa, ma anche quando si risolva in un'attività corrispondente all'esercizio di una servitù, poichè si risolve nell'imposizione di fatto di una limitazione di carattere reale al diritto di proprietà, limitazione che non rientra tra le facoltà del partecipante alla comunione, ma è consentita unicamente con il consenso di tutti i condomini.
La delibera sarebbe quindi radicalmente nulla, perchè secondo la Corte di Cassazione, che si è espressa sull'argomento anche a Sezioni Unite nella sentenza n. 4806/05, sono nulle (e non solo annullabili), tra le altre, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea e le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini.
Il rimedio principale in questi casi sarebbe l'impugnazione della delibera, avviando l'apposito procedimento giudiziario preceduto dal tentativo di mediazione.
Prendendo atto della posizione della giurisprudenza, si può affermare inoltre anche che l’amministratore sia tenuto, a norma dell’articolo 1130 n. 4 Cod Civ, a compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni, agendo anche in giudizio per il ripristino dello stato preesistente.
Dovrebbe quindi essere lo stesso amministratore che si attiva a tutela del condominio.
Potrebbe quindi valere la pena fare un tentativo inviando all'amministratore una raccomandata (magari anticipata via mail o fax) o una PEC con il contenuto di seguito proposto:
"Oggetto: nullità deliberazione assembleare del 07.05.18
Gentile Amministratore, con la presente Le comunico che dall'esame dell’ultimo verbale assembleare non risulta essersi costituita la maggioranza necessaria a deliberare in merito al punto (...) dell'ordine del giorno ("Valutazione proposta del condomino Cervone per la costituzione di una servitù di passaggio di una parte del locale in cui era allocata la ex centrale termica condominiale").
In quella sede non erano infatti presenti tutti i condomini essendo io stesso e i Sig.ri ..... assenti.
Sono pertanto intenzionato a chiedere giudizialmente la pronuncia di nullità della deliberazione assembleare così assunta se non provvederà Lei stesso ad avvertire i Condomini della nullità della stessa.
Le ricordo infatti che la decisione riguardante l'argomento sopra richiamato deve essere assunta all'unanimità dei condomini, come da Giurisprudenza costante.
Ai sensi dell'art 1130 numero 4 Cod Civ, La invito a provvedere immediatamente constestando al Sig. Cervone, nell'interesse del condominio, i lavori avviati dal medesimo.
Domanda: Il condomino (A) che sa di non poter partecipare all'assemblea condominiale ordinaria invia all'amministratore regolare delega a favore del signor (B - non condomino) che partecipa all'assemblea già delegato anche da un altro condomino (C). Alla riunione l'amministratore porta a conoscenza il delegato (B) del ricevimento della delega a suo favore, quest'ultimo però non intende accettare il mandato. Il delegato può rifiutare la delega del condomino A (premetto che non era stato informato dal delegante)?Il Presidente verificata la regolarità delle deleghe pervenute deve comunque prendere in considerazione la delega anche se rifiutata dal delegato?Il condomino A risulta assente o presente per delega?
Risposta del dott. Antonio Romano (Presidente Comitato Tecnico Scientifico SESAMO Nazionale)
Domanda: Nel mio condominio desideriamo cambiare amministratore ed abbiamo inviato a lui una raccomandata con ricevuta di ritorno (già ricevuta 1 mese fa e controfirmata) indicando di svolgere l'assemblea entro e non oltre il 30/03/18 mettendo all'ordine del giorno la "Nomina/Revoca dell'amministratore" . Questa raccomandata è stata firmata da 9 persone su 12 ed il bilancio del condominio è stato chiuso il 28/02/18. La data di scadenza è vicina e l'amministratore non si è interessato al momento e non ha eseguito alcuna convocazione; mi confermate che dal giorno 10 Aprile decade in automatico e possiamo autoconvocare l'assemblea noi condominii? (come indicato sull' art.66 de C/C).
RIsposta del dott. Antonio Romano (Presidente Comitato Tecnico Scientifico SESAMO Nazionale)
Domanda: I parafulmini sono obbligatori? Mi spiego, ogni condominio dovrebbe avere un parafulmine o in tot metri ce ne deve essere uno, oppure non sono obbligatori?
RIsposta del dott. Antonio Romano (Presidente Comitato Tecnico Scientifico SESAMO Nazionale)
"L'obbligo di installare dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche esiste certamente quando nell'edificio si svolgono attività soggette alle norme di protezione per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 84 del D. Lgs. 81/2008: il datore di lavoro ha infatti l'obbligo di provvedere affinché gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini realizzati secondo le norme tecniche.
Negli altri casi, si fa riferimento al DM 37/2008. L'art 5 comma 2 lettera d) di tale Decreto precisa che gli impianti elettrici ed elettronici nonchè gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche (i parafulmini appunto) sono soggetti a progettazione obbligatoria, da parte di professionista iscritto agli Albi professionali, quando sono installati in edifici di volume superiore a 200 metri cubi.
Come precisa il successivo comma 3 del medesimo articolo, i progetti degli impianti sono elaborati secondo la "regola dell'arte". "I progetti elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle norme dell'UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo spazio economico europeo, si considerano redatti secondo la regola dell'arte".
Le norme tecniche CEI EN 62305-1/4 (CEI 81-10/1 - 4) "Protezione contro i fulmini" precisano i criteri di valutazione del rischio, da prendere in considerazione:
a) l'identificazione dell'oggetto da proteggere e le caratteristiche;
b) l'individuazione di tipi di perdita ed i corrispondenti rischi (nel caso di edifici pregevoli trattasi di rischio materiale ovvero di patrimonio insostituibile);
c) la valutazione della necessità di protezione confrontando il rischio derivante con quello tollerabile;
d) la valutazione della convenienza economica della protezione confrontando il costo della perdita con o senza protezione.
Se il rischio derivante è minore del rischio tollerabile (valutato secondo i criteri delle norme tecniche di cui sopra), la protezione contro i fulmini può non essere necessaria e la struttura è definita "autoprotetta". Al contrario, se il rischio derivante è maggiore del rischio tollerabile, la protezione contro i fulmini è necessaria.
In ambito condominiale, le relative spese di installazione di tali impianti vengono deliberate dall'assemblea a maggioranza e ripartite tra i condomini su base millesimale."
Domanda
A seguito di un'assemblea condominiale tenutasi ieri sera, ho necessità di un autorevole parere scritto a fronte di quanto sotto riportato:
Nell'ordine del giorno della suddetta assemblea, vi era il punto "nomina amministratore"; i millesimi presenti in assemblea erano 367,941, per cui non era possibile deliberare sul punto stesso. Un condomino presente ha dichiarato che di fatto il condominio non era provvisto di amministratore, in quanto l'incarico dura due anni e l'ultima conferma risaliva al 29/01/2016, e che pertanto avrei dovuto portare i libri in tribunale per la nomina di un amministratore giudiziario.
Il Presidente dell'assemblea, in accordo con i presenti, al punto suddetto ha fatto riportare sul verbale:
"Viene confermato, salvo verifica, XXXXX quale amministratore del condominio. L'esito della richiesta dell'amministratore al Centro Studi Sesamo verrà trasmessa ai condomini in allegato alla copia del presente verbale".
Vi chiedo, pertanto, di confermarmi o meno se il sottoscritto può ritenersi,come credo,ancora amministratore del condominio, o se il condomino che ha dichiarato la decadenza del sottoscritto ha ragione nel ritenere che debbano essere consegnati in Tribunale i registri per la nomina di un amministratore giudiziario.
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Quale compenso spetta all'amministratore revocato?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Un condominio ha necessità di sostituire l'attuale impianto autoclave, con un sistema ad inverter, più innovativo ed anche più costoso. La spesa è stata deliberata con un quorum di 940 millesimi. Il regolamento di condominio non ha una tabella specifica per le spese autoclave, pertanto a mio avviso deve essere utilizzata la tabella relativa alla proprietà, mentre un condomino ribadisce che la spesa deve ripartita in parti uguali, in quanto l'impianto serve a tutti gli appartamenti in maniera identica. Nel corso dell'assemblea non sono state specificate le modalità di ripartizione. Qual è il giusto criterio da adottare?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Come procedere all'installazione di un elevatore in un edificio condominiale che ne è sprovvisto? E come ripartire le spese tra coloro che lo vogliono installare?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Sono proprietaria di un appartamento in una casa di tre abitazioni compresa la mia. Le altre due sono di proprietà di una famiglia: un appartamento è abitato dalla madre l'altro era abitato dalla figlia che da 5 anni vive altrove. Le spese condominiali vanno comunque addebitate anche alla figlia che si è sempre uniteralmente esentata dalla sua quota? Il contatore è intestato a me e quindi sono io a pagare anche per lei.
Risposta di Antonio Romano
Le spese condominiali, ossia le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per le prestazioni dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sempre sostenute dai condomini proprietari in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno e sono quindi sempre a carico di tutti, a meno che nei rogiti o in allegato ai medesimi non vi siano diversi accordi.
La circostanza che uno dei proprietari non abbia contribuito finora, se non vi sono accordi formali, non cambia nulla nei rapporti tra i proprietari, nè è rilevante che uno dei proprietari non viva nel condominio.
Se la figlia è proprietaria, è quindi certamente tenuta a partecipare alle spese.
Se la proprietà delle altre due unità immobiliari è invece comune a madre e figlia, i due comproprietari sono obbligati in solido verso il condominio.
Domanda
Sono proprietaria di un appartamento in un condominio di n.6 appartamenti in provincia di Reggio Emilia, la questione sulla quale chiedo il vostro consiglio è la seguente: uno dei proprietari ha l'abitudine di andare sul tetto legandosi ad una semplice corda che annoda alla balaustra delle scale condominiali. Il tetto non è provvisto di linea vita e il soggetto in questione è un pensionato. Quale responsabilità hanno gli altri proprietari nel caso in cui questo individuo si facesse male durante una delle sue escursioni sul tetto (o peggio ancora cadesse)? La legge prevede la possibilità di esentare gli altri proprietari da ogni responsabilità? potremmo farci firmare dal soggetto una dichiarazione in cui è consapevole dei suoi rischi e ci solleva da responsabilità civili/penali ecc?
Risposta di Antonio Romano
La situazione che ci ha descritto è effettivamente piuttosto problematica.
Da un lato, infatti, il condomino "coraggioso" esegue opere su una porzione immobiliare che è anche sua proprio in quanto condomino, magari senza alcuna autorizzazione nè esplicita nè implicita da parte degli altri condomini che potrebbero anche non essere al corrente della situazione.
In questo caso, difficilmente la posizione del condominio può essere ricondotta a quella del "committente" di un contratto d'opera o di appalto con gli obblighi relativi in tema di sicurezza sul lavoro e nei cantieri (art 90 D Lgs 81/08) e con le responsabilità di cui all'art 2055 Cod Civ. nel caso di danno a terzi.
Basta poco però, perchè i condomini siano ritenuti tutti responsabili sia con riferimento alla normativa alla sicurezza sul lavoro, che nel caso di danno ad altri condomini o a estranei.
Non occorre infatti la stipula di un contratto scritto di opera o appalto per essere ritenuti committenti, nè occorre un formale affidamento di incarico per rivestire la qualifica di responsabile dei lavori.
Non sono infatti mancati casi in cui la Magistratura ha ritenuto del tutto irrilevante che il soggetto che si è assunto l'incarico di "tenere d'occhio" lo svolgimento dei lavori non fosse il formale direttore dei lavori, affermando che "la responsabilità per l'omessa adozione delle cautele antinfortunistiche incombe su chi dirige in concreto i lavori, indipendentemente da ogni posizione o qualifica formale", e perciò "egli era tenuto a vigilare sul rispetto delle norme antinfortunistiche, che sono state però del tutto violate...". (Cassazione Penale n. 35021/09)
Del resto la modalità di esecuzione lavori “in economia”, ossia il caso in cui opere di modesta entità vengano eseguite direttamente dal committente, con proprie maestranze, dipendenti, o mediante affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori autonomi, talvolta scelta dal committente privato per l’esecuzione dei lavori edili, non lo esonera dalle responsabilità connesse all’adempimento dei propri obblighi in materia di sicurezza, come pure da responsabilità per danni a terzi, ma anche in materia di regolarità contributiva.
