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• D.M. 5 LUGLIO 1975
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20 • Gennaio • 2014

Epigrafe

Decreto Ministeriale 5 luglio 1975 (in Gazz. Uff., 18 luglio, n. 190). -- Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione.

Il Ministro per la sanità:
Vista la legge 13 marzo 1958, n. 296;

Visti gli articoli 218, 344 e 345 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265;

Viste le istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, concernenti la compilazione dei regolamenti locali sull'igiene del suolo e dell'abitato;

Considerata la necessità di apportare d'urgenza modifiche alle predette istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 per la parte riguardante l'altezza minima ed i requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione, in attesa di procedere all'aggiornamento della restante parte delle istruzioni ministeriali stesse;

Udito il parere del Consiglio superiore di sanità il 27 febbraio 1975;

Decreta:
 
ARTICOLO N.1
Art. 1.

L'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2,70, riducibili a m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.

Nei comuni montani al di sopra dei m 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell'altezza minima dei locali abitabili a m 2,55.

 
ARTICOLO N.2
Art. 2.

Per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14, per i primi 4 abitanti, ed mq 10, per ciascuno dei successivi.

Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di mq 14, se per due persone.

Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14.

Le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile.

 
ARTICOLO N.3
Art. 3.

Ferma restando l'altezza minima interna di m 2,70, salvo che per i comuni situati al di sopra dei m 1000 sul livello del mare per i quali valgono le misure ridotte già indicate all'art. 1, l'alloggio monostanza, per una persona, deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq 28, e non inferiore a mq 38, se per due persone.

 
ARTICOLO N.4
Art. 4.

Gli alloggi debbono essere dotati di impianti di riscaldamento ove le condizioni climatiche lo richiedano.

La temperatura di progetto dell'aria interna deve essere compresa tra i 18° C e i 20° C; deve essere, in effetti, rispondente a tali valori e deve essere uguale in tutti gli ambienti abitati e nei servizi, esclusi i ripostigli.

Nelle condizioni di occupazione e di uso degli alloggi, le superfici interne delle parti opache delle pareti non debbono presentare tracce di condensazione permanente.

 
ARTICOLO N.5
Art. 5.

Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d'uso.

Per ciascun locale d'abitazione, l'ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento.

Per gli edifici compresi nell'edilizia pubblica residenziale occorre assicurare, sulla base di quanto sopra disposto e dei risultati e sperimentazioni razionali, l'adozione di dimensioni unificate di finestre e, quindi, dei relativi infissi.

 
ARTICOLO N.6
Art. 6.

Quando le caratteristiche tipologiche degli alloggi diano luogo a condizioni che non consentano di fruire di ventilazione naturale, si dovrà ricorrere alla ventilazione meccanica centralizzata immettendo aria opportunamente captata e con requisiti igienici confacenti.

é comunque da assicurare, in ogni caso, l'aspirazione di fumi, vapori ed esalazioni nei punti di produzione (cucine, gabinetti, ecc.) prima che si diffondano.

Il "posto di cottura" eventualmente annesso al locale di soggiorno, deve comunicare ampiamente con quest'ultimo e deve essere adeguatamente munito di impianto di aspirazione forzata sui fornelli.

 
ARTICOLO N.7
Art. 7.

La stanza da bagno deve essere fornita di apertura all'esterno per il ricambio dell'aria o dotata di impianto di aspirazione meccanica.

Nelle stanze da bagno sprovviste di apertura all'esterno è proibita l'installazione di apparecchi a fiamma libera.

Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.

 
ARTICOLO N.8
Art. 8.

I materiali utilizzati per le costruzioni di alloggi e la loro messa in opera debbono garantire un'adeguata protezione acustica agli ambienti per quanto concerne i rumori da calpestio, rumori da traffico, rumori da impianti o apparecchi comunque installati nel fabbricato, rumori o suoni aerei provenienti da alloggi contigui e da locali o spazi destinati a servizi comuni.

All'uopo per una completa osservanza di quanto sopra disposto occorre far riferimento ai lavori ed agli standards consigliati dal Ministero dei lavori pubblici o da altri qualificati organi pubblici.

 
ARTICOLO N.9
Art. 9.

Tutta la parte delle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 incompatibile o, comunque, in contrasto con le presenti disposizioni deve ritenersi abrogata.

• D.L. 30.9.2003 N. 269
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20 • Gennaio • 2014

Epigrafe

DECRETO-LEGGE 30 settembre 2003 n.269 (in Suppl. ordinario n. 157 alla Gazz. Uff., 2 ottobre, n. 229). - Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per favorire lo sviluppo economico e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 settembre 2003; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'interno, delle politiche agricole e forestali, del lavoro e delle politiche sociali, delle attività produttive, per i beni e le attività culturali; dell'ambiente e della tutela del territorio, della salute e per gli affari regionali;

 


TITOLO I
DISPOSIZIONI PER FAVORIRE LO SVILUPPO
CAPO I
INNOVAZIONE E RICERCA

ARTICOLO N.1

(Detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo, tecnologia digitale, export quotazione in borsa, stage aziendali per studenti)

Art. 1

1. Per i soggetti in attività alla data di entrata in vigore del presente decreto, in aggiunta alla ordinaria deduzione è escluso dall'imposizione sul reddito d'impresa:

a) un importo pari al dieci per cento dei costi di ricerca e di sviluppo iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali nonché degli investimenti direttamente sostenuti in tecnologie digitali, volte a innovazioni di prodotto, di processo, e organizzative; a tale importo si aggiunge il 30 per cento dell' eccedenza rispetto alla media degli stessi costi sostenuti nei tre periodi d'imposta precedenti;

b) l'importo delle spese direttamente sostenute per la partecipazione espositiva di prodotti in fiere all'estero; sono comunque escluse le spese per sponsorizzazioni;

c) l'ammontare delle spese sostenute per stage aziendali destinati a studenti di corsi d'istruzione secondaria o universitaria, ovvero a diplomati o laureati per i quali non sia trascorso più di un anno dal termine del relativo corso di studi;

d) l'ammontare delle spese sostenute per la quotazione in un mercato regolamentato di cui all'articolo 11.

2. Per il secondo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche è calcolato, in base alle disposizioni della legge 23 marzo 1977 , n. 97, assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in assenza delle disposizioni di cui al presente articolo.

3. Ai fini di cui al comma l, l'attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto nell'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale. L 'effettività delle spese di cui alla lettera c) del comma 1 è comprovata dalle convenzioni stipulate con gli istituti di appartenenza degli studenti, da attestazioni concernenti l' effettiva partecipazione degli stessi o da altra idonea documentazione.

4. L 'incentivo di cui al presente articolo si applica alle spese sostenute nel primo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. Le imprese che pianificano e operano gli investimenti detassati di cui al comma 1, lettera a), rilevano progressivamente i dati relativi alle attività di ricerca e sviluppo ed alle tecnologie digitali e li comunicano all' Agenzia delle entrate, a consuntivo, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

6. Per gli investimenti di cui al comma l, lettera a), il beneficio spetta nei limiti del 20 per cento della media dei redditi relativi, nel massimo, ai tre esercizi precedenti al periodo di imposta cui si applicano le disposizioni del presente articolo. Ai fini del primo periodo gli esercizi in perdita non sono presi in considerazione.

 
ARTICOLO N.2

(Finanziamento degli investimenti in ricerca e innovazione)

Art. 2

1. Le risorse derivanti dalle operazioni di cartolarizzazione, effettuate ai sensi dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, dei crediti dello Stato o di altri enti pubblici, relativi a finanziamenti di investimenti in ricerca e innovazione, sono destinate alla concessione di ulteriori finanziamenti da erogare con le modalità stabilite dal Ministro competente. La riassegnazione delle risorse derivanti dalle predette operazioni di cartolarizzazione a fondi non rotativi può essere disposta, nei limiti del venti per cento, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze

 
ARTICOLO N.3

(Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero)

Art. 3

1. I redditi di lavoro dipendente o autonomo dei ricercatori che dalla data di entrata in vigore del presente decreto o in uno dei cinque anni solari successivi iniziano a svolgere la loro attività in Italia, e che conseguentemente divengono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato, sono imponibili solo per il 10 per cento, ai fini delle imposte dirette, e non concorrono alla formazione del valore della produzione netta dell'imposta regionale sulle attività produttive. L' incentivo di cui al presente comma si applica nel periodo d' imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi di imposta successivi.

 
ARTICOLO N.4

(Istituto italiano di Tecnologia)

Art. 4

1. È istituita la fondazione denominata Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l' alta formazione tecnologica, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale. A tal fine la fondazione instaura rapporti con organismi omologhi in Italia e assicura l' apporto di ricercatori italiani e stranieri operanti presso istituti esteri di eccellenza.

2. Lo statuto della fondazione, concernente anche l'individuazione degli organi dell'Istituto. della composizione e dei compiti, è approvato con decreto del Presidente della Repubblica. su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze.

3. Il patrimonio della fondazione è costituito ed incrementato da apporti dello Stato, di soggetti pubblici e privati; le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate da contributi di enti pubblici e di privati. Alla fondazione possono essere concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato. Il trasferimento di beni di particolare valore artistico e storico è effettuato di intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e non modifica il regime giuridico, previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti.

4. Al fine di costituire il patrimonio dell'Istituto Italiano di Tecnologia, i soggetti fondatori di fondazioni di interesse nazionale, nonché gli enti ad essi succeduti, possono disporre la devoluzione di risorse all' Istituto fino a 2 anni dopo la pubblicazione dello statuto di cui al comma 2, con modifiche, soggette all ' approvazione dall ' autorità vigilante, degli atti costitutivi e degli statuti dei propri enti. Con le modalità di cui al comma 2, vengono apportate modifiche allo statuto dell'Istituto per tenere conto dei principi contenuti negli statuti degli enti che hanno disposto la devoluzione.

5. Ai fini del rapido avvio delle attività della fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell' economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono nominati un commissario unico, un comitato di indirizzo e regolazione ed un collegio dei revisori. n commissario unico con i poteri dell'organo monocratico realizza il rapido avvio delle attività della fondazione Istituto Italiano di Tecnologia in un periodo non superiore a due anni dalla istituzione di cui al comma 1 ed al termine rende il proprio bilancio di mandato.

6. Per lo svolgimento dei propri compiti il commissario unico è autorizzato ad avvalersi, fino al limite massimo di 10 unità di personale, anche delle qualifiche dirigenziali, all'uopo messo a disposizione su sua richiesta, secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti, da enti ed organismi di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni. Può avvalersi, inoltre, della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari.

7. Per le finalità di cui al presente articolo, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata alla emissione di obbligazioni e alla contrazione di prestiti per un controvalore di non oltre 100 milioni di euro. Nell'ambito della predetta somma la Cassa depositi e prestiti è autorizzata ad effettuare anticipazioni di cassa, in favore del commissario unico nei limiti di importo complessivi stabiliti con decreti del Ministro dell ' economia e delle finanze che fissano altresì le condizioni di scadenza e di tasso di interesse.

8. Gli importi delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti al commissario unico devono affluire in apposito conto corrente infruttifero aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato alla fondazione Istituto Italiano di Tecnologia e ne costituiscono il patrimonio iniziale.

9. Il Ministro dell' economia e delle finanze provvede, a decorrere dal 2005 e per un massimo di venti anni, al rimborso alla Cassa depositi e prestiti dei titoli emessi, dei prestiti contratti e delle somme anticipate, secondo modalità da stabilire con propri decreti. Gli interessi di preammortamento, calcolati applicando lo stesso tasso del rimborso dei titoli emessi, dei prestiti contratti o delle anticipazioni sono predeterminati e capitalizzati con valuta coincidente all'inizio dell'ammortamento e sono corrisposti con le stesse modalità, anche di tasso e di tempo.