Non sono da trascurare nemmeno gli aspetti relativi al rapporto con la pubblica amministrazione, quando le opere richiedano l'invio anche solo della comunicazione di inizio lavori.
Occorre peraltro ricordare che una delle prime responsabilità del committente è proprio connessa alla scelta del soggetto incaricato dell'esecuzione dei lavori, che deve essere adeguato rispetto alla complessità dei lavori commissionati.
Quindi, se il condomino accede al tetto di propria iniziativa per eseguire lavori che nessuno gli ha richiesto e senza avvertire nessuno è un conto, ma se si tratta di una situazione nota di cui i condomini si avvantaggiano o peggio ancora se i condomini risultano, anche solo con un comportamento concludente, aver incaricato il condomino dell'esecuzione di opere anche apparentemente semplici (figuriamoci poi se si tratta di contesti pericolosi, come i lavori in quota), si assumono tutte le responsabilità sia di tipo amministrativo, che civile, che penale.
In questo caso una dichiarazione liberatoria del condomino in questione non sarà sufficiente.
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Ulteriore Domanda
In questo caso nessuno dei proprietari ha mai chiesto al condomino di eseguire alcun lavoro...le escursioni sul tetto vengono effettuate sempre senza avvisare nessuno o concordare nulla.
Sono consulente in sicurezza sul lavoro e conosco molto bene le responsabilità in caso di appalti o situazioni similari, ma non è questo il nostro caso.
A questo punto, da quanto mi dice, la dichiarazione firmata dal condomino potrebbe essere una ulteriore forma di tutela per gli altri proprietari, giusto?
Risposta di Antonio Romano
La dichiarazione firmata dal condomino a mio avviso non cambia l'assetto delle responsabilità, anzi per certi versi potrebbe anche rendere la situazione più problematica per il condominio che a quel punto sarebbe piuttosto difficile definire estraneo alla vicenda, in quanto la ricezione della dichiarazione predisposta dal condomino "coraggioso" legittima il ritenere che il condominio si sia effettivamente comportato come committente di fatto.
Probabilmente, sarebbe opportuno che, al contrario, il condominio diffidasse il condomino "coraggioso" dall'eseguire lavorazioni sulle parti comuni, avvertendolo che, violando la diffida, lo stesso condomino si verrebbe ad assumere tutte le responsabilità connesse e che comunque, ai sensi dell'art. 1134 Cod Civ, non verrebbe rimborsato delle spese sostenute.
Domanda del 01/03/2017
Cortesemente -se posso- avrei bisogno di un Vostro parere autorevole in materia di regolamento condominiale. Questi i fatti: Mia madre è proprietaria di un appartamento (costruito nel 1992) con un terrazzo (ad uso esclusivo) che funge da copertura dell’edificio condominiale. Tale lastrico (mai rifatto) presenta la pavimentazione completamente sollevata con diverse piastrelle rotte (per vetustà). A causa di queste condizioni ogni qualvolta ci sono forti temporali il soffitto del nostro salone (sottostante il suddetto lastrico) viene infiltrato dall’acqua piovana. Ho segnalato il fatto -tramite raccomandata A/R (rimasta ignorata)- all’Amministratore di condominio, al fine di eseguire i lavori di riparazione e/o ricostruzione del lastrico solare secondo il Codice Civile art. 1126. L’Amministratore sostiene -verbalmente- che, trattandosi di problemi causati dalla mancata manutenzione ordinaria da parte nostra e concernenti la sola pavimentazione del terrazzo, le spese di rifacimento dello stesso siano interamente a carico nostro. E’ corretto quanto sostiene l’Amministratore?. A me risulta che, sia i lavori di manutenzione ordinaria, sia i lavori di manutenzione straordinaria dei lastrici solari ad uso privato, siano sempre da ripartire secondo l’art. 1126 del Codice Civile (ovvero due terzi per i condomini ed un terzo per il proprietario del lastrico), tranne nel caso in cui il danno provocato non sia imputabile soltanto al proprietario del terrazzo (per es. per grave incuria, o nel porre ostacoli all’Amministratore nel svolgere i controlli necessari del lastrico solare, in quanto custode delle parti comuni dell’intero edificio). Faccio presente che di comunicazioni scritte ne abbiamo già prodotte diverse (in totale cinque) tutte rimaste inevase. L’Amministratore non è “obbligato” a rispondere per iscritto come custode del Condominio e in quanto tale tenuto a provvedere alla conservazione delle parti comuni dell’edificio ?. Infine, potete fornirmi ulteriori riferimenti normativi in materia di lastrico solare, oppure sentenze -passate in giudicato- da poter menzionare all’Amministratore ?
Risposta di Antonio Romano del 03/03/2017
In linea di massima, il lastrico solare - contenuto nell'elenco delle parti comuni di cui all'art 1117 Cod Civ - è assoggettato al regime giuridico del tetto e la ripartizione delle spese di manutenzione segue il criterio dell'art 1123 Cod Civ (tabella millesimale di proprietà senza correttivi).
L'art 1126 Cod Civ disciplina il caso particolare in cui il lastrico solare sia "di uso esclusivo": la natura giuridica del diritto d'uso è irrilevante, ma quello che conta ai fini dell'applicabilità dello speciale criterio di ripartizione della spesa di conservazione del lastrico solare di cui all'art. 1126 Cod Civ (1/3 a carico di chi ne ha l'uso esclusivo, 2/3 a carico dei condomini che ne sono coperti) è che uno o più condomini lo possano utilizzare ad esclusione degli altri. Questa è proprio la Vostra situazione.
La questione della responsabilità per i danni causati dalla copertura è stata per lungo tempo oggetto di dibattito.
La soluzione è venuta proprio pochi mesi fa dalla sentenza della Corte di Cassazione pronunciata a Sezioni Unite il 10 maggio 2016 n. 9449.
Secondo tale sentenza, in assenza di prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una parte di questo, e tenuto conto che l'esecuzione di opere di riparazione o di ricostruzione - necessarie al fine di evitare il deterioramento del lastrico o della terrazza a livello e il conseguente danno da infiltrazioni - richiede la necessaria collaborazione del primo e del condominio, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dall'art 1126 Cod Civ costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all'uso e alla custodia della cosa, valevole anche ai fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune che, nella sua parte superficiale, sia in uso esclusivo ovvero sia di proprietà esclusiva, è comunque destinata a svolgere una funzione anche nell'interesse dell'intero edificio o della parte di questo ad essa sottostante.
La Corte ha fissato quindi il seguente principio di diritto: "in tema di condominio negli edifici, allorquando l'uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l'usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell'art. 2051 Cod Civ, sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell'intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare (o della terrazza a livello), ancorchè di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all'amministratore l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130 Cod Civ, comma 1, n. 4) e all'assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135 Cod Civ, comma 1, n. 4). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all'uno o all'altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall'art. 1126 Cod Civ, il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell'usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio".
Quindi:
- Il titolare del diritto di uso esclusivo è effettivamente responsabile dei danni causati dalla copertura, secondo quanto prevede l'art 2051 Cod Civ;
- tuttavia non solo tale soggetto risponde dei danni dovuti alle infiltrazioni, perchè la Corte ha dichiarato la responsabilità concorrente del condomìnio in base alla norma di cui all’art 1130 Cod Civ nell’ipotesi in cui l’amministratore ometta di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni su di lui gravanti ai sensi dell’art. 1130 primo comma n. 4 Cod. Civ., ovvero nel caso in cui l’assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 1135 primo comma n. 4 Cod. Civ.;
- il parametro di divisione delle spese di risanamento della copertura, come pure quello relativo alla ripartizione degli oneri dovuti al risarcimento del danno subito dai proprietari degli appartamenti sottostanti a causa delle infiltrazioni resta sempre di cui all’art. 1126 Cod Civ. (1/3, 2/3).
In effetti il Codice Civile distingue tra innovazioni, innovazioni che modificano la destinazione d'uso, manutenzioni ordinarie, manutenzioni straordinarie e manutenzioni straordinarie di notevole entità.
Il Codice Civile distingue questi concetti in vario modo, per quorum deliberativo, per competenza, per procedimento di approvazione, ma effettivamente non li qualifica.
Questa mancanza, che non è stata colmata dalla riforma del condominio, che, anzi, se possibile l'ha aggravata, crea molti problemi nella vita condominiale.
Ecco una piccola guida per orientarsi:
1 - le "innovazioni" mutano la destinazione del bene o la funzionalità del servizio comune;
2 - le "manutenzioni" (definibili come “complesso delle revisioni e delle operazioni di ispezione e di messa a punto o di ripristino”) possono anche modificarlo, ma comunque lo conservano alla sua finalità, sia che lo mantengano solo in efficienza così come è, sia che lo migliorino o lo rinnovino.
Tutti gli interventi che Lei ha descritto (derattizzazione, verniciatura di cancelli o altra ferramenta, verniciatura delle panchine) sono quindi certamente interventi di manutenzione e non sono innovazioni.
Per quanto riguarda la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria, possiamo basarci sul DPR 380/01 (Testo unico dell’edilizia) secondo il quale sono "manutenzione ordinaria" "gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti", mentre sono "straordinarie" "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” (art. 3 primo comma).
In ambito condominiale, in primo luogo devono considerarsi straordinari tutti quegli interventi che anche in relazione alla spesa da sostenersi non sono considerabili preventivabili, ne tanto meno erano stati preventivati all’inizio dell’anno di gestione, mentre sono interventi straordinari quelli che, esulando dall’ordinaria amministrazione, servono a conservare l’immobile condominiale in buono stato.
Così infatti Cassazione Civile, sentenza del 23.12.2011 n. 28679, per cui "Per ordinaria manutenzione si intendono gli interventi che si ripetono normalmente e che è necessario effettuare periodicamente ai fini della conservazione e del buon andamento del bene. Per straordinaria manutenzione si intendono quegli interventi aventi carattere di eccezionalità resi necessari a seguito di eventi imprevisti quali quelli determinati da caso fortuito e forza maggiore."
Ancora Cassazione Civile, sentenza del 10.12.13 n. 27540, qualifica la manutenzione ordinaria come "quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilità", manutenzione straordinaria come "quelle riparazioni non prevedibili e di costo non modico" ovvero anche quelle "di una certa urgenza e di una certa entità necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrità ed efficienza".
Malgrado lo sforzo della Corte è chiaro che esistono molte "zone grigie": verosimilmente gli interventi da Lei descritti sono da ritenersi "manutenzione straordinaria".
Indubbiamente quindi vanno sottoposti alla competenza dell'assemblea per la decisione: consideri però che la maggioranza non cambia, perchè verosimilmente non si tratta di manutenzioni straordinarie di "notevole entità", per cui il quorum deliberativo resta (in seconda convocazione) il voto favorevole della maggioranza dei presenti che rappresentino almeno 1/3 dei millesimi (333/1000).
La questione della compatibilità tra l'attività di amministratore di condominio e quella di agente immobiliare è da tempo oggetto di dibattito.
In molti casi, del resto, l'interesse per la gestione di condomini deriva dalla contiguità dell'attività svolta in altri settori, che in vario modo ruotano intorno al patrimonio immobiliare, con la specifica attività di amministratore condominiale.
E’ il caso di molte professioni tecniche, basti pensare ai numerosi architetti o geometri che si occupano della gestione di condomini.
I casi di contiguità tra altre professioni e l'attività di amministratore condominiale riguarda del resto anche altri ambiti, come accade ad esempio per avvocati, giuristi, ragionieri.
Si può senza dubbio affermare che sia un bene tale situazione, perchè l'attività di amministratore di condominio è un'attività multiforme e complessa e non è certo un problema se accade che taluno affronti tale attività con il bagaglio di competenze che la propria esperienza in altri ambiti gli abbia consentito di maturare.
Va da sè che la legge (art 71 bis Disp Att Cod Civ nel testo modificato dalla Riforma del condominio) è chiara al riguardo: qualsiasi sia la qualifica dell'aspirante amministratore, questi deve comunque seguire un corso di formazione iniziale specifico. Si tratta di una norma opportuna, perchè l'attività di amministratore di condominio ha proprie particolarità e riguarda una varietà di ambiti che non sono oggetto dei programmi di studio di altri percorsi formativi.
Esiste però talvolta un problema di compatibilità con lo svolgimento di altre professioni: in alcuni casi può essere che ci si trovi a dover scegliere tra l'attività di amministratore condominiale ed altre attività professionali.
Il caso più controverso è se l'attività di amministratore di condominio sia compatibile con quella di agente immobiliare.
Si può dire che di per sè l’attività di amministratore non sia incompatibile con quella di agente immobiliare.
L’incompatibilità non nasce, infatti, dalla tipologia dell’attività, ma dalla forma giuridica con cui essa viene svolta e dalla sua prevalenza rispetto all'attività principale.
Il problema deriva dal testo della legge n. 39/1989, modificata dalla legge n. 57/2001. All'articolo 5, comma 3 si stabilisce che: "l'esercizio dell'attività di mediazione è incompatibile: a) con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b) con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate".
Il Ministero dello Sviluppo Economico si è pronunciato più volte sulla questione: con la nota n. 2447 del 12 gennaio 2015, il Ministero ha interpretato la normativa nel senso più favorevole, per cui il mediatore immobiliare può svolgere l’attività di amministratore condominiale, anche in maniera abituale, purché non si tratti di vera e propria attività d’impresa.
In un primo tempo (Circolare n. 554611 del 2003) il Ministero aveva stabilito che: “… non rientrando l’attività di amministratore di condominio fra quelle descritte al comma 3 dell’art. 5 della Legge n. 39/1989, come modificato dall'art. 18 della Legge 57/2001, non sembra sussistere incompatibilità con l’attività di mediazione”. Successivamente, lo stesso Ministero aveva assunto invece una posizione più restrittiva: nella nota n. 0154593 del 24 settembre 2013, il MiSE aveva ritenuto di precisare l’incompatibilità tra la professione di mediatore immobiliare e quella di amministratore di condominio, salvo che quest’ultima non fosse svolta "saltuariamente o a titolo di passatempo". Era al contrario da ritenersi vietata al mediatore immobiliare ogni altra attività, quindi anche quella quella di amministratore di condominio, esercitata con "un’organizzazione anche minima di mezzi, al fine di trarne un utile, svolta con criteri di professionalità".
Nella nota del 2015, invece, il MiSE precisa che "... si fa presente che, ai sensi della normativa sopra richiamata, la sola attività il cui svolgimento è ad oggi consentito in modo congiunto a quella di agente di affari in mediazione è quella di amministrazione di condominio, ove non svolta in forma assolutamente ed inequivocabilmente di impresa (cioè quando non comporti un ineludibile obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese)."
L'attività di amministratore di condominio non deve del resto essere svolta necessariamente in forma di impresa, come precisa lo stesso MiSE nella nota del 2013 in cui legge l'art 2188 Cod Civ e l'art 9 del DPR 581/95 per cui "Sono obbligati alla denuncia al REA: a) gli esercenti tutte le attività economiche e professionali la cui denuncia alla camera di commercio sia prevista dalle norme vigenti ..." confrontandoli con il nuovo testo dell'art 71 bis Disp Att Cod Civ in cui non si rinviene alcun riferimento al Registro delle Imprese o al REA.
In conclusione, si può affermare che l'agente immobiliare (persona fisica) possa svolgere anche l'attività di amministratore di condominio, purchè, per tale attività, non sia tenuto a iscriversi al Registro delle Imprese.
Quindi, una società, essendo tenuta all'iscrizione al Registro delle Imprese, non potrà esercitare le due attività contemporaneamente.
Invece, l'agente immobiliare potrà anche essere amministratore di condominio, ricevendo il mandato in proprio.
L'aggiornamento professionale degli amministratori di condominio è oggi una realtà consolidata.
Anche la nostra e vostra Associazione quest'anno farà, come già negli anni scorsi, la sua parte nel fornire ai propri soci questo importante strumento, mettendo gratuitamente a disposizione dei propri iscritti un corso di aggiornamento accessibile on line da ufficio o da casa elaborato dal nostro Comitato Tecnico Scientifico nel rispetto delle regole ministeriali.
In effetti, sia la Legge 4/2013 che l'art. 71 bis Disp Att Cod Civ dispongono che per svolgere l'attività di amministratore di condominio sia obbligatorio seguire, con periodicità annuale, corsi di aggiornamento in materia di amministrazione condominiale: lo scopo di queste disposizioni è quello di garantire elevati standard di prestazione professionale.
Nessuna norma però dispone specificamente nell'ipotesi in cui per qualche motivo l'amministratore non si sia aggiornato costantemente: alcuni professionisti che nel primo periodo di applicazione delle nuove regole hanno avuto difficoltà ad adempiere all'obbligo di aggiornamento si sono posti questo problema, spesso su sollecitazione dei propri amministrati.
Per le associazioni iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, tra cui Sesamo, questa situazione rende evidente il ruolo che le Associazioni medesime svolgono a tutela del pubblico, nello spirito e nella lettera della L 4/2013 sulle professioni non organizzate in ordini.
Occorre distinguere tra l'ipotesi dell'amministratore che non ha inteso l'importanza dell'obbligo di aggiornamento professionale, mancanza censurabile peraltro anche dall'organo disciplinare dell'Associazione, da altre situazioni.
Il comportamento del professionista che ha partecipato ai corsi di formazione periodica in modo sistematicamente non costante negli anni, potrebbe ed anzi dovrebbe essere valutato diversamente rispetto alla condotta di chi avesse saltato una sola annualità per validi motivi.
A livello normativo, in assenza di specifici riferimenti, riteniamo che la questione sia da considerare basandosi sull'articolo 1129 Cod Civ.
In effetti, l’elencazione contenuta nel comma 12 di tale articolo relativa ai casi di “gravi irregolarità” è meramente esemplificativa e il concetto di “grave irregolarità” potrebbe anche essere riferito alla violazione dell'obbligo di aggiornamento continuo.
Proprio l'ampiezza di tale concetto consente al Giudice, in sede di decisione sul ricorso per la revoca giudiziale dell'amministratore, di attribuire “il giusto peso” a condotte differenti.
In questo caso, si impone infatti una valutazione caso per caso: facendo riferimento alla condotta complessiva dell’interessato, va ritenuto revocabile il mandato di chi abbia svolto l’attività di formazione periodica in modo tale da non garantire il possesso della necessaria preparazione, obiettivo dell’aggiornamento annuale obbligatorio.
E' facile peraltro che la situazione si verifichi in particolare con riferimento al 2014.
In effetti, il 2014 è stato un anno particolare: l’obbligo di aggiornamento professionale data dall’entrata in vigore della legge di riforma del condominio (L 220/2012) e quindi dal 18 giugno 2013.
Appena qualche mese dopo, il 24 dicembre 2013 è entrato in vigore il DL 145/13 “Destinazione Italia” che ha introdotto la previsione di un apposito Decreto Ministeriale che avrebbe disposto riguardo alle caratteristiche dei corsi sia di formazione iniziale che di aggiornamento. Il DL 145/2013 è stato convertito nella L 9/2014 in vigore a sua volta dal 22 febbraio 2014. Il Ministero della Giustizia ha poi provveduto emanando il DM 140/14 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 222 del 24 settembre 2014.
Appare quindi evidente che il periodo che va dal 18 giugno 2013 al 24 settembre 2014 è stato un periodo di incertezza con cui tutti, professionisti, associazioni di categoria, enti di formazione, hanno dovuto fare i conti.
In un primo momento, infatti, l’applicazione della L 4/2013 permetteva alle associazioni di categoria di regolare liberamente l’aggiornamento professionale, ad esempio accreditando eventi formativi sul modello di quanto facevano e fanno gli ordini professionali.
Il DM 140/14 ha introdotto invece la necessità di frequentare un vero e proprio corso di aggiornamento con determinate caratteristiche e durata, la trattazione di specifici argomenti, la presenza di un corpo docente e di un responsabile scientifico, il superamento di un esame finale, rendendo quindi impossibile proseguire nell’accreditamento di eventi formativi.
Sono queste ragioni oggettive, fondate e che non hanno connessione con la sfera soggettiva del professionista, al cui controllo sfuggono completamente, che legittimano la circostanza per cui alcuni professionisti non hanno avuto la possibilità di documentare l’aggiornamento professionale in particolare per l’anno 2014.
Per coloro che non possono documentare l'aggiornamento professionale per le annualità successive, valgono comunque le considerazioni di cui sopra relative alla circostanza che deve essere ritenuta censurabile la mancata formazione periodica, quando tale mancanza sia tale da non garantire il possesso della necessaria preparazione.
Il professionista farà dunque attenzione a seguire regolarmente i corsi di aggiornamento professionale e a superare il relativo esame: infatti, se occasionali carenze nella frequenza dei corsi di aggiornamento, specie nel primo periodo di applicazione della nuova normativa, non possono essere ritenuti tali da legittimare ipotesi di revoca giudiziale o di invalidità della delibera assembleare di nomina/conferma nell'incarico, successive trascuratezze possono invece legittimare iniziative giudiziarie dei condomini nei confronti del professionista.
Vale la pena considerare che il procedimento di revoca giudiziale può essere avviato anche da un solo condomino, senza quindi necessità di confrontarsi con l'assemblea e che "bersaglio" del provvedimento giudiziario di revoca può anche essere un professionista espressamente confermato nel mandato dall'assemblea anche a larghissima maggioranza.
Attenzione anche alla circostanza per cui non è possibile "sanare" la mancata frequenza del corso di aggiornamento a posteriori: se è vero che non c'è una sorta di organo di polizia amministrativa che possa sanzionare il professionista, è anche vero però che si resta esposti alle iniziative dei condomini più attenti ed esigenti: oggi, considerando che la normativa è ormai consolidata, non vale la pena esporsi a rischi professionali.
La vostra Associazione è al lavoro per voi.
Domanda
1 a DOMANDA: la PROPOSTA DI MEDIAZIONE di cui al quinto comma dell’art.71 quater disp. att. c.c. e la PROPOSTA DI CONCILIAZIONE di cui al primo e secondo comma dell’art.11 D.Lgs. 28/10 sono da considerarsi il medesimo atto oppure rappresentano due documenti diversi, l’una inserita nella DOMANDA DI MEDIAZIONE, presentata dal ricorrente, e l’altra quale frutto della proposta conciliativa del Mediatore?
- l’ultimo comma dell’art.71 quater disp. att. c.c. richiama la PROPOSTA DI CONCILIAZIONE del Mediatore, per cui dovrebbe riferirsi ad un atto diverso rispetto alla PROPOSTA DI MEDIAZIONE del ricorrente;
- il terzo comma dell’art. 71 quater disp. att. c.c. sembra permettere all’Amministratore di partecipare al procedimento di Mediazione solamente PREVIA delibera assembleare, per cui non può agire se non dopo aver avuto l’autorizzazione;
2 a DOMANDA: questo terzo comma riguarda sia il caso in cui sia il Condominio a richiedere la Mediazione che il caso in cui il Condominio venga chiamato in mediazione?
3 a DOMANDA: il terzo comma dell’art.71 quater disp. att. c.c. deve connettersi con la regola generale di cui all’art.1131 c.c. sulla rappresentanza in giudizio dell’Amministratore che, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art.1130 c.c. o per i maggiori poteri conferitigli dal Regolamento di Condominio o dall’Assemblea, PUO’ AGIRE in giudizio sia contro i condomini che contro terzi senza obbligatoriamente darne notizia all’Assemblea, come pure se convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni, mentre se convenuto in giudizio per fatti od oggetti che esorbitino le sue attribuzioni DEVE darne notizia all’Assemblea?