10. A favore della fondazione, ai fini della sua valorizzazione, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2004 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2014. Tali somme possono essere utilizzate anche per l'estinzione di eventuali mutui contratti dall'Istituto.

11. Tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.

12. All'onere derivante dall'applicazione del presente articolo si provvede con quota parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto.

 


CAPO II
INVESTIMENTI PUBBLICI IN INFRASTRUTTURE

ARTICOLO N.5

(Trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni)

Art. 5

1. La Cassa depositi e prestiti è trasformata in società per azioni con la denominazione di "Cassa depositi e prestiti società per azioni" (CDP S.p.A.), con effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di cui al comma 3. La CDP S.p.A., salvo quanto previsto dal comma 3, subentra nei rapporti attivi e passivi e conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione.

2. Le azioni della CDP S.p.A. sono attribuite allo Stato, che esercita i diritti dell'azionista ai sensi dell'articolo 24, comma l, lettera a), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; non si applicano le disposizioni dell'articolo 2362 del codice civile. Le fondazioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e altri soggetti pubblici o privati possono detenere quote complessivamente di minoranza del capitale della CDP S.p.A.

3. Con decreto del Ministro dell' economia e delle finanze di natura non regolamentare, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinati:

a) le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze e quelle assegnate alla gestione separata della CDP S.p.A. di cui al comma 8;

b) i beni e le partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, che sono trasferite alla CDP S.p.A. e assegnate alla gestione separata di cui al comma 8, anche in deroga alla normativa vigente. I relativi valori di trasferimento e di iscrizione in bilancio sono determinati sulla scorta della relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero, anche in deroga agli articoli da 2342 a 2345 del codice civile ed all'articolo 24 della legge 27 dicembre 2002, n.289. Con successivi decreti ministeriali possono essere disposti ulteriori trasferimenti e conferimenti;

c) gli impegni accessori assunti dallo Stato;

d) il capitale sociale della CDP S.p.A., comunque in misura non inferiore al fondo di dotazione della Cassa depositi e prestiti risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato.

4. Con il decreto di cui al comma 3 è altresì approvato lo statuto della CDP S.p.A. e sono nominati i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale per il primo periodo di durata in carica. Per tale primo periodo restano in carica i componenti del collegio dei revisori incaricati ai sensi e per gli effetti dell'articolo 10 della legge 13 maggio 1983, 197. Le successive modifiche allo statuto della CDP S.p.A. e le nomine dei componenti degli organi sociali per i successivi periodi sono deliberate a norma del codice civile.

5. Il primo esercizio sociale della CDP S.p.A. si chiude al 31 dicembre 2004,

6. Alla CDP S.p.A. si applicano le disposizioni del Titolo V del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, previste per gli intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del medesimo decreto legislativo, tenendo presenti le caratteristiche del soggetto vigilato e la speciale disciplina della gestione separata di cui al comma 8.

7. La CDP S.p.A. finanzia, sotto qualsiasi forma:

a) lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società d essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato;

b) le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista.

8. La CDP S.p.A. assume partecipazioni e svolge le attività, strumentali, connesse e accessorie; per l' attuazione di quanto previsto al comma 7, lettera a), la CDP S.p.A. istituisce un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell' equilibrio economico. Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività ad essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti di cui al comma 7, lettera a). Il decreto ministeriale di cui al comma 3 può prevedere forme di razionalizzazione e concentrazione delle partecipazioni detenute dalla Cassa depositi e prestiti alla data di trasformazione in società per azioni.

9. Al Ministro dell'economia e delle finanze spetta il potere di indirizzo della gestione separata di cui al comma 8. È confermata, per la gestione separata, la Commissione di vigilanza prevista dall'articolo 3 del regio decreto 2 gennaio 1913, n. 453, e successive modificazioni.

10. Per l'amministrazione della gestione separata di cui al comma 8 il consiglio di amministrazione della CDP S.p.A. è integrato dai membri, con funzioni di amministratore, indicati alle lettere c), d) ed f) del primo comma dell ' articolo 7 della legge 13 maggio 1983, n. 197.

11. Per l' attività della gestione separata di cui al comma 8 il Ministro dell ' economia e delle finanze determina con propri decreti di natura non regolamentare:

a) i criteri per la definizione delle condizioni generali ed economiche dei libretti di risparmio postale, dei buoni fruttiferi postali, dei titoli: dei finanziamenti e delle altre operazioni finanziarie assistiti dalla garanzia dello Stato;

b) i criteri per la definizione delle condizioni generali ed economiche degli impieghi, nel rispetto dei principi di accessibilità, uniformità di trattamento, predeterminazione e non discriminazione;

c) le norme in materia di trasparenza, pubblicità, contratti e comunicazioni periodiche;

d) i criteri di gestione delle partecipazioni assegnate ai sensi del comma 3.

12. Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 11 la CDP S.p.A. continua a svolgere le funzioni oggetto della gestione separata di cui al comma 8 secondo le disposizioni vigenti alla data di trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. I rapporti in essere e i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 11 continuano ad essere regolati dai provvedimenti adottati e dalle norme legislative e regolamentari vigenti in data anteriore. Per quanto non disciplinato dai decreti di cui al comma 11 continua ad applicarsi la normativa vigente in quanto compatibile. Le attribuzioni del consiglio di amministrazione e del direttore generale della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione sono esercitate, rispettivamente, dal consiglio di amministrazione e, se previsto, dall'amministratore delegato della CDP S.p.A.

13. All'attività di impiego della gestione separata di cui al comma 8 continuano ad applicarsi le disposizioni più favorevoli previste per la Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione, inclusa la disposizione di cui all'articolo 204, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

14. La gestione separata di cui al comma 8 subentra nei rapporti attivi e passivi e conserva i diritti e gli obblighi sorti per effetto della cartolarizzazione dei crediti effettuata ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

15. La gestione separata di cui al comma 8 può avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell' articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell' Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni.

16. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di apposita relazione presentata dalla CDP S.p.A., riferisce annualmente al Parlamento sulle attività svolte e sui risultati conseguiti dalla CDP S.p.A..

17. Il controllo della Corte dei conti si svolge sulla CDP S.p.A. con le modalità previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

18. La CDP S.p.A. può destinare propri beni e rapporti giuridici al soddisfacimento dei diritti dei portatori di titoli da essa emessi e di altri soggetti finanziatori. A tal fine la CDP S.p.A. adotta apposita deliberazione contenente l' esatta descrizione dei beni e dei rapporti giuridici destinati, dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata, dei diritti ad essi attribuiti e delle modalità con le quali è possibile disporre, integrare e sostituire elementi del patrimonio destinato. La deliberazione è depositata e iscritta a norma dell'articolo 2436 del codice civile. Dalla data di deposito della deliberazione i beni e i rapporti giuridici individuati sono destinati esclusivamente al soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata e costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della CDP S.p.A. e dagli altri patrimoni destinati. Fino al completo soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata, sul patrimonio destinato e sui frutti e proventi da esso derivanti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti dei predetti soggetti. Se la deliberazione di destinazione del patrimonio non dispone diversamente, delle obbligazioni nei confronti de! soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata la CDP S.p.A. risponde esclusivamente nei limiti del patrimonio ad essi destinato e dei diritti ad essi attribuiti. Resta salva in ogni caso la responsabilità illimitata della CDP S.p.A. per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Con riferimento a ciascun patrimonio separato la CDP S.p.A. tiene separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile. Per il caso di sottoposizione della CDP S.p.A. alle procedure di cui al Titolo IV del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o ad altra procedura concorsuale applicabile, i contratti relativi a ciascun patrimonio destinato continuano ad avere esecuzione e continuano ad applicarsi le previsioni contenute nel presente comma. Gli organi della procedura provvedono al tempestivo pagamento delle passività al cui servizio il patrimonio è destinato e nei limiti dello stesso, secondo le scadenze e gli altri termini previsti nei relativi contratti preesistenti. Gli organi della procedura possono trasferire o affidare in gestione a banche i beni e i rapporti giuridici ricompresi in ciascun patrimonio destinato e le relative passività.

19. Alla scadenza, anche anticipata per qualsiasi motivo, del contratto di servizio ovvero del rapporto con il quale è attribuita la disponibilità o è affidata la gestione delle opere, degli impianti, delle reti e delle dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici in relazione ai quali è intervenuto il finanziamento della CDP S.p.A. o di altri soggetti autorizzati alla concessione di credito, gli indennizzi dovuti al soggetto uscente sono destinati prioritariamente al soddisfacimento dei crediti della CDP S.p.A. e degli altri finanziatori di cui al presente comma, sono indisponibili da parte del soggetto uscente fino al completo soddisfacimento dei predetti crediti e non possono formare oggetto di azioni da parte di creditori diversi dalla CDP S.p.A. e dagli altri finanziatori di cui al presente comma. Il nuovo soggetto gestore assume, senza liberazione del debitore originario, l'eventuale debito residuo nei confronti della CDP S.p.A. e degli altri finanziatori di cui al presente comma. L' ente affidante e, se prevista, la società proprietaria delle opere, degli impianti, delle reti e delle dotazioni garantiscono in solido il debito residuo fino all' individuazione del nuovo soggetto gestore. Anche ai finanziamenti concessi dalla CDP S.p.A. si applicano le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 42 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

20. Salvo le deleghe previste dallo statuto, l'organo amministrativo della CDP S.p.A. delibera le operazioni di raccolta di fondi con obbligo di rimborso sotto qualsiasi forma. Ad esse non si applicano il divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico previsto dall' articolo II, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ne i limiti quantitativi alla raccolta previsti dalla normativa vigente; non trovano altresì applicazione gli articoli da 2410 a 2420 del codice civile. Per ciascuna emissione di titoli può essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale ne cura gli interessi e in loro rappresentanza esclusiva esercita i poteri stabiliti in sede di nomina e approva le modificazioni delle condizioni dell ' operazione.

21. Ai decreti ministeriali emanati in base alle norme contenute nel presente articolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 13, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

22. La pubblicazione del decreto di cui al comma 3 nella Gazzetta Ufficiale tiene luogo degli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente.

23. Tutti gli atti e le operazioni posti in essere per la trasformazione della Cassa depositi e prestiti e per l' effettuazione dei trasferimenti e conferimenti previsti dal presente articolo sono esenti da imposizione fiscale, diretta ed indiretta.

24. Tutti gli atti, contratti, trasferimenti, prestazioni e formalità relativi alle operazioni di raccolta e di impiego, sotto qualsiasi forma, effettuate dalla gestione separata di cui al comma 8, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie anche reali di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate, sono esenti dall' imposta di registro, dall' imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché ogni altro tributo o diritto. Non si applica la ritenuta di cui ai commi 2 e 3 dell' articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sugli interessi e gli altri proventi dei conti correnti dedicati alla gestione separata di cui al comma 8.

25. Gli interessi e gli altri proventi dei titoli di qualsiasi natura e di qualsiasi durata emessi dalla CDP S.p.A. sono soggetti al regime dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50%, di cui al decreto legislativo 1° aprile 1996, n.239.