4 a DOMANDA: l’art.71 quater disp. att. c.c. deve interpretarsi come eccezione alle disposizioni di cui all’art.1130 c.c. sulla rappresentanza in giudizio dell’Amministratore, obbligandolo in tutti i casi e per tutte le materie previste dal primo comma dell’art.71 quater disp. att. c.c. a richiedere previamente, sia che proponga la domanda di mediazione sia che sia convenuto in mediazione, l’autorizzazione a partecipare al procedimento di mediazione?
5 a DOMANDA: se l’art.71 quater disp. att. c.c. obbliga in tutti i casi l’Amministratore a chiedere all’Assemblea di poter partecipare o meno al procedimento di mediazione, l’Assemblea deve già conoscere la PROPOSTA DI MEDIAZIONE da avanzare nella domanda di mediazione o inserita nella domanda proposta da controparte?
6 a DOMANDA: dalla lettura del comma 5 dell’art.71 quater disp. att. c.c. sembrerebbe dedursi come l’Assemblea possa o meno approvare una proposta di mediazione avanzata dalla controparte, perciò può ritenersi che i commi 3, 4, e 5 dell’art.71 quater disp. att. c.c. riguardino esclusivamente il caso in cui il Condominio sia convenuto in mediazione, mentre il secondo comma riguardi sia la domanda proposta dall’Amministratore che la domanda proposta dalla controparte?
7 a DOMANDA: il 3° comma dell’art.71 quater disp. att. c.c. presuppone che l’Assemblea condominiale debba approvare la proposta di mediazione da inserire nella domanda di mediazione da presentarsi da parte dell’Amministratore od anche presuppone che esprima una delibera sulla proposta di mediazione (contenuta nella domanda di mediazione del terzo), eventualmente contrapponendo una propria proposta di mediazione?
Risposta di Antonio Romano
1 - A mio avviso, la proposta di conciliazione di cui all’art 11 del D. Lgs. 28/10 coincide con la proposta di mediazione di cui all’art 71 quater Disp Att Cod Civ.
In esito all'incontro di mediazione, se la mediazione riesce, possono darsi due situazioni:
- il mediatore propone l'accordo (come sopra)
- le parti trovano un'intesa: in questo caso può anche trattarsi, per una delle parti, di aderire alla proposta elaborata dalla propria controparte, nell'ipotesi in cui una delle parti abbia avuto una tale saggezza da fare una proposta talmente ben ponderata da essere considerata dalla controparte come adeguata senza alcuna pur simbolica modifica (sarà mai accaduto nella storia universale delle soluzioni alternative delle controversie?)
In ogni caso, però, qualsiasi sia l'origine della bozza di accordo, l'amministratore ne deve sottoporre il contenuto all'assemblea che si deve pronunciare con la maggioranza del secondo comma dell'art 1136 Cod Civ: solo in questo caso la sua accettazione vale, diversamente non ha alcun valore, perchè eccederebbe il suo mandato e quindi non rappresenterebbe la volontà dei condomini.
2 - A mio avviso, la partecipazione dell'amministratore alla mediazione è sempre condizionata alla volontà dell'assemblea, quindi anche nell'ipotesi in cui il condominio sia "convenuto", perchè il testo del comma 3 dell'art 71 quater Disp Att Cod Civ è talmente chiaro da non prestarsi ad interpretazioni diverse: l'assemblea deve/può quindi scegliere se partecipare alla mediazione (tramite l'amministratore) o assumersi il rischio di cui all'art 8 comma 4 bis del D Lgs 28/10.
3 - Valgono le stesse considerazioni di cui sopra anche dal lato "attivo": coordinare l'art 71 quater Disp Att Cod Civ con l'art 1131 Cod Civ è problematico, ma del resto è problematico il rapporto amministratore/assemblea anche nell'ambito dei procedimenti giudiziari: vogliamo parlare del rapporto tra Cass SU 18331/2010 e Cass 17577/11?
A mio avviso, il testo dell'art 71 quater Disp Att Cod Civ, come sopra accennavo, temo non lasci spazio a diverse interpretazioni: di fatto se la mediazione è condizione di procedibilità per una successiva ed eventuale azione legale (non quindi ad es per il procedimento monitorio o nei procedimenti di urgenza), l'amministratore, quando anche nei limiti delle sue attribuzioni, deve essere autorizzato ad avviare la mediazione dall'assemblea, perdendo quindi di fatto l'autonomia di cui alla sentenza Cass 17577/11, ma nel rispetto del principio di diritto di cui Cass SU 18331/10 ("L'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione").
4 - vedi risposta 3
5 - A mio avviso, l'assemblea autorizza validamente l'amministratore alla partecipazione alla mediazione anche senza dare indicazioni sull'eventuale proposta di mediazione ritenuta accettabile. Tuttavia, secondo alcuni, se l'assemblea nell'autorizzare l'amministratore alla partecipazione alla mediazione volesse precisare dettagliatamente quali contenuti sono desiderabili e la proposta di mediazione ne riflettesse esattamente le indicazioni, la seconda delibera di approvazione non sarebbe necessaria. Personalmente, però, questa posizione mi lascia perplesso e non penso sia condivisibile.
6 - Tutto l'art 71 quater Disp Att Cod Civ riguarda, a mio avviso, sia il lato attivo che quello passivo, non solo il comma 2.
7 - A mio avviso, l'assemblea deve autorizzare l'amministratore a partecipare alla mediazione: non si esprime sul contenuto della domanda di mediazione o almeno la legge non impone tale determinazione. Penso però che se l'assemblea provvede in tal senso, l'amministratore dovrebbe seguirne le indicazioni. Secondo me, però, non è opportuno tale intendimento, perchè verrebbe completamente svilito il ruolo del mediatore, il quale, in vero, non ha una funzione "notarile", bensì quella di trovare la soluzione accettabile per le parti a cui le parti stesse evidentemente non hanno pensato, altrimenti la lite non sarebbe sorta: vedi il famoso "aneddoto dell'arancia" della “Scuola di Negoziazione” di Harvard.
Abbattere gli alberi ad alto fusto di un giardino privato inserito in un condominio può essere un problema.
Occorre innanzitutto verificare che non sia necessario lo svolgimento di alcune pratiche amministrative: molti Comuni, infatti, regolano la gestione del verde privato.
Fatta questa verifica, se il giardino è inserito in un contesto condominiale, occorre poi occuparsi del rapporto con il condominio: il condominio potrebbe infatti contestare che l'abbattimento degli alberi, sebbene inseriti in un giardino privato di proprietà di un singolo condomino, possa condurre ad una menomazione del valore dell'immobile; potrebbe quindi contestare al condomino che l'abbattimento delle piante costituisca una innovazione vietata.
Nel caso di Suo interesse, si tratta in vero di abbattere una sola pianta, ma comunque è importante che si possa documentare con una perizia tecnica di un agronomo o di un giardiniere esperto la necessità di procedere all'abbattimento, necessità che effettivamente nel Suo caso è proprio motivata da questioni agronomiche (l'albero in questione è secco e potrebbe diventare pericoloso).
Per quanto riguarda la ripartizione delle spese di manutenzione del verde privato di ciascun condomino, può darsi che la determinazione di ripartire tali spese su tutti i condomini, come è stato finora, derivi dal regolamento contrattuale di condominio: in questo caso, anche la spesa per l'abbattimento della Sua pianta dovrebbe essere ripartita tra tutti i condomini; la presenza di un'apposita clausola nel Vostro regolamento chiude, infatti, la possibilità di contestazioni.
Diversamente, si può comunque considerare la rilevanza del verde privato del singolo condomino per il decoro di tutto l'edificio: la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che gli alberi ad alto fusto concorrono a costituire in modo indissolubile il decoro architettonico dell'edificio, traendone anche la conseguenza che la loro eliminazione comporta un inevitabile deprezzamento economico anche delle unità abitative dei singoli condomini (Cass. Civ. sentenza n. 3666 del 18.04.1994).
La giurisprudenza della Cassazione ha avuto modo di fissare il principio della rilevanza di una parte privata per il decoro architettonico anche in altri contesti: ad esempio, con riferimento ai balconi in aggetto, pur affermandone la proprietà privata del condomino il cui appartamento vi accede, ha precisato che le spese per la conservazione del rivestimento e degli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta debbano essere ripartite tra tutti i condomini in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio (Cass. Civ. sentenza n. 176/86 e Cass. Civ. sentenza n. 12792/92).
Nella più recente sentenza n. 1784/2007, la Cassazione ha stabilito che la spesa dei frontalini dei balconi può essere ripartita fra tutti i condomini quando viete provata la loro funzione decorativa-ornamentale dell'immobile, secondo una valutazione riservata al giudice.
Quindi, se la presenza del verde privato "di pregio", come lo sono le piante ad alto fusto, del singolo condomino viene ritenuta rilevante per il decoro di tutto lo stabile - e la sentenza della Cassazione n. 3666/94 sopra citata si spinge a dare tale assunto quasi per inevitabile - allora anche le spese di conservazione del verde privato, almeno con riferimento alle piante ad alto fusto, dovrebbero essere ripartite tra tutti i condomini (su base millesimale).
In effetti, le informazioni che Le hanno dato sono corrette. Il Codice Civile considera la possibilità che un condomino si distacchi dal riscaldamento centralizzato: il nuovo art 1118, nuovo perchè modificato dalla Riforma del condominio, dispone che un condomino "può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini". La norma sembra quindi essere favorevole per il Suo intento. Tuttavia lo stesso articolo precisa che "in tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma". In pratica, quindi, chi si distacca sarà comunque tenuto a pagare tutte le spese di conservazione dell'impianto comune, anche se non ne avrà effettivamente alcun beneficio. Staccarsi dal riscaldamento centralizzato non è mai stato facile, del resto. Anche la nuova norma pur apparentemente favorevole, prevede che chi è interessato al distacco dal riscaldamento centralizzato riesca a provare di fatto che tale distacco fa risparmiare gli altri condomini: si tratta di una circostanza tutt'altro che scontata e che va documentata con una perizia tecnica. Anche in questo caso, comunque, vale il principio per cui il distaccato resta tenuto a contribuire a tutte le spese che riguardano l'impianto comune, tranne il consumo di combustibile e l'elettricità necesaria per il funzionamento della centrale termica.
Domanda
La legge 220/12 consente alle cooperative, nell'ambito delle società indicate al Titolo V del c.c. di svolgere attività di amministratore di condominio?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Una condòmina chiama in causa il condominio per una questione attinente alla decisione di ripartire una spesa secondo la condòmina non attinente al regolamento condominiale. Il condominio deve anticipare le spese legali. Queste spese a chi devono essere attribuite? a tutti i condòmini compresa la condòmina che ha chiamato in causa il condominio o fra tutti i condòmini esclusa la condòmina in questione?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
In qualità di Amministratore pongo alla vostra cortese attenzione un quesito sorto in fase di ultimazione dei lavori di ristrutturazione della palazzina -rifacimento della facciata, pavimentazione del porticato con eliminazione dei mattoni vetro cemento che insistono nei singoli garage sottostanti.
Nell'esecuzione dei lavori riguardante la pavimentazione , a seguito della richiesta ,fatta pervenire ai singoli proprietari dei garagi ,di rendere le chiavi degli stessi garage alle maestranze al fine di poter effettuare i lavori programmati (cioè eliminazione del vetro cemento, rifacimento della parte solaio con conseguente rifacimento del massetto, posa della guaina e pavimentazione del porticato), il proprietario del garage non proprietario di immobile, che pesa nella proprietà con 8 millesimi, tramite nota del suo avv in data 6. 9. 2015 faceva opposizione chiedendo "immediata sospensione dell'esecuzione dei lavori condominiali ai locali garage...."
Alla controparte ho notificato soltanto due verbali.
verb. n 5 del 22.8.2014 ..apertura delle buste contenente i preventivi richiesti;
verb. n 7 del 3.9.2014 Affidamento dei lavori di manutenzione ordinaria.