26. Il rapporto di lavoro del personale alle dipendenze della Cassa depositi e prestiti al momento della trasformazione prosegue con la CDP S.p.A. ed è disciplinato dalla contrattazione collettiva e dalle leggi che regolano il rapporto di lavoro privato. Sono fatti salvi i diritti quesiti e gli effetti, per i dipendenti della Cassa, rivenienti dalla originaria natura pubblica dell'ente di appartenenza, ivi inclusa l'ammissibilità ai concorsi pubblici per i quali sia richiesta una specifica anzianità di servizio, ove conseguita. I trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi al personale già dipendente della Cassa depositi e prestiti fino alla stipulazione di un nuovo contratto. In sede di prima applicazione, non può essere attribuito al predetto personale un trattamento economico meno favorevole di quello spettante alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per il personale già dipendente dalla Cassa depositi e prestiti, che ne fa richiesta, entro sessanta giorni dalla trasformazione si attivano, sentite le organizzazioni sindacali, le procedure di mobilità, con collocamento prioritario al Ministero dell' economia e delle finanze. Il personale trasferito è inquadrato, in base all'ex livello di appartenenza e secondo le equipollenze definite dal decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1984 e successive modificazioni e 4 agosto 1986 e successive modificazioni, nella corrispondente area e posizione economica, o in quella eventualmente ricoperta in precedenti servizi prestati presso altre pubbliche amministrazioni, se superiore. Al personale trasferito o re inquadrato nelle pubbliche amministrazioni ai sensi del presente comma è riconosciuto un assegno personale pensionabile, riassorbibile con qualsiasi successivo miglioramento, pari alla differenza tra la retribuzione globale percepibile al momento della trasformazione, come definita dal vigente CCNL, e quella spettante in base al nuovo inquadramento; le indennità spettanti presso l' amministrazione di destinazione sono corrisposte nella misura eventualmente eccedente l' importo del predetto assegno personale. Entro cinque anni dalla trasformazione, il personale già dipendente della Cassa depositi e prestiti che ha proseguito il rapporto di lavoro dipendente con CDP S.p.A. può richiedere il re inquadramento nei ruoli delle amministrazioni pubbliche secondo le modalità e i termini previsti dall'articolo 54 del CCNL per il personale non dirigente della Cassa depositi e prestiti per il quadriennio normativo 1998-2001. I dipendenti in servizio all'atto della trasformazione mantengono il regime pensionistico e quello relativo all'indennità di buonuscita secondo le regole vigenti per il personale delle pubbliche amministrazioni. Entro sei mesi dalla data di trasformazione, i predetti dipendenti possono esercitare, con applicazione dell'articolo 6 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, opzione per il regime pensionistico applicabile ai dipendenti assunti in data successiva alla trasformazione, i quali sono iscritti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INPS e hanno diritto al trattamento di fine rapporto ai sensi dell'articolo 2120 del codice civile.

27. Nell'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, il settimo periodo e' sostituito dai seguenti: "Infrastrutture S.p.A. può destinare propri beni e rapporti giuridici al soddisfacimento dei diritti dei portatori di titoli da essa emessi e di altri soggetti finanziatori. A tal fine Infrastrutture S.p.A. adotta apposita deliberazione contenente l'esatta descrizione dei beni e dei rapporti giuridici destinati, dei soggetti a cui vantaggio la destinazione e' effettuata, dei diritti ad essi attribuiti e delle modalità con le quali e' possibile disporre, integrare e sostituire elementi del patrimonio destinato. La deliberazione e' depositata e iscritta a norma dell'articolo 2436 del codice civile. Dalla data di deposito della deliberazione i beni e i rapporti giuridici individuati sono destinati esclusivamente al soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione e' effettuata e costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello di Infrastrutture S.p.A. e dagli altri patrimoni destinati. Fino al completo soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione effettuata, sul patrimonio destinato e sui frutti e proventi da esso derivanti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti dei predetti soggetti. Se la deliberazione di destinazione del patrimonio non dispone diversamente, delle obbligazioni nei confronti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione e' effettuata Infrastrutture S.p.A. risponde esclusivamente nei limiti del patrimonio ad essi destinato e dei diritti ad essi attribuiti. Resta salva in ogni caso la responsabilità illimitata di Infrastrutture S.p.A. per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Per ciascuna emissione di titoli può essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale ne cura gli interessi e in loro rappresentanza esclusiva esercita i poteri stabiliti in sede di nomina e approva le modificazioni delle condizioni dell'operazione. Con riferimento a ciascun patrimonio separato Infrastrutture S.p.A. tiene separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile. Per il caso di scioglimento di Infrastrutture S.p.A. e di sottoposizione a procedura di liquidazione di qualsiasi natura, i contratti relativi a ciascun patrimonio separato continuano ad avere esecuzione e continuano ad applicarsi le previsioni contenute nel presente comma. Gli organi della procedura provvedono al tempestivo pagamento delle passività al cui servizio il patrimonio e' destinato e nei limiti dello stesso, secondo le scadenze e gli altri termini previsti nei relativi contratti preesistenti. Gli organi della procedura possono trasferire o affidare in gestione a banche i beni e i rapporti giuridici ricompresi in ciascun patrimonio destinato e le relative passività".

 


CAPO III
MADE IN ITALY, COMPETITIVITÀ, SVILUPPO

ARTICOLO N.6

(Trasformazione della SACE in società per azioni)

Art.6

1. L 'Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE) è trasformato in società per azioni con la denominazione di SACE S.p.A. -Servizi Assicurativi del Commercio Estero o più brevemente SACE S.p.A. con decorrenza dal 1° gennaio 2004. La SACE S.p.A. succede nei rapporti attivi e passivi, nonché nei diritti e obblighi della SACE in essere alla data della trasformazione.

2. Le azioni della SACE S.p.A. sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze. Le nomine dei componenti degli organi sociali sono effettuate d'intesa con i Ministeri indicati nel comma 5 dell'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni.

3. I crediti di cui all'art. 7, comma 2, del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni, esistenti alla data del 31 dicembre 2003, sono trasferiti alla SACE S.p.A. a titolo di conferimento di capitale. I crediti medesimi sono iscritti nel bilancio della SACE S.p.A al valore indicato nella relativa posta del Conto patrimoniale dello Stato. Ulteriori trasferimenti e conferimenti di beni e partecipazioni societarie dello Stato a favore della SACE S.p.A possono essere disposti con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell' economia e delle finanze, che determina anche il relativo valore di trasferimento o conferimento.. Ai trasferimenti e conferimenti di cui al presente comma non si applicano gli articoli da 2342 a 2345 del codice civile.

4. Le somme recuperate riferite ai crediti di cui al comma 3, detratta la quota spettante agli assicurati indennizzati, sono trasferite in un apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato alla SACE S.p.A., unitamente ai proventi delle attività che beneficiano della garanzia dello Stato.

5. Il capitale della SACE S.p.A. alla data indicata nel comma 1 è pari alla somma del netto patrimoniale risultante dal bilancio di chiusura di SACE al 31 dicembre 2003 e del valore dei crediti di cui all'art. 7, comma 2, del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni, stabilito ai sensi del comma 3.

6. Dalla data indicata nel comma 1 è soppresso il Fondo di dotazione di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni. Ai fini della contabilità dello Stato, le disponibilità giacenti nel relativo conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato non rientranti nell'ambito di applicazione di altre disposizioni normative sono riferite al capitale della SACE S.p.A. e il conto corrente medesimo è intestato alla SACE S.p.A.

7. Il Ministro dell' economia e delle finanze, in deroga agli articoli da 2342 a 2345 del codice civile, con proprio decreto di natura non regolamentare, su proposta dell'organo amministrativo della SACE S.p.A. da formularsi entro il termine di approvazione del bilancio di esercizio relativo all'anno 2004, può rettificare i valori dell'attivo e del passivo patrimoniale della SACE S.p.A. A tale scopo, l' organo amministrativo si avvale di soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nel campo della revisione contabile.

8. L'approvazione dello statuto e la nomina dei componenti degli organi sociali della SACE S.p.A previsti dallo statuto stesso sono effettuate dalla prima assemblea, che il presidente della SACE S.p.A. convoca entro il 28 febbraio 2004. Sino all'insediamento degli organi sociali, la SACE S.p.A. è amministrata dagli organi di SACE in carica alla data del 31 dicembre 2003.

9. La SACE S.p.A. svolge le funzioni di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni, come definite dal CIPE ai sensi dell'art. 2, comma 3, del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni, e dalla disciplina dell'Unione Europea in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato. Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. nello svolgimento dell'attività assicurativa di cui al presente comma sono garantiti dallo Stato nei limiti indicati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato distintamente per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi. Il Ministro dell ' economia e delle finanze può, con uno o più decreti di natura non regolamentare, nel rispetto della disciplina dell'Unione Europea e dei limiti fissati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato, individuare le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi connessi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale. La garanzia dello Stato resta in ogni caso ferma per gli impegni assunti da SACE precedentemente all' entrata in vigore dei decreti di cui sopra in relazione alle operazioni ivi contemplate.

10. Le garanzie già concesse, alla data indicata nel comma 1, in base alle leggi 22 dicembre 1953, n. 1955, 5 luglio 1961, n. 635, 28 febbraio 1967, n. 131, 24 maggio 1977, n. 227, e al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, restano regolate dalle medesime leggi e dal medesimo decreto legislativo.

11. Alle attività che beneficiano della garanzia dello Stato si applicano le disposizioni di cui all' art. 2, comma 3, all'art. 8, comma 1, e all'art. 24 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni.

12. La SACE S.p.A. può svolgere l'attività assicurativa e di garanzia dei rischi di mercato come definiti dalla disciplina dell'Unione Europea. L'attività di cui al presente comma è svolta con contabilità separata rispetto alle attività che beneficiano della garanzia dello Stato o costituendo allo scopo una società per azioni. fu quest'ultimo caso la partecipazione detenuta dalla SACE S.p.A. non può essere inferiore al 30% e non può essere sottoscritta mediante conferimento dei crediti di cui al comma 3. L'attività di cui al presente comma non beneficia della garanzia dello Stato.

13. Le attività della SACE S.p.A. che non beneficiano della garanzia dello Stato sono soggette alla normativa in materia di assicurazioni private, incluse le disposizioni di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576.

14. La SACE S.p.A. può acquisire partecipazioni in società estere in casi direttamente e strettamente collegati all'esercizio dell'attività assicurativa e di garanzia ovvero per consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati. La SACE S.p.A. concorda con la Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST S.p.A.), di cui alla legge 24 aprile 1990, n. 100, l'esercizio coordinato dell' attività di cui al presente comma.

15. Per le attività che beneficiano della garanzia dello Stato, la SACE S.p.A. può avvalersi dell ' Avvocatura dello Stato, ai sensi dell' articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull ' ordinamento dell ' Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni e integrazioni.

16. Il controllo della Corte dei conti si svolge con le modalità previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

17. Sulla base di una apposita relazione predisposta dalla SACE S.p.A., il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce annualmente al Parlamento sull'attività svolta dalla medesima.

18. Gli utili di esercizio della SACE S.p.A., di cui è stata deliberata la distribuzione al Ministero dell' economia e delle finanze sono versati in entrata al bilancio dello Stato, ad eccezione di una quota pari al 10 per cento degli stessi che è versata nel conto corrente di Tesoreria di cui all'art. 7, comma 2 bis, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, per gli scopi e le finalità ivi previsti.

19. La trasformazione prevista dal comma 1 e il trasferimento di cui al comma 3 non pregiudicano i diritti e gli obblighi nascenti in capo allo Stato, alla SACE e ai terzi in relazione alle operazioni di cui all'articolo 7, commi 3 e 4, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e alle operazioni di cartolarizzazione e di emissione di obbligazioni, contrattualmente definite o approvate dal consiglio di amministrazione della SACE, con particolare riferimento ad ogni effetto giuridico. finanziario e contabile discendente dalle operazioni medesime per i soggetti menzionati nel presente comma. I crediti trasferiti ai sensi del comma 3, nei limiti in cui abbiano formato oggetto delle operazioni di cartolarizzazione e di emissione di obbligazioni di cui sopra, nonché gli altri rapporti giuridici instaurati in relazione alle stesse, costituiscono a tutti gli effetti patrimonio separato della SACE S.p.A. e sono destinati invia prioritaria al servizio delle operazioni sopra indicate. Su tale patrimonio separato non sono ammesse azioni da parte dei credi tori della SACE o della SACE S.p.A., sino al rimborso dei titoli emessi in relazione alle operazioni di cartolarizzazione e di emissione di obbligazioni di cui sopra. La separazione patrimoniale si applica anche in caso di liquidazione o insolvenza della SACE S.p.A.