Lo stesso comunque non è stato mai presente alle assemblee condominiali.
Cortesemente chiedo:
Può l'avv chiedere la sospensione dell'esecuzione dei lavori oltre al garage del proprio assistito anche degl altri proprietari favorevoli tutti all'esecuzione dei lavori in argomento?
Può il singolo proprietario di 8 mml di proprietà rifiutarsi di aprire il garage e di conseguenza non permettere di realizzare i lavori programmati e deliberati da tutti condomini?
Possiamo vantare come condominio che detti lavori sono stati previsti perchè i manufatti vetro cemento cominciavano a costituire fonte di pericolo per le persone essendo uno rotto e gli altri dopo circa 40 anni mostrano segni molto evidenti di assestamento risultando non in linea con la pavimentazione?
Possiamo vantare diritti perché tale azione, sarà causa di mancato raggiungimento della sicurezza per i pedoni e poi perchè con la sua opposizione la pavimentazione sarà realizzata parzialmente con pregiudizio del decoro della palazzina?
Risposta di Antonio Romano
L’avvocato del condomino proprietario del box non può ostacolare l’esecuzione dei lavori che riguardano parti comuni e che sono stati deliberati in assemblea.
Avendo l’assemblea approvato i lavori ed essendo trascorsi i trenta giorni per l’impugnazione della delibera di approvazione, l’unico strumento che ha il condomino resistente e il suo avvocato per opporsi all'esecuzione dei lavori è l’impugnazione della delibera assembleare – avviando quindi un procedimento giudiziale – facendone valere la nullità assoluta, se può sostenere argomenti pertinenti al riguardo e chiedendo al Giudice già nell’atto di citazione, ossia nel documento che introduce il procedimento giudiziale, la sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare.
Non è peraltro facile sostenere la nullità di una delibera assembleare, perché si tratta di dimostrare che l'assemblea ha deliberato in danno del condomino interessato o eccedendo i propri poteri.
Certo però che se di fatto il condomino non consente l’accesso al proprio box, il condominio non può comunque agire di forza; l'amministratore, ad esempio, non può rompere la serratura ed accedere al box in questione.
Tuttavia il condominio, con l'assistenza di un avvocato, può avviare un procedimento d'urgenza chiedendo al Tribunale di ordinare al condomino la consegna delle chiavi. In questo caso la circostanza che la mancata esecuzione dei lavori possa creare una situazione di pericolo alle persone può essere rilevante a favore del condominio.
il condomino interessato può opporsi all'iniziativa giudiziale del condominio, ma rischia che il Tribunale nel dargli torto, avendo verificato il buon diritto del condominio all’esecuzione dei lavori e il pericolo che il ritardo si traduca in un danno per il condominio medesimo, di subire la cosiddetta “lite temeraria”. In pratica il condomino resistente rischia di trovarsi condannato al pagamento non solo delle spese legali sostenute dal condominio, ma ai sensi dell’art. 96 del Codice di Procedura Civile “… quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art. 91, il Giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata".
Il condomino proprietario del box, quindi, potrà creare problemi concreti al condominio, ma rischia di dover subire un pregiudizio economico anche molto rilevante.
Occorre osservare che, se l'intervento di manutenzione deliberato non si limita al ripristino della pavimentazione preesistente, ma, eliminando le mattonelle di vetrocemento, conduce all'eliminazione dell'unica sorgente di luce naturale dei box, la delibera assembleare potrebbe concretamente presentare profili di nullità che l'avvocato del condomino resistente potrebbe far valere in sede giudiziaria, anche se decorso il termine di trenta giorni dalla data della delibera.
La modifica della pavimentazione potrebbe infatti essere ritenuta dannosa per il condomino proprietario del box che si trova a doversi servire necessariamente di illuminazione artificiale.
Malgrado quindi la possibilità per il condominio di rivolgersi al Tribunale per ottenere un provvedimento d'urgenza per l'esecuzione della delibera in questione, sarà opportuno che il condominio medesimo consideri la possibilità che il proprietario del box faccia valere le proprie ragioni con successo in sede di impugnazione della delibera.
Domanda
Per il rilascio della dichiarazione ai fini delle detrazioni fiscali sui lavori straordinari l'amministratore nel verbale dell'assemblea ha scritto "i condomini presentando l'IMU versata per la proprietà individuale potranno beneficiare della certificazione per la detrazione fiscale...". La richiesta del pagamento dell'IMU per il rilascio di una dichiarazione che attesti quanto uno ha versato per i lavori ecc. non è del tutto infondata?
Risposta di Antonio Romano
In effetti, l'amministratore deve semplicemente rilasciare ai condomini l'attestazione delle somme detraibili elaborata sulla base della tabella millesimale in relazione ai pagamenti effettuati dall'amministratore ai fornitori: non può rifiutarsi di rilasciare tale documentazione, perché l'esecuzione degli adempimenti fiscali é una delle sue attribuzioni secondo il nuovo testo dell'art 1130 Cod Civ.
Non deve verificare il regolare pagamento delle imposte comunali da parte dei condomini.
Si consideri peraltro che non si deve inviare all'Agenzia delle Entrate copia delle ricevute di pagamento dei tributi comunali: tali documenti potrebbero essere richiesti in sede di accertamento, ma vanno esibiti solo ed unicamente se richiesti dagli Uffici competenti.
Domanda
Le spese da addebitare al condomino che ha un inquilino viene ripartito dall'amministratore fra il proprietario e questo. Il proprietario paga le quote di sua competenza e quelle dell'inquilino (poi avrà il rimborso dall'inquilino). L'amministratore, nonostante il richiamo del proprietario fatto anche l'anno scorso, continua a INVENTARE e riportare nel consuntivo importi di acconti versati dall'inquilino (mai fatti). E' corretto? Non è un falso?
Risposta di Antonio Romano
Dal punto di vista della correttezza del bilancio, quello che conta é se gli acconti indicati sono effettivamente stati versati. Il rapporto proprietario – inquilino non è rilevante per il condominio, per cui la circostanza che i versamenti non siano stati fatti dall'inquilino ma dal proprietario non appare una grave irregolarità, almeno dal punto di vista contabile.
Tuttavia, la presenza nel bilancio di scritture non vere potrebbe esporre l'amministratore al rischio di querela ai sensi dell'art. 485 Cod. Pen. "Falsità in scrittura privata", anche se il presupposto del reato é il fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, circostanze che devono essere provate dal querelante.
Domanda
In un Condominio composto da 4 edifici distinti con stradelli, fognature, illuminazione giardini ecc. comuni a tutti è corretto far approvare in una unica assemblea di tutti i condomini (dei 4 edifici) un unico consuntivo mescolando e comprendendo a) le spese generali delle opere comuni a tutti; b) quelle di ogni edificio; c) quelle ordinarie e quelle straordinarie?
Risposta di Antonio Romano
In presenza di più edifici, gli schemi giuridici di gestione di queste strutture immobiliari possono essere due: il condominio unico (anche se complesso) o il supercondominio. Della questione si è occupata la Corte di Cassazione nella sentenza del 26.07.2012 n. 13262. In sintesi, secondo la Corte, per comprendere se si è in presenza di un condominio unico o di un supercondominio occorre analizzare gli atti risalenti al momento della nascita del condominio.
Quindi per individuare la più corretta veste giuridica – organizzativa utilizzabile, occorre analizzare il regolamento di condominio oppure, in mancanza, il primo atto di vendita del primo appartamento. Se il regolamento e il primo atto di vendita nulla dicono, un sistema complesso anche di più edifici che hanno in comune il suolo su cui sono costruiti i viali di accesso, l'illuminazione dei viali ed altro è un unico condominio, che, per quanto complesso, sarà sempre amministrato da un unico amministratore e richiederà un'unica assemblea di tutti i proprietari, con un unico rendiconto. Se, invece, dagli atti risulta che ogni edificio è stato considerato come singolo condominio, si avranno tanti condomini per ogni edificio.
Nel caso di Suo interesse, se si tratta di un unico condominio, assemblea e rendiconto sarà uno solo.
Attenzione però che in caso di spese che riguardano solo una parte dei condomini, l'applicazione dell'art 1123 comma 3 Cod Civ conduce al risultato che nella pur unica assemblea siano coinvolti nel voto e d'altra parte nella ripartizione della spesa solo i condomini a cui giova la parte oggetto degli interventi di manutenzione. È il caso del "condominio parziale": si è in presenza di condominio parziale quando "le cose, i servizi e gli impianti, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio ma di una sola parte o di alcune parti di esso" (Cass. Civ. n. 7885/1994).
Il condominio parziale così identificato costituisce una entità autonoma e indipendente dalle altre entità (cioè dagli altri condomini) e di questa situazione si dovrà tenere conto sia in sede di votazione che di bilancio.
Domanda
In un condominio c'è la necessità di fare una manutenzione straordinaria in una terrazza per infiltrazioni di acqua, per normale usura dell'impermeabilizzazione. La spesa dei lavori va ripartita secondo l'art. 1126 c.c. tra il condomino che ha in uso esclusivo la superficie superiore e il condomino sottostante? Nel terrazzo in questione, c'è un aggravio di spesa dovuto alla necessità di rimuovere (e di ricollocare) delle piante e altri arredi di proprietà del condomino che ha in uso il terrazzo. Questo aggravio è a carico del solo proprietario delle cose o va ad aggiungersi alla spesa principale dei lavori e quindi ripartito? Il medesimo quesito si porrebbe, per esempio, anche nel caso di un giardino con sottostante zona rimessa per auto, nel quale il condomino che ha l'uso esclusivo del giardino ha posto particolari e costose piante e/o arredi.
Risposta di Antonio Romano
In premessa: il criterio di ripartizione delle spese di cui all'articolo 1126 Cod Civ si applica a tutte le opere che riguardano la sistemazione del manto di copertura inteso nella sua complessa struttura; non quindi solo la guaina catramata, ma anche massetto e mattonelle, perché tutti questi componenti svolgono una funzione utile alla protezione delle unità immobiliari sottostanti.
E' stato osservato che a completo carico dell'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare, sono soltanto le spese attinenti a quelle parti di esso del tutto avulse dalla funzione di copertura (ad. le spese attinenti ai parapetti, alle ringhiere ecc, collegate alla sicurezza del calpestio); mentre tutte le altre spese, siano esse di natura ordinaria o straordinaria, perché attinenti alle parti del lastrico solare svolgenti, comunque, funzione di copertura, vanno sempre suddivise fra l'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare ed i condomini proprietari degli appartamenti sottostanti il lastrico secondo la proporzione indicata nell'art. 1126 Cod Civ (Cass. 16583/12 che richiama Cass. 2726/02).
Nel caso proposto le spese per la ricollocazione di piante e arredi non hanno attinenza alla funzione di copertura. Occorre però considerare che, sempre secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, il criterio di ripartizione fra i condomini di un edificio delle spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare o della terrazza a livello che serva di copertura ai piani sottostanti, fissato dall'art. 1126 Cod Civ, riguarda non solo le spese per il rifacimento o la manutenzione della copertura, ma altresì quelle relative agli interventi che si rendono necessari in via consequenziale e strumentale, sì da doversi considerare come spese accessorie (Cass. 11449/92).
In conclusione, a mio avviso, anche le spese di ricollocazione di piante e arredi del condomino utilizzatore esclusivo del lastrico solare devono essere ripartite seguendo il criterio 1/3, 2/3 di cui all'art 1126 Cod Civ.
Domanda
Gli istituti di credito chiedono al Condominio richiedente di una linea di credito (il fido per intenderci) vogliono la la maggioranza come stabilita dal Codice Civile Art. 1136 per le innovazioni. Domanda una linea di credito va assoggettata a una innovazione? Se sì, perchè le Spese straordinarie, con la Riforma del Condominio hanno subito il calo delle maggioranze o addirittura soli di un quorum?
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Domanda
In un vecchio condominio di otto appartamenti esiste l'impianto di acquedotto con unico contatore centralizzato.
Finora le spese della bolletta dell'acqua sono state ripartite in base alla presenza dei condomini.