20. La pubblicazione del presente articolo nella Gazzetta Ufficiale tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente. La pubblicazione tiene altresì luogo della pubblicità prevista dall'art. 2362 del codice civile, nel testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Sono esenti da imposte dirette e indirette, da tasse e da obblighi di registrazione le operazioni di trasformazione della SACE nella SACE S.p.A. e di successione di quest'ultima alla prima, incluse le operazioni di determinazione, sia in via provvisoria che in via definitiva, del capitale della SACE S.p.A.. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile i maggiori valori iscritti nel bilancio della medesima SACE S.p.A. in seguito alle predette operazioni; detti maggiori valori sono riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi e della imposta regionale sulle attività produttive. Il rapporto di lavoro del personale alle dipendenze della SACE al momento della trasformazione prosegue con la SACE S.p.A.

21. Dalla data di cui al comma 1 i riferimenti alla SACE contenuti in leggi, regolamenti e provvedimenti vigenti sono da intendersi riferiti alla SACE S.p.A., per quanto pertinenti. Nell'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 2000, n. 209, le parole: "vantati dallo Stato italiano" sono sostituite dalle seguenti: ,odi cui all'articolo 2 della presente legge".

22. Alla SACE S.p.A. si applica il d. lgs. 26 maggio 1997, n. 173, limitatamente alle disposizioni in materia di conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione.

23. L'articolo 7, comma 2 bis del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni e integrazioni, è sostituito dal seguente, con decorrenza dal 1 ° gennaio 2004:

"2-bis. Le somme recuperate, riferite ai credIti indennizzati dalla SACE inseriti negli accordi bilaterali intergovernativi di ristrutturazione del debito, stipulati dal Ministero degli affari esteri d' intesa con il Ministero dell ' economia e delle finanze, affluite sino alla data di trasformazione della SACE nella SACE S.p.A. nell'apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell' economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, restano di titolarità del Ministero dell ' economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro. Questi è autorizzato ad avvalersi delle disponibilità di tale conto corrente per finanziare la sottoscrizione di aumenti di capitale della SACE S.p.A. e per onorare la garanzia statale degli impegni assunti dalla SACE S.p.A., ai sensi delle disposizioni vigenti, nonché per ogni altro scopo e finalità connesso con l'esercizio dell'attività della SACE S.p.A. nonché con l'attività nazionale sull'estero, anche in collaborazione o coordinamento con le istituzioni finanziarie internazionali, nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica. Gli stanziamenti necessari relativi agli utilizzi del conto corrente sono determinati dalla legge finanziaria e iscritti nello stato di previsione del Ministero dell ' economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro".

24. Dalla data di cui al comma 1 gli articoli 1, 4, 5, 6, commi 1, 1-bis, 2 e 3, 7, commi 2, 3 e 4, 8, commi 2, 3 e 4, 9, 10, 11, commi 2, 3 e 4, e 12 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni ed integrazioni, sono abrogati, ma continuano ad essere applicati sino alla data di approvazione dello statuto della SACE S.p.A. La titolarità e le disponibilità del conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato ai sensi dell' articolo 8, comma 3, del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 143, sono trasferite alla SACE S.p.A., con funzioni di riserva, a fronte degli impegni assunti che beneficiano della garanzia dello Stato.

 
ARTICOLO N.7

(Riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie)

Art.7

1. Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Nei casi di cui al presente articolo le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n 472, si applicano in quanto compatibili.

 
ARTICOLO N.8

(Ruling internazionale)

Art.8

1. Le imprese con attività internazionale hanno accesso ad una procedura di ruling di standard internazionale, con principale riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties.

2. La procedura si conclude con la stipulazione di un accordo, tra il competente ufficio dell' Agenzia delle entrate e il contribuente, e vincola per il periodo d'imposta nel corso del quale l'accordo è stipulato e per i due periodi d'imposta successivi, salvo che intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti al fine delle predette metodologie e risultanti dall ' accordo sottoscritto dai contribuenti.

3. In base alla normativa comunitaria, l' amministrazione finanziaria invia copia dell ' accordo all'autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con i quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni.

4. Per i periodi d'imposta di cui al comma 2, l' Amministrazione finanziaria esercita i poteri di cui agli articoli 32 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, soltanto in relazione a questioni diverse da quelle oggetto dell' accordo.

5. La richiesta di ruling è presentata al competente ufficio, di Milano o di Roma, della Agenzia delle entrate, secondo quanto stabilito con provvedimento del direttore della medesima Agenzia.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

7. Agli oneri derivanti dal presente articolo, ammontanti a 5 milioni di euro a decorrere dal 2004, si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti dal presente decreto.

 
ARTICOLO N.9

(Riduzione oneri per garanzie relative a crediti IVA)

Art.9

1. All'articolo 38-bis, primo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: "per una durata pari" sono inserite le seguenti: "a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore,".

 
ARTICOLO N.10

(Attestazione dei crediti tributari)

Art. 10

1. Su richiesta dei creditori d'imposta intestatari del conto fiscale, l' Agenzia delle entrate è autorizzata ad attestare la certezza, la liquidità e l' esigibilità del credito, nonché la data indicativa di erogazione del rimborso. L'attestazione può avere ad oggetto anche importi da rimborsare secondo modalità diverse da quelle previste dal titolo II del regolamento adottato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, 28 dicembre 1993, n. 567.

 
ARTICOLO N.11

(Premio di quotazione in borsa)

Art. 11

1. Per le società le cui azioni sono ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione europea successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2004, l'aliquota dell'imposta sul reddito è ridotta al 20 per cento per il periodo d'imposta nel corso del quale è stata disposta l'ammissione alla quotazione e per i due periodi d' imposta successivi, a condizione che le azioni delle predette società non siano state precedentemente negoziate in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione Europea e che le società effettuino, al fine di ottenere l'ammissione alla quotazione, un'offerta di sottoscrizione di proprie azioni che dia luogo ad un incremento del patrimonio netto non inferiore al 15 per cento del patrimonio netto risultante dal bilancio relativo all'esercizio precedente a quello di inizio dell'offerta, al netto dell'utile di esercizio.

2. Il reddito complessivo netto dichiarato è assoggettabile ad aliquota ridotta ai sensi del comma per un importo complessivo fino a 30 milioni di euro.

3. Se le azioni di cui al comma 1 sono escluse dalla quotazione, fuori del caso previsto dall'art. 133 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, l'agevolazione di cui al comma 1 si applica soltanto per i periodi d'imposta chiusi prima della revoca.

4. Per i periodi d'imposta in cui è applicabile l'agevolazione di cui al comma l, alle società ivi indicate non si applica l'agevolazione di cui all'art. 1 e seguenti del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466. Tuttavia tali società possono optare per l'applicazione di quest'ultima agevolazione, in luogo di quella di cui al comma 1.

 
ARTICOLO N.12

(Riduzione dell'aliquota dell'imposta per gli organismi di investimento collettivo dei valori mobiliari (OICVM) specializzati in società quotate di piccola e media capitalizzazione)

Art. 12

1. Nel terzo periodo del comma 1 degli articoli 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, sull' istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare, 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, recante la disciplina del regime tributario dei fondi comuni esteri di investimento mobiliare, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.84, recante la disciplina del regime tributario delle SICA V, e 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344, sull'istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare chiusi, le parole: "nonché le ritenute del 12,50 per cento previste" sono sostituite dalle seguenti: "nonché le ritenute del 12,50 per cento e del 5 per cento previste".

2. Nel comma 2 dell'art. 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, sull'istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare, e nel comma 2 dell'art. 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, recante la disciplina del regime tributario dei fondi comuni esteri di investimento mobiliare, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: "La predetta aliquota è ridotta al 5 per cento, qualora il regolamento del fondo preveda che non meno dei due terzi del relativo attivo siano investiti in azioni ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione Europea di società di piccola o media capitalizzazione e, decorso il periodo di un anno dalla data di avvio o di adeguamento del regolamento alla presente disposizione, il valore dell' investimento nelle azioni delle predette società non risulti inferiore, nel corso dell'anno solare, ai due terzi del valore dell'attivo per più di un sesto dei giorni di valorizzazione del fondo successivi al compimento del predetto periodo; il valore dell'attivo è rilevato dai prospetti periodici del fondo al netto dell'eventuale risparmio d'imposta, ricollegabile ai risultati negativi della gestione, contabilizzato nei prospetti medesimi. Devono essere tenuti a disposizione dell ' Amministrazione finanziaria fino alla scadenza dei termini stabiliti dall' art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche su supporto informatico, appositi prospetti contabili che consentano di verificare l'osservanza del requisito minimo d'investimento previsto dal periodo precedente. Ai predetti effetti per società di piccola o media capitalizzazione s' intendono le società con una capitalizzazione di mercato non superiore a 800 milioni di euro determinata sulla base dei prezzi rilevati l'ultimo giorno di quotazione di ciascun trimestre solare. Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio netto del fondo alla fine dell'anno al lordo dell'imposta sostitutiva accantonata, aumentato dei rimborsi e dei proventi eventualmente distribuiti nell'anno e diminuito delle sottoscrizioni effettuate nell'anno, il valore del patrimonio netto del fondo all'inizio dell'anno, i proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva e il 60 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo del risparmio di cui al quarto periodo del comma 1 dell'art. 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, nonché i proventi esenti e quelli soggetti a ritenuta a titolo d'imposta".

3. Nel comma 2 dell'articolo 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344, recante la disciplina dei fondi comuni d' investimento mobiliare chiusi, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: "La predetta aliquota è ridotta al 5 per cento, qualora il regolamento del fondo preveda che non meno dei due terzi del relativo attivo siano investiti in azioni ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione Europea di società Q i piccola o media capitalizzazione e, decorso il periodo di un anno dalla data di avvio o di adeguamento del regolamento alla presente disposizione, il valore dell ' investimento nelle azioni delle predette società non risulti inferiore, nel corso dell'anno solare, ai due terzi del valore dell'attivo per più di due mesi successivi al compimento del predetto periodo; il valore dell'attivo è rilevato dai prospetti del fondo al netto dell'eventuale risparmio d'imposta, ricollegabile ai risultati negativi della gestione, contabilizzato nei prospetti medesimi. Devono essere tenuti a disposizione dell' Amministrazione finanziaria fino alla scadenza dei termini stabiliti dall'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche su supporto informatico, appositi prospetti contabili che consentano di verificare l' osservanza del requisito minimo d'investimento previs

• COOPERATIVE R.D. 28 APRILE 1938 N. 1165
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20 • Gennaio • 2014

Epigrafe

Regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (in Supplem. alla Gazz. Uff., 5 agosto, n. 177). -- Approvazione del testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica.

Testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica.
 


DECRETO [ parte 1 di 2]

ARTICOLO UNICO

Articolo unico.

-- é approvato l'annesso testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica, visto, d'ordine nostro, dal ministro proponente.

 
ARTICOLO N.1
Art. 1.

I prestiti per la costruzione o l'acquisto di case popolari od economiche possono, oltre che da privati e da società, essere consentiti dai seguenti istituti ed enti, anche in deroga alle leggi speciali ed agli statuti che li regolano;

1° tutte indistintamente le casse di risparmio ordinarie;
2° le banche popolari e le società cooperative di credito;
3° i monti di pegno;
4° le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
5° gli enti morali legalmente riconosciuti;
6° le società di mutuo soccorso legalmente costituite;

7° l'istituto nazionale fascista della previdenza sociale e l'istituto nazionale fascista per l'assicurazione contro gli infortuni nel lavoro;

8° gli istituti di credito fondiario;
9° l'istituto nazionale delle assicurazioni;

10° la sezione autonoma di credito fondiario della banca nazionale del lavoro, anche emissione di obbligazioni, in conformità al Regio Decreto-legge 2 dicembre 1923, n. 2688, e al Regio Decreto-legge 8 gennaio 1925, n. 372, convertiti rispettivamente nelle leggi 17 aprile 1925, n. 473, e 18 dicembre 1927, n. 2416;

11° l'istituto nazionale di previdenza e credito delle comunicazioni di cui al Regio Decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2574, convertito nella legge 31 maggio 1928, n. 1351;

12° l'istituto nazionale di credito edilizio di cui al Regio Decreto-legge 2 maggio 1920, n. 698, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473;

13° gli istituti e le società di credito edilizio di cui al Regio Decreto-legge 4 maggio 1924, n. 993, convertito nella legge 11 febbraio 1926, n. 255.

 
ARTICOLO N.2
Art. 2.

L'istituto nazionale fascista della previdenza sociale può erogare in prestiti per case popolari od economiche ed in conferimenti al capitale della sezione autonoma di credito fondiario della banca nazionale del lavoro, somme sino al limite stabilito dalle norme che regolano l'istituto medesimo.

Il predetto istituto può concedere mutui ai comuni per la costruzione di case popolari, anche per conto di istituti autonomi, con le garanzie e con i privilegi stabiliti per i mutui consentiti della cassa depositi e prestiti.

 
ARTICOLO N.3
Art. 3.

L'istituto di emissione e le casse di risparmio ordinarie possono fare anticipazioni sulle obbligazioni emesse dalla sezione di credito fondiario della banca nazionale del lavoro.

Le casse di risparmio ordinarie, la cassa depositi e prestiti e tutti gli istituti elencati nell'art. 1, singolarmente o riuniti in consorzio, possono acquistare le dette obbligazioni.

Gli enti morali, le società e gli istituti cui è fatto obbligo, per legge, di impiegare in tutto od in parte il proprio patrimonio in titoli emessi o garantiti dallo Stato, sono autorizzati ad acquistare, come impiego, le obbligazioni emesse dalla sezione. Queste possono essere accettate come deposito cauzionale dalle pubbliche amministrazioni per un valore non superiore ai nove decimi del valore di borsa.

 
ARTICOLO N.4
Art. 4.

La cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere mutui ai comuni che intraprendano direttamente la costruzione di case popolari, nonchè agli istituti autonomi per case popolari, a condizione che gli alloggi siano dati esclusivamente in affitto. I mutui concessi agli istituti per case popolari debbono essere assunti e garantiti dal comune interessato ai sensi delle leggi che disciplinano la cassa.

I mutui contratti dai comuni con la cassa depositi e prestiti e con gli istituti indicati nell'art. 1, per conto proprio o per conto di istituti autonomi per case popolari, sono soggetti alle modalità e limitazioni previste dalle disposizioni della legge comunale e provinciale.

La cassa depositi e prestiti può, altresì, concedere mutui all'istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato di cui al titolo IV della parte seconda, con le norme vigenti per tale istituto, nonchè alle cooperative per costruzione di case popolari od economiche a proprietà individuale od indivisa, composte di impiegati e pensionati dello Stato ed ai loro soci, purchè i prestiti siano garantiti con prima ipoteca.

Per la concessione dei mutui non occorre la formale deliberazione di accettazione da parte dell'ente mutuatario se quella di contrattazione contenga tutti gli elementi prescritti per i mutui della cassa. Salvo accertamento della proprietà e libertà degli immobili ipotecati dagli enti che hanno ottenuto od otterranno mutui ipotecari della cassa, l'accettazione delle ipoteche da parte di questa è rappresentata dal provvedimento di concessione del mutuo.

I mutui di cui al presente articolo, da ammortizzarsi in un periodo non superiore ad anni 50, sono concessi in base alle disposizioni che regolano quelli della cassa depositi e prestiti, al saggio di interesse stabilito annualmente dal ministro per le finanze pei mutui di favore col concorso dello Stato, ivi compresi i contributi erariali ai sensi del presente testo unico.

 
ARTICOLO N.5
Art. 5.

L'ammortamento dei mutui concessi dalla cassa depositi e prestiti a cooperative edilizie a proprietà individuale, ha inizio dal 1° gennaio o dal 1° luglio immediatamente successivo alla data in cui il fabbricato sia dichiarato abitabile.

 
ARTICOLO N.6
Art. 6.

La cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere, alle stesse condizioni previste dall'art. 4, i mutui occorrenti al ministero dell'Africa italiana per costruire nelle colonie, case popolari od economiche, da fabbricarsi in fitti al personale civile e militare dipendente dallo Stato ed avente ivi residenza.

Detti mutui, esenti da tassa di concessione governativa e da rilascio di delegazioni, vengono assunti con decreti del ministro per l'Africa italiana e posti in ammortamento con decorrenza dall'anno successivo alla dichiarata abitabilità delle case.

Per il periodo di tempo precedente l'inizio dell'ammortamento, alla cassa depositi e prestiti spettano gli interessi sulle somme corrisposte secondo la legge del suo istituto.

La somministrazione è effettuata a seconda del bisogno, su richiesta del ministero dell'Africa italiana nelle forme e con le modalità indicate nella richiesta medesima.

Le quote di ammortamento del capitale mutuato e quelle d'interesse al netto del contributo erariale, sono pagate ogni anno, entro il 23 giugno, alla cassa depositi e prestiti, dal ministero dell'Africa italiana a carico dei bilanci coloniali.

Con decreto del ministro per l'Africa italiana, di concerto col ministro per le finanze, vengono stanziate nel bilancio delle singole colonie le somme necessarie per tali pagamenti.

 
ARTICOLO N.7
Art. 7.

Qualora da parte di cooperative mutuatarie della cassa depositi e prestiti siasi proceduto alla costruzione di più fabbricati, il cui fabbisogno, in seguito ad ampliamento del programma costruttivo o per effetto di simultaneo inizio delle costruzioni e della conseguente maggiore spesa occorsa, non trovi copertura nei mutui concessi e per l'ultimazione dei fabbricati stessi si rendano necessari ulteriori cospicui finanziamenti da parte della cassa predetta, può disporsi, con provvedimento insindacabile dei ministri per le finanze e pei lavori pubblici, la devoluzione di uno o più fabbricati all'istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato in Roma ovvero ad istituti autonomi per case popolari.

In tal caso resta salvo il diritto dei soci delle cooperative ad ottenere in locazione, secondo l'ordine rispettivo di prenotazione, gli appartamenti compresi nei fabbricati come sopra devoluti, con assoluta preferenza nei confronti di qualsiasi altro aspirante ad alloggio dell'istituto cessionario.

 
ARTICOLO N.8
Art. 8.

Le cooperative mutuatarie della cassa depositi e prestiti che abbiano venduto o vendano, nei modi di legge, aree esuberanti o locali non destinati ad uso di abitazione, oltre all'obbligo di versare alla cassa medesima la somma corrispondente al prezzo di acquisto delle aree od al costo di costruzione dei locali venduti, devono, altresì, versarle il maggior provento ricavato dalla vendita.

Tuttavia è data facoltà alle cooperative di destinare il maggior provento alla esecuzione dei lavori approvati dal ministero dei lavori pubblici ovvero ad altre spese necessarie alla gestione sociale, previa autorizzazione dello stesso ministero d'intesa con la cassa depositi e prestiti.

Le norme del precedente comma sono applicabili ad altri proventi quali quelli ricavati o ricavabili da vendita di beni mobili, come materiali esuberanti o di rifiuto.

Le somme che, per effetto del presente articolo, sono versate alla cassa depositi e prestiti, vanno a diminuzione del mutuo individuale di tutti i soci in quote proporzionali.

 
ARTICOLO N.9
Art. 9.

Nei fabbricati di cooperative mutuatarie della Cassa depositi e prestiti, possono adibirsi, ove ricorrano speciali circostanze che lo giustifichino, locali ad uso di botteghe e di magazzini, previa autorizzazione del ministero dei lavori pubblici e della cassa predetta.

Con preventiva autorizzazione può anche procedersi alla vendita di detti locali, impiegandone il ricavato secondo il disposto dell'art. 8, oppure allo affitto di essi devolvendo i relativi canoni al fondo per spese generali.

 
ARTICOLO N.10
Art. 10.

La cassa depositi e prestiti è autorizzata a mutuare all'amministrazione delle ferrovie dello Stato i fondi occorrenti per la concessione di mutui a società cooperative per la costruzione di case popolari od economiche, costituite fra il personale di ruolo ed i pensionati delle ferrovie stesse.

Ai mutui suddetti si applicano le disposizioni di cui all'art. 4.

L'annualità di ammortamento e dei relativi interessi al netto del contributo erariale è iscritta, anno per anno, nel bilancio dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato e pagata alla cassa depositi e prestiti entro il 25 giugno.

Il tasso d'interesse e tutti i rapporti derivanti dalla concessione del mutuo, fra l'amministrazione delle ferrovie dello Stato e le cooperative, sono regolati dalle disposizioni che disciplinano i mutui concessi direttamente dalla cassa depositi e prestiti alle cooperative da essa finanziate.

Per la concessione dei mutui di cui sopra e per la gestione dei capitali mutuati, sono istituiti speciali conti correnti ai sensi dell'art. 11.

 
ARTICOLO N.11
Art. 11.

L'amministrazione delle ferrovie dello Stato è autorizzata a mutuare, in aggiunta alle somme già concesse alle società cooperative edilizie tra il personale ferroviario, un'altra somma fino alla concorrenza di lire 5.000.000 da prelevarsi dalla disponibilità del fondo pensioni e sussidi del personale stesso e da assegnarsi a cooperative le quali siano state già finanziate da istituti privati di credito ed ora abbiano necessità di nuovi fondi per completare costruzioni in corso o per soddisfare obbligazioni contratte in relazione al loro programma costruttivo.

I nuovi mutui fruttiferi in ragione del 5 per cento annuo e ammortizzabili in non più di 50 anni, sono concessi alle condizioni e cautele da stabilirsi, nell'interesse del fondo pensioni e sussidi anzidetto, dal ministro per le comunicazioni.

Per la gestione dei mutui suindicati e di quelli già concessi sullo stesso fondo o ad esso devoluti, è istituito, fra l'amministrazione delle ferrovie e la cassa depositi e prestiti, uno speciale conto corrente nel quale sono iscritti i prelevamenti per mutui autorizzati ed i versamenti annuali per interessi e quote di ammortamento.

Altro conto corrente è istituito fra l'amministrazione delle ferrovie dello Stato e ciascuna cooperativa mutuataria per i pagamenti e per le riscossioni, in esse compresa una quota del 0,10 per cento per spese generali sull'ammontare dei capitali mutuati.

Le cooperative mutuatarie tengono, in confronto di ciascun socio assegnatario, apposito conto corrente individuale dove vengono iscritti il costo dell'alloggio ed i versamenti mensili effettuati per interessi e quote di ammortamento.

 
ARTICOLO N.12
Art. 12.

I soci che alla data del 1° ottobre 1925 facevano parte di cooperative le quali, per non avere conseguito entro il 31 dicembre stesso anno il finanziamento occorrente alle costruzioni, siano incorse nella rescissione del contratto di mutuo già concluso coll'amministrazione delle ferrovie dello Stato per l'acquisto delle aree, hanno un diritto preferenziale nella concessione degli alloggi in case economiche che l'amministrazione costruisca su dette aree divenute di sua proprietà.

Uguale diritto è riservato ai soci delle cooperative dalle quali l'amministrazione delle ferrovie dello Stato abbia rilevato oltre alle aree anche le costruzioni in corso per adattarle e completarle ad uso di case economiche per ferrovieri.

I soci possono esercitare il diritto preferenziale in base all'ordine d'iscrizione nel libro sociale, purchè siano in attività di servizio al momento della concessione, con l'osservanza delle norme che disciplinano l'esercizio di dette case.