Un condomino desidera installare, a proprie spese, un contatore individuale.
Domande:
1) Può esercitare il distacco?
2) Deve ottenere l'approvazione dell'assemblea? con quale maggioranza?
3) Deve fornire una perizia tecnica?
4) La norma di riferimento può essere l'art. 1118 - ultimo comma - del Codice Civile?
Risposta di Antonio Romano
La possibilità di applicare alla fornitura del servizio idrico gli stessi principi giuridici e gli stessi ragionamenti spesi dalla giurisprudenza che si è evoluta nel tempo in materia di distacco dal riscaldamento centralizzato condominiale è sempre stata controversa, anche perchè, mentre numerose sono le sentenze relative al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, sono invece difficilmente reperibili sentenze che riguardino il distacco dalla fornitura di acqua erogata a partire da un contatore comune.
Il principio in base al quale il condomino che si distacchi da un impianto centralizzato e fruisca di uno proprio, autonomo, debba continuare, tra l'altro, a pagare le spese relative alla conservazione e manutenzione dell'impianto centralizzato, debba essere applicato anche con riguardo all'impianto idrico, anch'esso compreso tra le cose comuni di cui all'elencazione esposta nell'art. 1117 Cod. Civ., è stato affermato dalla Corte d'Appello di Roma Sezione 4 Civile nella sentenza del 17 giugno 2009, n. 2531.
La decisione è stata fondata sull'art. 1118, secondo comma, Cod Civ, per il quale il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione.
Il testo dell'articolo, modificato dalla riforma del condominio, non è peraltro cambiato in questo comma.
Chiarita quindi la questione della ripartizione delle spese per il mantenimento in funzione dell'impianto e ricordato che, peraltro, lo stesso principio conduce a confermare la responsabilità del condomino distaccato anche per i danni eventualmente causati da perdite dell'impianto condominiale, resta aperto il problema della ripartizione delle spese, in assenza di contatori individuali.
Indubbiamente, infatti, il distacco conduce automaticamente a minori consumi di acqua a livello generale: in questo caso, infatti, non vi sono certamente "squilibri di funzionamento" o "aggravi di spesa", ipotesi considerate impeditive al distacco con riferimento al riscaldamento secondo il nuovo testo dell'art 1118 Cod Civ (4 comma), ma se, come sempre accade, vi è l'uso dell'acqua anche a livello condominiale, ad esempio per pulizie o annaffiamento di aree verdi, diventa difficile calcolare la spesa di competenza del condomino distaccato in assenza di un contatore che contabilizzi il consumo per i servizi condominiali di cui anche il distaccato beneficia.
Anche ammesso che questi si faccia carico della spesa per l'installazione del contatore in questione, resta aperta la questione della maggioranza necessaria per modificare il criterio di ripartizione della spesa relativa ai consumi di acqua dal momento del distacco - e della correlativa installazione del contatore per le utenze comuni - in avanti.
La Cassazione si è infatti occupata del caso in cui il condominio decidesse di installare contatori di acqua individuali per tutti i condomini: in questo caso, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10895/2014, ha dichiarato che l’installazione dei contatori di ripartizione del consumo dell’acqua in ogni singola unità immobiliare può essere deliberata dall’assemblea di condominio, anche se la ripartizione del servizio è disciplinata diversamente dal regolamento contrattuale, per cui l'assemblea può deliberare l’installazione dei contatori di sottrazione in ogni appartamento, anche se il regolamento contrattuale disponga diversamente.
Più recentemente, la Cassazione si è occupata di come si debba ripartire correttamente il consumo di acqua in un condominio totalmente privo di contatori divisionali. In questo caso, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17557/2014, ha deciso che, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va effettuata (…) in base ai valori millesimali delle singole proprietà.
Non è stata però considerata, nemmeno con riferimento alla determinazione di un principio di diritto, l'ipotesi in cui un condomino intendesse distaccarsi dall'impianto comune.
Nel caso in cui un condomino volesse distaccarsi, si potrebbe quindi pensare che l'unica soluzione risolutiva potrebbe essere un accordo assunto all'unanimità per cui, nell'autorizzare il condomino interessato al distacco, si affronti anche il problema della ripartizione delle spese, disponendo l'installazione, eventualmente sempre a spese del condomino che si distacca, di un contatore per i consumi dei servizi comuni e si affronti possibilmente anche la questione della responsabilità per i danni derivanti dall'impianto di distribuzione dell'acqua e del riparto della spesa per la manutenzione ordinaria/straordinaria del medesimo, escludendo il condomino distaccato ovvero ribadendo per migliore chiarezza la sua contribuzione.
Se invece non fosse possibile raggiungere l'unanimità, il condomino potrà comunque distaccarsi, anche senza autorizzazione assembleare, applicando il principio di cui alla sentenza della Corte d'Appello di Roma citata all'inizio, nel senso di considerare l'ipotesi in questione alla stregua di un caso di applicabilità dell'art 1118 Cod Civ e ora del suo comma 4 relativo al riscaldamento.
La conseguenza sarà che il distaccato dovrà contribuire alla manutenzione dell'impianto ed al risarcimento dei danni causati dal medesimo, come se ne fosse ancora servito.
L'amministratore stimerà la sua contribuzione ai consumi per le utenze comuni. La delibera di approvazione del bilancio redatto applicando un criterio diverso da quanto previsto nel regolamento condominiale - che immaginiamo sia contrattuale - potrà essere impugnata e va considerata annullabile (non nulla perchè la delibera non conterrebbe una disposizione modificativa del regolamento contrattuale, ma semplicemente non lo applicherebbe correttamente).
Potrebbe quindi darsi che nessuno intenda far valere l'invalidità della delibera, specie considerando il breve termine di impugnazione in questi casi; potrebbe anche darsi che nessuno mai la faccia valere e si consolidi quindi nel tempo un accordo negoziale per fatti concludenti tra i condomini rivolto ad una diversa regolazione del riparto di questa spesa.
Domanda
A novembre 2012 ho acquistato un appartamento e mi sono reso conto che la gestione dello stesso è stata alquanto problematica, perché inizialmente per i pochi appartamenti venduti gestiva tutto la cooperativa costruttrice, poi è passato in gestione a una società che ha fatto dei conteggi e poi sembra essere fallita; successivamente ci hanno proposto un loro amministratore che noi non abbiamo accettato, per eleggerne uno della zona, che poi si è rilevato un vero disastro. Attualmente abbiamo un altro amministratore che sembra all'altezza del ruolo, ma ci dice che con lui non possiamo risolvere i problemi sorti nel 2012 e 2013, nel frattempo chi come me ha acquistato nel 2012 non ha mai pagato nessuna spesa condominiale (perché non sono mai state richieste) per ben 2 anni. Oggi il debito totale è arrivato a grosse cifre, per le quali in parte vogliamo pagare , e in parte vogliamo contestare, perché abbiamo avuto dei problemi (documentati) con il riscaldamento del nostro appartamento.
Risposta di Antonio Romano
In effetti, situazioni come quella da Lei descritta non sono facili da affrontare. Del resto è molto probabile che nel corso del tempo, se non sono state chieste rate a copertura delle spese condominiali, si siano accumulati debiti del condominio nei confronti di fornitori, i quali, prima o poi, potrebbero avviare azioni di recupero del proprio credito.
E' quindi necessario fare chiarezza sullo stato dei conti del condominio: l'amministratore dovrà necessariamente provvedere al riguardo e relazionare l'assemblea. Nel caso in cui incontrasse gravi difficoltà, l'amministratore potrà farsi assistere da un revisore dei conti, di cui potrà proporre la nomina all'assemblea.
Talvolta, in caso di forti debiti, può essere possibile rinegoziare il dovuto con i fornitori, al fine di ottenere uno sconto sul debito complessivo e condizioni di pagamento "sostenibili" per i condomini: i fornitori sono consapevoli che un recupero forzoso del credito può essere lungo e costoso e non negano a priori la possibilità di un negoziato.
Se poi emergessero casi di appropriazione indebita di quanto versato dai condomini da parte di precedenti amministratori, sarà possibile sporgere denuncia - querela che può sfociare in un'azione legale civile nei confronti di chi avesse in precedenza dolosamente male amministrato il condominio per il proprio tornaconto. Anche in ipotesi meno gravi, in cui la gestione non fosse stata adeguata per errori o trascuratezze, sarà possibile tentare di pretendere il risarcimento del danno dai professionisti che hanno commesso gli errori o che fossero stati trascurati. In astratto, in effetti, non si può escludere la possibilità di agire in giudizio nei confronti della società che per qualche tempo ha amministrato il condominio, sebbene il suo fallimento di fatto preclude la possibilità di avere soddisfazione economica.
Se invece le mancanze nella gestione riguardano la cooperativa edificatrice che a sua volta per un certo tempo ha assunto il mandato di gestione del condominio, sarà possibile far valere la responsabilità della medesima, nel termine di prescrizione di dieci anni.
Anche da questi punti di vista, però, il primo passo è la ricostruzione dei conti del condominio ad opera di un esperto contabile.
Lascia comunque ben sperare la circostanza che l'amministratore che il condominio ha incaricato ora sembri in grado di affrontare la situazione.
Per quanto riguarda la Sua posizione di debitore nei confronti del condominio, consideri con attenzione la richiesta di pagamento degli oneri condominiali che Le viene rivolta dall’amministratore: al condominio basta aver sottoposto il bilancio all'assemblea ed averne ottenuto l'approvazione per poter ottenere nei Suoi confronti un decreto ingiuntivo per il pagamento degli oneri condominiali.
Quanto sopra anche nel caso in cui non si siano ricevuti servizi adeguati, come sembra di intendere dalla Sua mail.
Nel caso in cui si abbiano comunque delle perplessità, in occasione dell'assemblea di bilancio, è opportuno in ogni caso dichiarare - e fare mettere a verbale - che non si approva il bilancio proposto dall'amministratore.
In questi casi però, occorre poi impugnare la delibera che dovesse comunque approvarlo entro 30 giorni dalla data in cui si è svolta l'assemblea ovvero, se non vi avesse partecipato, dalla data in cui avesse ricevuto il verbale. L'impugnazione comporta l'avvio di un vero e proprio provvedimento giudiziario, con l'assistenza di un avvocato di fiducia, preceduto dal tentativo di mediazione da svolgersi presso un ente di mediazione autorizzato.”
Domanda
A seguito della riforma del condominio, un condomino consigliere vuole vedere gli estratti conto del conto corrente bancario del condominio via mail e non cartacei. Come amministratore ho specificato che, come da art 1129 Cod Civ e sentenze, può visionare e quindi ricevere copia cartacea venendo in ufficio previa timbratura di detti documenti. Secondo lui altri amministratori lo fanno. Potete chiarirci il problema?
Risposta di Antonio Romano
In effetti, l'art 1129 comma 7 Cod Civ garantisce ai condomini (consiglieri o meno) l'accesso alla rendicontazione periodica del conto corrente condominiale "per il tramite dell'amministratore". Ai sensi di tale norma, l'interessato può ottenere dall'amministratore copia della documentazione bancaria in questione a proprie spese.
La norma quindi risolve la questione relativa al diritto dei condomini di accedere alla documentazione bancaria relativa al conto corrente condominiale in senso favorevole, sebbene chiarisca che tale diritto può essere esercitato nei confronti dell'amministratore, in un certo senso legittimando la prassi bancaria che vedeva generalmente negato al singolo condomino l'accesso ai dati bancari quando la richiesta era avanzata nei confronti dell'istituto di credito.
La norma non entra nemmeno indirettamente nella questione della modalità con cui la documentazione debba essere messa a disposizione degli interessati, per cui sarebbe da ritenere legittima qualsiasi modalità con cui l'amministratore assolva a tale incombenza.
Volendo, in effetti, ove l'assemblea si fosse pronunciata in questo senso, l'amministratore potrebbe mettere gli estratti conto a disposizione dei condomini in formato elettronico attraverso il sito internet del condominio.