 
ARTICOLO N.13
Art. 13.

Previa autorizzazione da darsi, volta per volta, dal ministro per le finanze, la cassa depositi e prestiti, nel deliberare a favore di cooperative edilizie composte di impiegati e pensionati dello Stato esistenti nelle province lombarde e nel comune di Roma, la concessione dei mutui per i quali esse abbiano già ottenuto il contributo erariale, può valersi anche delle somme che saranno all'uopo anticipate dalla cassa di risparmio delle province lombarde all'interesse annuo del 5 per cento, netto in ogni tempo e modo per la cassa medesima. Per tali operazioni la cassa di risparmio è autorizzata a derogare alle disposizioni ed alle limitazioni del suo statuto fondamentale e successive modificazioni.

Agli effetti della regolazione dei rapporti fra cassa depositi e prestiti e cassa di risparmio, le disposizioni del presente articolo e quelle dell'art. 14, sostituiscono, ad ogni effetto, la formale convenzione.

Le eventuali particolarità che occorresse definire, sono stabilite fra i due istituti per semplice corrispondenza.

 
ARTICOLO N.14
Art. 14.

Le somme di cui all'art. 13 sono dalla cassa depositi e prestiti somministrate alle cooperative mutuatarie al saggio da stabilirsi a termine dell'art. 4 dopo concessi i singoli mutui e costituita, da parte delle singole cooperative, la garanzia ipotecaria.

La cassa depositi e prestiti, ottenuto il nulla osta dal ministero dei lavori pubblici, richiama i fondi dalla cassa di risparmio delle province lombarde ed effettua, in conto dei mutui stessi, la emissione dei mandati da intestarsi alle cooperative mutuatarie.

Le somme anticipate dalla cassa di risparmio vengono iscritte in apposito conto corrente e fruttano alla cassa stessa l'interesse di cui all'art. 13, con decorrenza dal giorno dell'invio alla cassa depositi e prestiti.

Gli interessi dovuti sulle effettuate somministrazioni, sono capitalizzati al saggio del 5 per cento e quindi portati in aumento al capitale versato nel conto corrente. Il ministero dei lavori pubblici provvede al contributo erariale anche sulle somme capitalizzate.

La cassa depositi e prestiti ammortizza in dieci annualità uguali, comprensive di capitale e interesse, le somme anticipate dalla cassa di risparmio, aumentate degli interessi capitalizzati.

Il capitale del mutuo, da estinguersi dalle cooperative, si determina aggiungendo al totale delle somministrazioni fatte, aumentato degli interessi capitalizzati, la somma derivante dalla differenza fra il saggio corrisposto alla cassa di risparmio e quello percepito dalla cassa depositi e prestiti.

Alle cooperative edilizie, come sopra finanziate, la cassa depositi e prestiti è autorizzata a fare anticipazioni di somme nonchè a concedere, in quanto occorrano, con propri fondi, supplementi di mutuo necessari alla ultimazione delle case, subordinatamente alla preventiva assegnazione del correlativo contributo erariale.

 
ARTICOLO N.15
Art. 15.

La cassa depositi e prestiti è autorizzata, in corrispondenza ai versamenti eseguiti dalla cassa di risparmio delle province lombarde per mutui suppletivi a favore di cooperative edilizie tra impiegati e pensionati dello Stato che già ebbero mutui principali sui fondi della suddetta cassa di risparmio, a rilasciare alla medesima certificati di credito che potranno essere accettati in cauzione per contratti di appalto di esattorie e tesorerie comunali e di ricevitorie e casse provinciali, pel valore capitale pari a quello attuale risultante dal piano di ammortamento del mutuo corrispondente concesso dalla cassa depositi e prestiti.

 
ARTICOLO N.16
Art. 16.

Sono ammessi a contrarre mutui allo scopo di costruire od acquistare case popolari od economiche, oltre che i privati:

1° l'istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato;

2° i comuni che provvedano direttamente alla costruzione di case popolari;

3° gli istituti autonomi per case popolari;
4° le gestioni speciali di cui all'art. 22 ultimo comma;

5° le società di assistenza e di beneficenza che provvedano agli alloggi per i poveri;

6° gli enti pubblici che si propongano di costruire case da locare ai loro impiegati e salariati;

7° le società cooperative per la costruzione e l'acquisto di case popolari od economiche a favore dei propri soci;

8° le società cooperative di credito e le società di mutuo soccorso, che si uniformino alle disposizioni del presente testo unico e che istituiscano sezioni speciali con norme statutarie e con gestione e contabilità distinte e separate, per costruire od acquistare case popolari od economiche a vantaggio dei propri soci;

9° i soci delle società menzionate nei precedenti n. 7 ed 8.

Il beneficio del mutuo non può essere accordato ai privati, nonchè alle società di cui ai precedenti n. 7, 8 e 9, per l'acquisto di case di vecchia costruzione: e tali si considerano quelle dichiarate abitabili ovvero effettivamente abitate da oltre quattro anni.

 
ARTICOLO N.17
Art. 17.

I soci delle cooperative di cui al n. 2 dell'art. 1 ed ai n. 7 ed 8 dell'art. 16, non possono avere una quota sociale superiore a lire 30.000 o tante azioni il cui valore nominale superi tale somma. Il valore nominale dell'azione per le cooperative costituite posteriormente al 12 marzo 1927 non può superare le lire 500 nè essere inferiore a lire 100.

Le cooperative o le sezioni per case popolari od economiche, devono stabilire nei loro statuti che il dividendo annuo agli azionisti non possa superare il 5 per cento del capitale effettivamente versato e che, in caso di loro cessazione, l'intero patrimonio, dedotto soltanto il rimborso del capitale effettivamente versato, sia da assegnarsi a scopi di pubblica utilità dei quali è competente a giudicare l'amministrazione finanziaria conformemente al disposto dell'art. 66, n. 3, della legge del registro 30 dicembre 1923, n. 3269.

Le cooperative devono, entro trenta giorni dall'adempimento delle formalità di trascrizione ed affissione prescritte dagli art. 91, 96, 180 e 194 del codice di commercio, depositare gli atti sociali al ministero delle corporazioni per la pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni.

 
ARTICOLO N.18
Art. 18.

Trascorsi i 30 giorni dall'adempimento delle formalità di trascrizione ed affissione previste dall'art. 17, le cooperative non possono più godere, per gli atti successivamente compiuti, delle agevolazioni tributarie concesse dalle leggi sul registro e bollo, fino a che non abbiano ottemperato al deposito degli atti al ministero delle corporazioni.

Egualmente le cooperative che non effettuino, nei termini di legge, il deposito alla cancelleria del tribunale degli atti previsti dagli art. 91, 96, 180, 194 del codice di commercio, non possono usufruire, per gli atti successivamente compiuti, delle anzidette agevolazioni tributarie, fino a che non abbiano ottemperato al deposito degli atti stessi.

Le cooperative sono dispensate dall'obbligo di pubblicare l'estratto degli atti sociali nel Foglio degli annunzi giudiziari.

 
ARTICOLO N.19
Art. 19.

L'approvazione delle norme statutarie della sezione speciale di una società di mutuo soccorso, quando si tratti di società operaia legalmente riconosciuta giusta la legge 15 aprile 1886, n. 3818, deve seguire secondo le norme stabilite dalla legge stessa; e quando si tratti di società autorizzata con Regio Decreto è data pure con Regio Decreto. Nel primo caso le norme statutarie devono riportare anche il visto del ministro per le corporazioni che lo rilascia dopo averne accertata la conformità alle disposizioni di legge.

 
ARTICOLO N.20
Art. 20.

Il ministro per le corporazioni, qualora le società e le sezioni costituende, nonchè le sezioni delle società di mutuo soccorso, di cui all'articolo 19, non risultino informate a sincere finalità cooperative, rifiuta il riconoscimento legale.

Può il ministro stesso privare di tutti i benefici relativi al legale riconoscimento quelle società ovvero quelle sezioni che funzionino irregolarmente, in contrasto alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle proprie norme statutarie od ai principii della cooperazione. Nel caso, però, di società ovvero di sezioni fruenti di contributo erariale, la privazione dei benefici inerenti all'avvenuto riconoscimento è di spettanza del ministro per i lavori pubblici, il quale può addivenirvi, previo parere della commissione di vigilanza sull'edilizia popolare, e di concerto col ministro per le finanze.

 
ARTICOLO N.21
Art. 21.

Quando sia riconosciuto il bisogno di alloggi per le classi meno agiate, i comuni sono autorizzati, oltre che a concorrere nella dotazione di istituti per case popolari, a provvedere alla costruzione di case popolari soltanto per darle a pigione conformandosi alle leggi vigenti e a tutte le norme che disciplinano l'assunzione diretta di pubblici servizi, od in economia, ai sensi dell'art. 15 della legge 15 ottobre 1925, n. 2578.

I comuni sono autorizzati, con le cautele indicate nel comma precedente, a imprendere la costruzione di alberghi popolari da affittare per dimora giornaliera e di dormitori pubblici ad uso gratuito.

Le deliberazioni delle amministrazioni comunali, da approvarsi dalla autorità tutoria, devono essere accompagnate da dimostrazione della esistenza delle condizioni di fatto che le hanno determinate nonchè dal piano tecnico-finanziario dell'operazione e della disponibilità dei mezzi per effettuarla.

Nel computo delle pigioni deve tenersi conto del frutto del capitale investito, di tutte le spese di amministrazione, riparazione e manutenzione ordinaria e straordinaria, delle imposte, sovraimposte e tasse generali e locali, degli oneri dipendenti dai regolamenti locali, del deperimento, delle spese di assicurazione contro gli incendi e delle perdite per sfitti eventuali.

 
ARTICOLO N.22
Art. 22.

Con Regio Decreto può essere costituito in ciascun capoluogo di provincia un istituto autonomo provinciale per le case popolari che svolgerà la propria attività a beneficio delle classi meno agiate in tutti i comuni della provincia nei quali se ne manifesti il bisogno. A tale fine l'istituto provinciale potrà, con preventiva approvazione del ministro per lavori pubblici, costituire sezioni per case popolari nonchè sezioni per case economiche con gestioni e bilanci separati.

L'istituto provinciale prenderà la denominazione di "Istituto fascista autonomo per le case popolari della provincia di .....".

Gli enti di diritto pubblico che esplicano nel territorio del regno attività industriale estrattiva di interesse nazionale ai fini dell'autarchia economica e che per le condizioni locali dell'esercizio della loro industria si trovino nella necessità di provvedere agli alloggi degli operai nei pressi degli stabilimenti, possono chiedere al ministero dei lavori pubblici il riconoscimento delle gestioni speciali che abbiano costituito o costituiscano per la costruzione o per l'acquisto di case popolari, da concedersi in locazione agli operai stessi.

 
ARTICOLO N.23
Art. 23.

Nei capoluoghi di provincia dove già esistono regolarmente costituiti enti od istituti per case popolari questi, con decreto del ministro per lavori pubblici, sono riconosciuti come istituti autonomi provinciali conservando le eventuali sezioni per case economiche ed assumendo la denominazione di cui al comma secondo dell'art. 22.

Il ministro pei lavori pubblici può altresì riconoscere, con suo decreto, come sezioni dell'istituto provinciale gli enti od istituti per case popolari esistenti in altri comuni della provincia, ed eventuali sezioni per case economiche. Possono invece detti enti od istituti essere messi in liquidazione coatta mediante Regio Decreto, su proposta dello stesso ministro, quando non abbiano sufficienti attività per far fronte ai loro impegni. Ed in tal caso sono applicabili le norme del Regio Decreto-legge 13 agosto 1926, n. 1554, convertito nella legge 16 giugno 1927, n. 1274.