A nostro avviso, sarebbe però opportuno e consigliabile che, se la documentazione in questione venisse inviata come allegato di posta elettronica – come sarebbe possibile, non essendoci divieti contenuti nella normativa condominiale o in quella specificamente relativa alla privacy - la mail riportasse in calce una dicitura del tipo: "Le informazioni, i dati e le notizie contenute nella presente comunicazione e i relativi allegati sono di natura privata e come tali possono essere riservate e sono, comunque, destinate esclusivamente ai destinatari indicati in epigrafe. La diffusione, distribuzione e/o la copiatura del documento trasmesso da parte di qualsiasi soggetto diverso dal destinatario è proibita, sia ai sensi dell’art. 616 Codice Penale, sia ai sensi del D. Lgs. n. 196/2003. Se avete ricevuto questo messaggio per errore, vi preghiamo di distruggerlo e di darcene immediata comunicazione anche inviando un messaggio di ritorno all’indirizzo e-mail del mittente”.
Domanda
Ho acquistato nel 2012 un appartamento in condominio e ora mi viene richiesta dall'amministratore una quota per "fondo cassa morosità" riguardante una causa per morosità antecedente la data d'acquisto del mio appartamento, ma tuttora in corso (quel condomino non paga da anni e continua a non pagare).
Devo pagare? Forse non mi spetta, visto che quando è stata intentata detta causa io non ero ancora proprietario.
Risposta di Antonio Romano
L'assemblea con decisione assunta a maggioranza può effettivamente deliberare l'istituzione (e la sua successiva integrazione) di un fondo cassa straordinario per far fronte a pagamenti dovuti in caso di morosità di condomini.
Secondo la Corte di Cassazione è infatti consentita all'assemblea la costituzione di un fondo di questo tipo, anche se solo in caso di reale emergenza e a patto che si preveda il rimborso delle somme con il recupero dei debiti del moroso.
Non è ammessa, invece, la costituzione di un fondo cassa per far fronte alle rate non pagate senza avviare le procedure di recupero delle morosità.
"In ipotesi d'effettiva improrogabile urgenza ..., può ritenersi consentita una deliberazione assembleare con la quale, similmente a quanto avviene in un rapporto di mutuo, si tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione d'un fondo cassa ad hoc tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti. Vengono costituiti così l'obbligazione di ciascun condomino di corrispondere la quota di sua pertinenza, come l'obbligazione del condominio di restituire le somme a tal titolo percette una volta identificati i condomini originariamente morosi e recuperato nei loro confronti quanto dagli stessi dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri" (Corte di Cassazione sentenza n. 13631/2001).
Quindi, la richiesta dell'amministratore nel Suo caso, se coerente con quanto approvato in assemblea, può essere legittima.
Per quanto riguarda invece le spese legali che il condominio ha sostenuto e sosterrà per il recupero delle somme dovute dal condomino moroso, occorre fare una distinzione:
- se il condominio dovesse essere soccombente nella causa intentata contro il condomino moroso (ad esempio perchè il condomino riesce a dimostrare che la pretesa del condominio non era corretta), quanto eventualmente dovuto al condomino vittorioso (in linea di massima si tratterà delle spese sostenute per la propria difesa) sarebbe a carico del condomino che ha acquistato l'unità immobiliare in condominio al momento della conclusione della vicenda giudiziaria attualmente in corso, quindi, in questo caso, Lei stesso;
- se il condominio invece vede riconosciute le proprie pretese, le spese legali - tra venditore e acquirente di una unità immobiliare in condominio - competono a quello tra i due che era condomino nel momento in cui il condominio ha deliberato in assemblea l'avvio dell'azione legale nei confronti del moroso, perché l'obbligo di pagare quanto fatturato dal difensore sorge nel momento del conferimento del mandato che avviene a seguito della delibera assembleare (Corte di Cassazione sentenza n. 22034/2008). Se la delibera era antecedente al 2012, il condominio chiederà a Lei validamente la copertura di tali spese, ma, a Sua volta, Lei potrà pretenderne la restituzione da chi Le ha venduto l'immobile; potrebbe darsi che l'amministratore abbia avviato l'azione legale nei confronti del condomino moroso autonomamente, quindi senza approvazione dell'assemblea. Questo è possibile perchè il recupero del credito del condominio rientra tra i suoi compiti specifici. In questo caso il riferimento è alla esecuzione del mandato da parte dell'avvocato.
Quindi, nel Suo caso, le attività di tutela legale svolte dopo l'acquisto dell'immobile da parte Sua, saranno di Sua competenza, quelle precedenti saranno di competenza di chi Le ha venduto l'immobile (Corte di Cassazione sentenza n. 24654/2010).
Domanda
In un condominio ho il mio posto auto privato di mia esclusiva proprietà delimitato e con un muro di fondo. Si trova in un garage che serve 5 palazzi in linea per 160 condomini. Ho messo sul fondo in un posto che non disturba nessuno il mio piccolo kayak in plastica (nè ingombrante nè inquinante). I condomini potrebbero comunque obbligarmi a toglierlo?
Risposta di Antonio Romano
Il posto auto delimitato di proprietà privata può essere goduto liberamente dal proprietario anche per il deposito di attrezzature sportive, a condizione che non si creino situazioni di disturbo o di pericolo. Occorre comunque verificare il regolamento di condominio "contrattuale", se esiste, ossia quello allegato al rogito o da questo richiamato dove potrebbero essere validamente contenuti limiti, variamente configurati, al godimento delle parti di proprietà privata.
L'assemblea invece, in ogni caso, non può regolare l'utilizzo delle porzioni immobiliari di proprietà privata, sia con riferimento alle parti residenziali, che con riferimento ai posti auto.
Domanda
E' possibile sapere se in alcuni casi in cui l'unità immobiliare viene utilizzata solo per un breve periodo i condomini sono tenuti ugualmente a pagare per intero la quota spettante del costo di riscaldamento? Mi riferisco ad un condominio ove vi sono degli appartamenti sfitti, oppure in fase di ristrutturazione, oppure ove un condomino non fosse presente per tutto il periodo dell’accensione del riscaldamento, oppure ove un condomino fosse presente per la stagione invernale nell’appartamento, ma solo in determinati periodi, oppure ancora se all‘interno di un appartamento si staccano i radiatori.
Risposta di Antonio Romano
L’art. 1118 Cod Civ stabilisce che un condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese comuni, nemmeno rinunciando al relativo servizio, a meno che non venga esonerato da tutti gli altri condomini oppure nel caso in cui il regolamento di condominio contrattuale, ossia allegato al rogito o da questo richiamato, non contenga disposizioni più vantaggiose.
Il proprietario è infatti quasi sempre tenuto a contribuire alle spese condominiali, indipendentemente dal fatto che l'unità immobiliare sia da lui
occupata, concessa in locazione o disabitata: quello che rileva è l’uso potenziale dei servizi condominiali e non l’uso effettivo.
Le eccezioni a questo principio, a parte la presenza di regole favorevoli contenute nel regolamento condominiale contrattuale, sono solo due.
La prima è connessa al distacco definitivo dall’impianto di riscaldamento condominiale, possibile se non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini: in questo caso il condomino che si è reso autonomo – che dovrà comunque contribuire alle spese di manutenzione ordinaria, straordinaria e di messa a norma dell’impianto – sarà esonerato da altri oneri, tipicamente, ad esempio, le spese di combustibile.
La seconda eccezione è legata al principio fissato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4652/1991: in tale decisione la Corte ha precisato che si può rinunciare a quegli impianti condominiali che devono essere considerati superflui in relazione alle condizioni obiettive e alle esigenze delle moderne concezioni di vita oppure illegali perché vietati da norme imperative, come nel caso della rinuncia all'impianto di autoclave in presenza di un servizio idrico pubblico in grado di erogare acqua a sufficienza oppure del pozzo nero il cui utilizzo è vietato quando è presente una rete fognaria a cui allacciarsi.
Domanda
Risposta di Antonio Romano
L'amministratore che già amministra un condominio può avvalersi delle disposizioni dell'art. 1129 Cod Civ per il rinnovo tacito che decorre dall'ultimo incarico per un uguale periodo.
L'amministratore, in ogni caso, deve convocare l'assemblea per l'approvazione del consuntivo nei termini di legge e quindi entro 180 giorni dalla fine della gestione (art. 1130 comma 1 n. 10 Cod Civ): se lo fa tardivamente, ai sensi del n. 1 del comma 12 dell'art. 1129 Cod. Civ., è passibile di revoca giudiziale.
L'amministratore potrebbe non indicare nell'ODG il rinnovo dell'incarico dopo il primo anno: attenzione però che deve necessariamente, in occasione dell'assemblea, rendere le informazioni di cui all'art. 1129 Cod. Civ., a cominciare dall'entità del suo emolumento.
I condomini possono pretendere che l'amministratore inserisca nell'ODG dell'assemblea la voce relativa alla sua revoca: in questo caso, la circostanza che l'amministratore convochi l'assemblea per il bilancio e che eventualmente il bilancio venga approvato non significa che l'amministratore debba ritenersi, per questo solo fatto, confermato automaticamente nell'incarico. In quell'assemblea potrebbe infatti raggiungersi la maggioranza necessaria per la revoca dell'amministratore (voto della maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno 500/1000).
In ogni caso – e quindi anche in caso di assemblea senza che l'ODG contenga la voce relativa alla revoca dell'amministratore - se l'amministratore non viene revocato nell'incarico, si intende confermato e può quindi pretendere il pagamento della seconda annualità: anche se si tratta di "rinnovo tacito", pur sempre di rinnovo si tratta.
Domanda
In un condominio di sei unità ci sono solo due proprietari. Uno abita e possiede anche una seconda unità, mentre il secondo ha affittato i suoi 4 appartamenti.
In assemblea, il primo (che rappresenta 400 millesimi) chiede che sia le puliziedelle scale sia il giardino vengano affidati ad una ditta esterna. Il secondo (cherappresenta 600 millesimi) invece, d'accordo con i suoi inquilini, preferirebbe la gestione diretta sia delle pulizie che del giardino e quindi l'esecuzione di pulizie e giardinaggio da parte dei residenti a turno.
E' ipotizzabile una delibera che approvi la seconda soluzione, anche eventualmente escludendo il primo condomino dalla spesa?
Risposta di Antonio Romano
La questione del condominio minimo è da tempo all'attenzione della giurisprudenza per l'obiettiva difficoltà di funzionamento delle norme relative all'organizzazione di questo particolare istituto quando i condomini sono solo due.
Nel caso in questione, in effetti, sebbene le unità immobiliari siano sei, i proprietari e quindi i condomini sono solo due. La questione è stata però decisa in modo netto dalla sentenza della Corte di Cassazione Civile, pronunciata a Sezioni Unite, n. 2046/2006
La Cassazione, in tale importante e chiarificatrice decisione, ha stabilito che al condominio minimo si applica comunque la disciplina giuridica del condominio e non quella della comunione.
Secondo la Cassazione, la disposizione dell'art. 1136 Cod. Civ. (con il meccanismo della doppia maggioranza per il voto assembleare che viene espresso per “teste” e millesimi) è applicabile anche al condominio composto da due soli partecipanti: peraltro, si legge nella sentenza, se non si raggiunge l'unanimità e non si decide, poichè la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all'autorità giudiziaria, come previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 Cod. Civ..
Quindi, la circostanza per cui uno dei due condomini rappresenti un valore millesimale più alto dell'altro (nel caso in questione 600 millesimi) è in pratica irrilevante.
I due condomini devono quindi necessariamente trovare di comune accordo una soluzione da entrambi ritenuta soddisfacente.
Si può peraltro osservare che la gestione diretta di alcuni servizi è spesso suscettibile di tradursi in una trappola per i residenti, nel momento in cui per qualche ragione uno di essi non sia in grado di adempiere all'impegno, per tacere delle difficoltà operative con riferimento alla copertura delle spese per materiali o attrezzature. Ulteriori complicazioni si potrebbero poi avere nel caso in cui si verificasse un danno ai beni comuni o ai beni /alla persona di uno tra gli inquilini/condomini, come pure nel caso in cui taluno dei "volontari" si facesse male nello svolgimento dell'attività di manutenzione o pulizia.
Meglio quindi che abbiano a riflettere attentamente sulla propria determinazione al riguardo.
Domanda
Avrei bisogno di una precisazione in merito al passaggio di consegne tra amministratori con riferimento alle attuali leggi in vigore. L'amministratore uscente può chiedere al condominio un compenso proporzionale relativo al periodo successivo all'assemblea in cui è stato nominato il nuovo amministratore, fino al giorno della consegna della documentazione condominiale all'amministratore entrante? Può chiedere un rimborso spese per le copie della documentazione da fornire al nuovo amministratore?
Risposta di Antonio Romano
Secondo me il nuovo sistema descritto dai commi 8 e 10 dell'art 1129 Codice Civile puó essere descrito cosi:
- il regime di proroga sparisce;
- l'assemblea che decide di revocare l'amministratore nomina contestualmente un diverso professionista;
- l'amministratore uscente passa subito le consegne al nuovo amministratore nominato dall'assemblea: materialmente gli consegna la documentazione amministrativa e contrattuale del condominio senza diritto a compenso, ma con diritto al rimborso delle eventuali spese che, in effetti, non è escluso dalla normativa;
- l'amministratore uscente non puó chiedere alcun compenso per il periodo di gestione successivo alla sua revoca, per cui avrà tutto l'interesse ad abbreviare tale fase di passaggio: credo sia proprio questo il motivo per cui è stato introdotto il comma 8 dell'art 1129 Codice Civile nuova versione.
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Ho il mio posto auto cond. delimitato e con un muro di fondo. E' un garage che serve 5 palazzi in linea per tot. 160 condomini. Ho messo sul fondo in un posto che non disturba nessuno il mio piccolo kayak in plastica (nè ingombrante nè inquinante ecc.). Ai miei vicini non disturba ecc. possono obbligarmi a toglierlo minacciando sanzioni pecuniarie? E' una mia proprietà privata e non disturba. Fatemi sapere e grazie in anticipo.
Risposta di Antonio Romano
Il posto auto delimitato di proprietà privata può essere goduto liberamente dal proprietario anche per il deposito di attrezzature sportive, a condizione che non si creino situazioni di disturbo o di pericolo. Occorre comunque verificare il regolamento di condominio "contrattuale", se esiste, ossia quello allegato al rogito o da questo richiamato dove potrebbero essere validamente contenuti limiti, variamente configurati, al godimento delle parti di proprietà privata. L'assemblea invece, in ogni caso, non può regolare l'utilizzo delle porzioni immobiliari di proprietà privata, sia con riferimento alle parti residenziali, che con riferimento ai posti auto.
Domanda
Buon giorno. Poco meno di 13 anni fa ho acquistato un appartamento in un condominio di 18 unità abitative. Nel corso della 1a assemblea condominiale ho scoperto che il condominio aveva in essere un contenzioso con un'impresa edile che aveva effettuato un intervento di manutenzione straordinaria (la tinteggiatura dell'esterno dello stabile). La cosa ha continuato ad essere discussa in varie altre assemblee ma io non ho mai partecipato alle discussioni in quanto trattavasi di un intervento antecedente il mio subentro nella proprietà, e per il quale la parte venditrice aveva già pagato la parte di sua competenza. Il condominio ha vinto il contenzioso, ma nel frattempo il titolare dell'impresa è deceduto e i suoi eredi hanno rinunciato all'eredità. Adesso l'avvocato del condominio chiede di essere pagato per i suoi servizi e l'amministratore mi dice che io sono responsabile per la parte relativa al mio appartamento (non so ancora se la notula verrà suddivisa per millesimi o se in parti uguali). Premettendo che all'atto della compravendita la parte venditrice non aveva fatto alcuna menzione di questo contenzioso, la mia domanda è questa: a chi spetta pagare? a me o alla parte venditrice?
Risposta di Antonio Romano
Se il condominio vede riconosciute le proprie pretese in una azione legale avviata contro un terzo - come nel Suo caso - o contro uno tra i condomini, le spese legali - tra venditore e acquirente di una unità immobiliare in condominio - competono a quello tra i due che era condomino nel momento in cui il condominio ha deliberato in assemblea l'avvio dell'azione legale, perchè l'obbligo di pagare quanto fatturato dal difensore sorge nel momento del conferimento del mandato che avviene a seguito della delibera assembleare (Corte di Cassazione sentenza n. 22034/2008). Se la delibera era antecedente al momento del Suo acquisto, come sembra, il condominio chiederà a Lei validamente la copertura di tali spese, ma, a Sua volta, Lei potrà pretenderne la restituzione da chi Le ha venduto l'immobile. L'avvocato peraltro chiede validamente al proprio cliente, quindi in questo caso il condominio dove si trova l'unità immobiliare di Sua proprietà, la liquidazione delle proprie spettanze. Salvo diverse indicazioni presenti nel regolamento contrattuale di condominio, se esistente (si tratta di un documento allegato al rogito o da questo richiamato), la parcella dell'avvocato andrà ripartita tra i condomini su base millesimale e non in parti uguali, come qualsiasi altra spesa relativa a servizi resi nell'interesse del condominio (ad esempio la stessa fattura dell'amministratore). La circostanza della mancata menzione della lite in corso da parte del venditore al momento della negoziazione della compravendita potrebbe rilevare nel senso che si potrebbe affermare, pur con difficoltà, il mancato rispetto dell'art 1337 Cod Civ che impone alle parti un obbligo di correttezza e buona fede nelle trattative, con il Suo diritto al risarcimento di eventuali ulteriori danni subiti. Il tempo trascorso dalla compravendita (oltre dieci anni) rende però di fatto non percorribile tale strada.
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Domanda
Domanda
Buongiorno, il quesito che volevo porre è il seguente: Ho acquistato nel 2012 un appartamento in condominio e ora mi viene richiesta dall'amministratore una quota per "fondo cassa morosità" riguardante una causa per morosità antecedente la data d'acquisto del mio appartamento ma tuttora in corso (quel condomino non paga da anni e continua a non pagare). Devo pagare? Perché qualcuno mi ha detto che non mi spetta visto che quando è stata intentata detta causa io non ero ancora proprietaria.
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Sono uno dei numerosi condomini a cui l'ex amministratore ha sottratto tutti i fondi senza effettuare i pagamenti dovuti ai fornitori che ora chiedono i soldi per i servizi per i quali noi tutti abbiamo già versato le rispettive quote. Cosa sarebbe possibile fare?
Risposta di Antonio Romano
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Risposta di Antonio Romano
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Ho chiesto la copia del Registro di anagrafe condominiale, senza eventuali allegati, l'Amministratore ha così risposto: "per quanto concerne la restante documentazione richiesta corre l'obbligo, segnatamente al registro di anagrafe condominiale, di far presente che non è dato rintracciare un esplicito obbligo di legge per la consegna del registro di anagrafe condominiale da parte dell'amministratore e che non sembri costituire grave irregolarità ai sensi dell'art.1129, secondo comma, c.c. la mancata consegna dello stesso". Mi chiedo e chiedo, come sarebbe possibile utilizzare l'art. 66 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, senza conoscere i dati della compagine condominiale? Inoltre, come sarebbe possibile conoscere ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio (art. 1130, punto 6, c.c.)?
Risposta di Antonio Romano
"Uno degli elementi caratterizzanti della riforma del condominio è l'introduzione di una serie di regole volte a garantire la massima trasparenza nell'amministrazione. Tra queste vi è l'articolo 1129 comma 2 Cod. Civ. che dispone come segue: "Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata."
I registri a cui fa riferimento l'art. 1129 Cod. Civ. appena citato sono proprio il registro di anagrafe condominiale, considerato nel numero 6 dell'art. 1130 Cod. Civ., i registri di nomina e revoca dell'amministratore, il registro dei verbali dell'assemblea e il registro di contabilità, considerati dal successivo numero 7 dell'art. 1130 Cod. Civ.
Non sembra quindi dubbio che i condomini abbiano accesso senza formalità a tutti i registri condominiali.
Nè, d'altra parte, possono essere sollevate difficoltà in ordine all'applicazione della normativa sulla privacy, in quanto l'Autorità Garante per la Protezione dei Dati personali ha considerato che tutti i condomini sono titolari di un unico trattamento dati e quindi hanno il diritto a conoscere le informazioni sull'amministrazione e sul funzionamento del condominio. (Garante privacy provvedimento del 19.05.00 doc. web n. 42268).
L'amministratore potrà trattare naturalmente soltanto le informazioni personali pertinenti e non eccedenti le finalità di gestione e amministrazione delle parti comuni.
Il registro di anagrafe condominiale potrà dunque contenere soltanto i dati previsti dalla legge, che sono in effetti quelli strettamente necessari per la corretta amministrazione dei beni comuni, mentre non possono essere trattati i dati che non siano correlati ad attivitá di gestione e amministrazione delle parti comuni o che non siano strettamente collegati alle quote dovute dai condomini.
Questo principio è espresso canche nel nuovo "Vademecum del palazzo" elaborato dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, in cui si afferma esplicitamente che l'amministratore può acquisire le informazioni che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio - siano essi proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari - chiedendo le generalità comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio. Può chiedere, inoltre, i dati catastali: la sezione urbana, il foglio, la particella, il subalterno e il Comune. Non può invece chiedere, perché risulterebbe eccedente, copia della documentazione: come, ad esempio, l'atto di compravendita in cui sono riportati i dati. Per quanto riguarda poi le informazioni relative alle "condizioni di sicurezza", con l'entrata in vigore del "Decreto Destinazione Italia" i condòmini non dovranno più fornire alcuna informazione sulla propria unità immobiliare, perché i dati da raccogliere riguardano solo le parti comuni dell'edificio. Resta comunque legittimo l'accesso alle informazioni che riguardano la sicurezza degli impianti comuni.
Fatta la premessa di cui sopra, si può osservare che, se è vero che il rifiuto opposto dall'amministratore all'accesso al registro di anagrafe condominiale non è elencato tra le fattispecie “tipizzate” di grave irregolarità tale da legittimare la revoca giudiziale dell'amministratore, è del pari anche vero che l'elenco delle fattispecie di grave irregolarità contenuto nell'art. 1129 Cod Civ non è un elenco “chiuso”, ben potendo il Tribunale ritenere che il comportamento dell'amministratore in violazione della normativa integri comunque un legittimo motivo di revoca dall'incarico.
Si può inoltre osservare che tra le “gravi irregolarità” dettagliate dall'art. 1129 Cod. Civ. vi è proprio l'inadempimento dell'amministratore all'obbligo di cura della tenuta dei registri condominiali (art 1129 Cod. Civ. comma 12 n. 7): va da sè che tale previsione sarebbe priva di effetto se i condomini non avessero la possibilità di verificare che l'amministratore adempie correttamente al proprio mandato da tale punto di vista.
La Magistratura non ha del resto mancato di sostenere il diritto dei condomini all'accesso alla documentazione amministrativa. Tra le varie si veda la sentenza della Corte di Cassazione n. 15159/01 nella cui massima si legge che “I condomini possono esercitare, in ogni tempo, la vigilanza ed il controllo sullo svolgimento dell'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni e, perciò, di prendere visione dei registri e dei documenti che li riguardano, sempre che la vigilanza ed il controllo non si risolvano in un intralcio all'amministrazione, non siano contrari al principio della correttezza e che delle attività afferenti alla vigilanza ed al controllo i condomini si addossino i costi. Non è necessario, pertanto, che i condomini specifichino la ragione per cui vogliono prendere visione o estrarre copia dei documenti, spettando all'amministratore l'onere di dedurre e dimostrare l'insussistenza di qualsivoglia interesse effettivo in capo ai condomini istanti, perché i documenti non li riguardano, ovvero l'esistenza di motivi futili o inconsistenti e comunque contrari alla correttezza
Domanda
Risposta di Antonio Romano
Risposta di Antonio Romano
Domanda
Risposta di Antonio Romano