Col decreto di costituzione o di riconoscimento degli istituti provinciali si provvede anche all'approvazione del nuovo statuto organico il quale, salvo gli emendamenti o le aggiunte necessarie in rapporto alle particolari esigenze locali e condizioni di ciascuno istituto, deve riportare le norme di uno statuto-tipo che è emanato con decreto reale su proposta del ministro pei lavori pubblici.

Il riconoscimento delle gestioni speciali di cui all'ultimo comma dell'art. 22, è dato con decreto reale su proposta del ministro pei lavori pubblici, di concerto col ministro per le finanze, ed importa l'estensione alle gestioni stesse, a tutti gli effetti, delle disposizioni riguardanti gli istituti autonomi provinciali per le case popolari, in quanto applicabili.

 
ARTICOLO N.24
Art. 24.

Qualora nello stesso capoluogo di provincia o in uno stesso comune esista più di un ente od istituto per case popolari, ove se ne ravvisi l'opportunità e la convenienza, può esserne disposta la fusione.

In caso diverso è in facoltà del ministro pei lavori pubblici stabilire quale di tali enti od istituti debba assumere la funzione di istituto provinciale o di sezione di esso, conservando gli altri la propria personalità giuridica.

 
ARTICOLO N.25
Art. 25.

Con decreto del ministro pei lavori pubblici, di concerto con quello per l'interno, possono essere incorporati negli istituti autonomi provinciali o nelle rispettive sezioni anche le gestioni comunali o provinciali per le case popolari, sempre che sia riconosciuto avere esse sufficienti attività per far fronte ai loro impegni ed essere in grado di svolgere proficua attività.

Il ministro pei lavori pubblici, con suo decreto, può pure disporre l'incorporazione negli istituti provinciali delle gestioni speciali attualmente esistenti presso le società di assistenza e beneficenza e presso le società di mutuo soccorso di cui all'art. 16, n. 5 ed 8.

Nell'uno e nell'altro caso è richiesto per la incorporazione il preventivo parere del presidente dell'istituto provinciale.

 
ARTICOLO N.26
Art. 26.

Nel caso in cui, ai sensi dell'art. 23, enti od istituti siano riconosciuti come istituti autonomi provinciali o come sezioni locali, i detti istituti provinciali e le dette sezioni si considerano di diritto cessionari di tutti i diritti, ragioni ed azioni di qualsiasi genere, giudiziari o non, senza eccezione alcuna, di tutte le proprietà mobiliari od immobiliari, titoli o crediti e di quant'altro sia di spettanza degli enti od istituti preesistenti e ne assumono tutte le obbligazioni passive con impegno di soddisfarle nel loro importo integrale.

Le disposizioni predette valgono altresì nei casi di fusione di cui all'articolo 24 e nei casi in cui, ai sensi dell'art. 25, le gestioni comunali o provinciali o le gestioni speciali per case popolari siano incorporate negli istituti provinciali o nelle sezioni locali.

Gli atti relativi ai trasferimenti di proprietà e di crediti di cui al presente articolo sono registrati con tassa fissa ed a tassa fissa sono pure soggette le formalità ipotecarie e le volture catastali, salvo gli emolumenti spettanti ai conservatori.

I fabbricati di pertinenza degli istituti di case popolari, già costruiti o in costruzione, con specifica destinazione ai fini indicati nell'art. 22, ultimo comma, sono trasferiti insieme con tutte le aree, i diritti e gli oneri ad essi pertinenti al patrimonio delle gestioni speciali riconosciute ai sensi dell'art. 23, ultimo comma. Per tali trasferimenti valgono, in quanto applicabili, le disposizioni del presente testo unico stabilite per gli istituti autonomi provinciali.

 
ARTICOLO N.27
Art. 27.

Il presidente dei singoli istituti autonomi provinciali è nominato con decreto reale su proposta del ministro pei lavori pubblici. Con lo stesso decreto potrà essere nominato un vice-presidente il quale sostituirà il presidente nei casi d'impedimento o di assenza.

Lo statuto di cui all'art. 23 determinerà: il numero dei componenti il consiglio di amministrazione, comunque non inferiore a cinque; il numero dei sindaci incaricati della revisione delle gestioni: le modalità della loro nomina ed eventualmente le categorie entro le quali devono essere scelti.

Il presidente, il vice-presidente ed i consiglieri durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati.

Le attribuzioni del presidente e del consiglio di amministrazione sono precisate da norme emanate dal governo del Re.

 
ARTICOLO N.28
Art. 28.

Con Regio Decreto, su proposta del ministro pei lavori pubblici di concerto con quello per le finanze, è costituito un consorzio nazionale fra gli istituti autonomi provinciali con lo scopo di promuovere e coordinare l'azione degli istituti stessi. Al detto consorzio partecipano anche gli enti ed istituti che abbiano conservata la propria personalità giusta il disposto del secondo comma dell'art. 24.

Con lo stesso decreto si provvede all'ordinamento del consorzio e alla determinazione delle sue funzioni e dei suoi rapporti sia con lo Stato sia con i singoli consociati.

Il consorzio ha personalità giuridica e facoltà d'imporre a tutti i partecipanti un contributo annuo nella misura che, dietro sua proposta, viene, anno per anno, fissata con decreto del ministro pei lavori pubblici di concerto con quello delle finanze.

 
ARTICOLO N.29
Art. 29.

Può essere data facoltà agli istituti per case popolari di sostituirsi, riscattandone le attività, alle cooperative edilizie non fruenti di contributo erariale, con organizzazione insufficiente, non informate ai principii cooperativi o che non abbiano i mezzi adeguati per condurre a termine il loro programma.

Le proposte per tali sostituzioni sono avanzate, con la necessaria documentazione, dagli istituti predetti al ministro per le corporazioni, il quale, di concerto con quello per i lavori pubblici, decide in merito prescrivendo le relative modalità.

 
ARTICOLO N.30
Art. 30.

I comuni, gli istituti nonchè le società ed istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nelle nuove locazioni di case popolari, escluse le rinnovazioni, devono dare preferenza ai meno agiati.

Nel caso di più concorrenti, a parità di altre condizioni, debbono essere preferiti i coniugati con prole a quelli senza prole, e questi ultimi ai non coniugati.

Il criterio preferenziale demografico di cui al precedente comma si applica, a parità di condizioni, anche nelle nuove locazioni, escluse le rinnovazioni, od attribuzioni di case economiche.

 
ARTICOLO N.31
Art. 31.

Salvo il disposto dell'art. 100, non possono essere assegnate in locazione od in proprietà le case popolari od economiche site nel capoluogo del comune a chi sia ivi proprietario di fabbricati iscritti al catasto urbano il cui reddito imponibile, accertato o presunto, sia superiore a lire 1800.

 
ARTICOLO N.32
Art. 32.

Gli istituti per case popolari, riconosciuti a sensi di legge, nella ipotesi di mancato pagamento di rate di fitto, possono richiedere lo sfratto dell'inquilino moroso con ricorso al conciliatore, al pretore od al presidente del tribunale, rispettivamente competenti, a norma del codice di procedura civile, a conoscere dell'azione per pagamento e sfratto.

Al ricorso dev'essere unita una dichiarazione del presidente dell'istituto il quale, sotto la sua personale responsabilità, attesti la morosità dell'inquilino e deve anche essere presentato il contratto di affitto debitamente registrato perchè sia possibile fruire delle agevolazioni previste dall'art. 33.

Il giudice, mediante decreto in calce al ricorso, ingiunge al debitore di pagare entro il termine di 10 giorni dalla notificazione, trascorso il quale, in caso di inadempienza, si procede allo sfratto.

Il decreto è titolo per procedere sia alla esecuzione sui beni mobili del debitore, sia allo sfratto.

L'ufficiale giudiziario, nel procedere al pignoramento dei mobili, provvede alla custodia dei medesimi e, successivamente, alla vendita, osservando le norme della legge per la riscossione delle imposte dirette.

Copia del ricorso e del decreto deve essere notificata al debitore. Non è necessaria la notificazione del precetto per procedere al pignoramento dei beni mobili od allo sfratto, purchè l'uno e l'altro avvengano entro 30 giorni da quello della notificazione del decreto.

Contro il decreto il debitore può, entro il termine di giorni 5 dalla notificazione, proporre opposizione davanti lo stesso conciliatore o pretore o avanti il tribunale il cui presidente ha pronunciato il decreto.

L'opposizione non sospende l'esecuzione, ma il conciliatore, il pretore od il presidente del tribunale, sulla presentazione dell'atto di opposizione può, in casi gravi e senza pregiudizio della decisione di merito, con nuovo decreto sospendere l'esecuzione del decreto precedente, fino all'esito del giudizio di opposizione.

 
ARTICOLO N.33
Art. 33.

Gli atti giudiziari che gli istituti compiono nel procedimento di cui all'art. 32, sono esenti dalle tasse di bollo e di registro.

 
ARTICOLO N.34
Art. 34.

Ferme restando le disposizioni riflettenti gli alloggi costruiti col concorso dello Stato, il ministro per i lavori pubblici può autorizzare i comuni e gli istituti per case popolari a vendere od assegnare in locazione con patto di futura vendita, all'inquilino od ai suoi eredi, gli stabili in qualunque tempo costruiti, prescrivendo, volta per volta, le cautele e le condizioni da inserirsi nei contratti suddetti.

L'autorizzazione di cui sopra può essere concessa solo quando sia assicurata la vendita o la locazione con promessa di vendita di almeno sette decimi degli appartamenti costituenti lo stabile in favore degli inquilini, loro eredi o di persone che abbiano i requisiti per divenire inquilini. In quest'ultimo caso gli enti suddetti hanno diritto di rescindere il contratto di affitto e di chiedere lo sfratto dell'inquilino offrendogli altro adeguato alloggio.

 
ARTICOLO N.35
Art. 35.

Il prezzo di vendita sarà quello corrente e può essere pagato nel caso di vendita dilazionata, per una quarta parte all'atto del compromesso e, per il rimanente, in 25 rate annuali comprensive della quota di ammortamento e dell'interesse legale.

La stipula del contratto di compra-vendita avverrà quando sia stato eseguito il pagamento dell'ultima rata di prezzo.

La gestione dello stabile spetta agli enti di cui all'art. 34 fino a quando non siano venduti tutti gli appartamenti e pagato l'intero prezzo da parte degli acquirenti.

 
ARTICOLO N.36
Art. 36.

Gli enti di cui all'art. 34 hanno diritto di richiedere ai creditori ipotecari la divisione della ipoteca gravante sullo stabile venduto, fra i vari appartamenti costituenti lo stabile stesso, quando abbiano restituito almeno la quarta parte della somma mutuata garantita dall'ipoteca predetta.

Le ipoteche parziali risultanti dai frazionamenti saranno cancellate man mano che si procederà all'estinzione dei debiti da esse rispettivamente garantiti ed alla stipula dei contratti definitivi di vendita cui interverranno i creditori ipotecari per la prestazione del relativo consenso.

 
ARTICOLO N.37
Art. 37.

Alle persone ed agli enti che concorrono alla formazione del capitale degli istituti per case popolari e delle società ad istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, oltre all'interesse non eccedente la misura del 5 per cento sulle somme effettivamente versate, non può essere riservato negli statuti altro diritto fuorchè quello del rimborso delle somme erogate. L'eventuale avanzo del patrimonio, quando si renda necessaria la liquidazione degli istituti o società, è devoluto agli enti comunali di assistenza.

Nel caso di liquidazione delle speciali sezioni istituite da società di assistenza e beneficenza per la costruzione di case popolari, le relative attività patrimoniali sono devolute a favore della società da cui la sezione è stata istituita, previa deliberazione da sottoporsi all'approvazione della giunta provinciale amministrativa.

Qualora dette attività debbano essere devolute, in tutto od in parte, a favore dell'ente comunale di assistenza, tale devoluzione dev'essere disposta mediante Regio Decreto su proposta del ministro per l'interno, di concerto con quello per i lavori pubblici, previo parere della giunta provinciale amministrativa e del consiglio di Stato.

Gli istituti e le sezioni per case popolari od economiche, nonchè le società di assistenza e beneficenza che, senza fine di lucro, provvedano agli alloggi per ricoverare a fitti minimi i poveri, godono di tutte le facoltà e di tutti i benefici contenuti nel presente testo unico.

 
ARTICOLO N.38
Art. 38.

I comuni e gli istituti per case popolari possono ottenere, nei limiti di spesa di cui al Regio Decreto-legge 10 marzo 1926, n. 386, convertito nella legge 25 novembre 1926, n. 2086, il concorso dello Stato per costruire case popolari da vendersi a singoli privati, ovvero da assegnarsi in locazione con patto di futura vendita, a favore dello stesso inquilino o dei suoi eredi, in deroga alle disposizioni della vigente legislazione e delle norme statutarie.

Gli alloggi costruiti invece nella città di Bolzano possono essere concessi in semplice locazione, ed analoga facoltà può essere accordata dal ministro pei lavori pubblici relativamente agli alloggi costruiti in altre località sempre che particolari contingenze lo giustifichino.

 
ARTICOLO N.39
Art. 39.

é consentito che i contratti di affitto stipulati con patto di futura vendita ai sensi del primo comma dell'art. 38, siano trasformati in contratti di semplice locazione ove intervenga il consenso di ambo le parti contraenti, restando in ogni caso esclusi gli assegnatari che abbiano, all'atto dei contratti, effettuati versamenti in conto acquisto eccedenti il 20 per cento del costo dei rispettivi alloggi.

I canoni dei nuovi contratti di semplice locazione sono determinati dai comuni e dagli istituti a loro giudizio insindacabile, tenuto conto dei fitti medi da essi praticati anteriormente al 14 aprile 1934 per alloggi di tipo analogo, con l'ulteriore applicazione del ribasso disposto dal Regio Decreto-legge 14 aprile 1934, n. 563, convertito nella legge 7 giugno 1934, n. 1037.

Le somme versate dagli assegnatari degli alloggi a titolo di acconto infruttifero del futuro acquisto, che siano libere da eventuali ritenute o depositi, saranno rimborsate dai comuni e dagli istituti in ventiquattro rate trimestrali successive posticipate, senza interessi.

Gli effettivi rimborsi restano subordinati al puntuale pagamento dei canoni di affitto semplice dovuti dagli assegnatari. Niun altro rimborso, per qualsiasi titolo o ragione, spetterà agli assegnatari.

 
ARTICOLO N.40
Art. 40.

Alla assegnazione del concorso statale a favore dei comuni ed istituti di cui all'art. 38 si provvede mediante decreto del ministro per i lavori pubblici.

Le domande all'uopo prodotte debbono essere corredate dai documenti atti a comprovare la disponibilità dei fondi occorrenti per le costruzioni, le quali saranno eseguite in base a progetti approvati dal ministero dei lavori pubblici.

Dette costruzioni normalmente comprendono appartamenti di non più di tre vani abitabili ed, eccezionalmente, anche di maggior numero non eccedente peraltro i cinque, oltre la cucina e gli altri indispensabili accessori e debbono rispondere alle caratteristiche ed ai requisiti di cui all'art. 48.

 
ARTICOLO N.41
Art. 41.

Il concorso dello Stato viene ragguagliato, per ciascun alloggio, alla misura del 20 per cento della spesa consentita per l'acquisto delle aree e per le costruzioni ed è corrisposto per una metà all'inizio dei lavori accertato dal ministero dei lavori pubblici, e per l'altra metà alla ultimazione di essi in base a certificato da rilasciarsi dal competente ufficio del genio civile, il quale deve constatare la rispondenza delle costruzioni ai progetti approvati.

Il comune o l'istituto che non inizi le costruzioni entro due mesi dalla comunicazione dell'approvazione dei progetti è dichiarato decaduto dal beneficio del concorso statale.

 
ARTICOLO N.42
Art. 42.

Il trasferimento della proprietà degli alloggi costruiti col concorso dello Stato, locati con patto di futura vendita, si effettua col contratto di compra-vendita da stipularsi allo scadere della locazione la cui durata non può eccedere i 25 anni.

Qualora nel corso della locazione l'inquilino od i suoi eredi non osservino le norme per l'inquilinato, perdono, a titolo di penale, le somme eventualmente versate in conto acquisto, senza pregiudizio dello sfratto.

Gli schemi dei compromessi di vendita o di locazione con patto di futura vendita e gli schemi dei relativi contratti sono approvati preventivamente dal ministero dei lavori pubblici.

 
ARTICOLO N.43
Art. 43.

Gli enti finanziatori delle costruzioni eseguite o da eseguirsi col concorso dello Stato, ai sensi dell'art. 38, sono autorizzati a coprirsi con ipoteca fondiaria di garanzia anche soltanto per il capitale attuale corrispondente all'annualità dovuta dagli enti costruttori al netto del concorso statale e di quello eventualmente concesso dai comuni.

Gli enti finanziatori sono inoltre tenuti a consentire la riduzione della ipoteca, corrispondentemente al capitale del prezzo di acquisto di ciascun appartamento secondo il calcolo anzidetto.

Per la riduzione e cancellazione di ipoteca, la tassa ipotecaria è ridotta al quarto della misura normale.

 
ARTICOLO N.44
Art. 44.

Sulle aree, che siano state o siano destinate da parte delle società, degli istituti e dei privati contemplati nell'art. 16, alla costruzione di case popolari od economiche, il comune ha l'obbligo di provvedere a proprie spese, contemporaneamente alla costruzione delle case, alla costruzione delle fogne, alla posa delle condutture stradali per l'acqua potabile, all'impianto per l'illuminazione, alla sistemazione delle strade, piazze ed altri suoli d'uso pubblico.

 
ARTICOLO N.45
Art. 45.
I comuni sono autorizzati:

1° a stanziare somme nei loro bilanci per sovvenzionare enti e società per la costruzione di case popolari od economiche, ed a concorrere nella spesa per costruzione e miglioramenti di tali case e nel pagamento degli interessi sui mutui contratti dagli enti e società predetti;

2° a cedere per la costruzione di case popolari od economiche, terreni propri o espropriati a mente dell'art. 46, gratuitamente o a prezzo di costo ovvero mediante corresponsione di canone annuo, in perpetuo o per un dato numero di anni;

3° a creare, quando si tratti di comuni superiori a centomila abitanti, uffici delle abitazioni con facoltà di sorveglianza sul mercato delle abitazioni, uffici ai quali i proprietari di case debbono denunciare la disponibilità di locali ed i relativi affitti entro cinque giorni dal loro verificarsi sotto le comminatorie prescritte per le denunce anagrafiche.

 
ARTICOLO N.46
Art. 46.

La dichiarazione di pubblica utilità, agli effetti dell'esproprio di terreni, fabbricati, cave e fornaci occorrenti per la costruzione di case popolari od economiche, è pronunciata dal prefetto sentita la competente amministrazione comunale.

Spetta altresì al prefetto autorizzare l'occupazione temporanea di cave, fornaci e terreni, il cui esercizio od uso risultino necessari per agevolare la costruzione suddetta.

I comuni possono anche promuovere l'esproprio di abitazioni private non ultimate o che si trovino in deficienti condizioni igieniche allo scopo di adattarle ad alloggi popolari, qualora il proprietario non possa o non voglia provvedere alla ultimazione od al risanamento di esse nel termine fissato dal prefetto.

Per le espropriazioni ed occupazioni temporanee si applicano le disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e successive modificazioni: tuttavia nel primo caso l'indennità di esproprio è fissata nella misura di cui agli articoli 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della città di Napoli.

Il maggiore valore che i comuni realizzassero in caso di retrocessione di aree o parte di aree, che non avessero ricevuto la prevista destinazione, è assegnato al fondo speciale costituito dai comuni per provvedere alle case popolari od economiche ed alle opere edilizie di carattere igienico. Parimenti deve essere versato al detto fondo il maggiore valore ottenuto dalle vendita delle aree o parte di aree e la somma ricavata da eventuali concessioni temporanee.

 
ARTICOLO N.47
Art. 47.

Qualora si tratti della costruzione di case popolari od economiche che beneficiano del concorso o del contributo dello Stato, l'approvazione da parte del ministero dei lavori pubblici dei relativi progetti equivale, nei riguardi della espropriazione, a dichiarazione di pubblica utilità. In tal caso i progetti debbono essere corredati del piano di massima dei terreni da espropriare, nonchè di una relazione giustificativa.

I termini di pubblicazio

• COOPERATIVE L. 5.8.1978 N. 457
leggi i dettagli del legge - SESAMO Associazione Amministratori Immobiliari - aderente ad ASPPI
20 • Gennaio • 2014

 

 
Epigrafe

Legge 5 agosto 1978, n. 457 (in Gazz. Uff., 19 agosto, n. 231). - Norme per l'edilizia residenziale (1) (2) (3) (4).

(1) Vedi, ora, l. 17 febbraio 1992, n. 179.

(2) In luogo di Ministro/Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, leggasi Ministro/Ministero delle comunicazioni, ex art. 1, l. 31 luglio 1997, n. 249.

(3) In luogo di dirigente/i generale/i leggasi dirigente/i di ufficio/i dirigenziale/i generale/i (art. 45, comma 2, d.lg. 31 marzo 1998, n. 80).

(4) In luogo di Ministro/Ministero per le politiche agricole leggasi Ministro/Ministero delle politiche agricole e forestali, ex d.p.r. 13 settembre 1999.

TITOLO I

PIANO DECENNALE PER L'EDILIZIA RESIDENZIALE. ORGANI E FUNZIONI

ARTICOLO N.5

Composizione del Comitato per l'edilizia residenziale.

Il Comitato per l'edilizia residenziale, istituito dall'articolo 2 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, è presieduto dal Ministro dei lavori pubblici, o da un Sottosegretario di Stato da lui delegato, ed è composto da:

1) quattro rappresentanti del Ministro dei lavori pubblici;
2) due rappresentanti del Ministro del tesoro (1);

3) un rappresentante del Ministro del bilancio e della programmazione economica (1);

4) un rappresentante del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;

5) un rappresentante del Ministro della ricerca scientifica e tecnologica;

6) un rappresentante del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

7) un rappresentante del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (1);

8) un rappresentante del Ministro dell'agricoltura e delle foreste (2);

9) un rappresentante del Ministro dell'interno;
10) un rappresentante del Ministro della difesa;
11) un rappresentante del Ministro dei trasporti;

12) un rappresentante del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni;

13) un rappresentante del Ministro dei beni culturali e ambientali (3);

14) un rappresentante per ciascuna regione e per ciascuna delle province autonome di Trento e Bolzano.

Il Comitato è costituito con decreto del Ministro dei lavori pubblici e dura in carica quattro anni. Qualora nel termine previsto dal successivo articolo 9, n. 1, non siano pervenute tutte le designazioni, il Comitato per l'edilizia residenziale è ugualmente costituito ed esercita le proprie funzioni con i membri già designati.

Il Comitato per l'edilizia residenziale disciplina con apposito regolamento la propria attività, le funzioni attribuite al comitato esecutivo di cui al successivo articolo 6, nonché le modalità di consultazione di enti e organismi interessati all'attuazione del piano decennale.

Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del tesoro, è determinata la misura dei compensi spettanti ai componenti il Comitato per l'edilizia residenziale.

(1) Ora, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ex art. 7, l. 3 aprile 1997, n.94.

(2) Ora Ministro delle politiche agricole e forestali.
(3) Ora per i beni e le attività culturali.
• Cooperative L.17.2.1992 n. 179
leggi i dettagli del legge - SESAMO Associazione Amministratori Immobiliari - aderente ad ASPPI
20 • Gennaio • 2014

 

 
Epigrafe

Legge 17 febbraio 1992, n. 179 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 29 febbraio, n. 50). -- Norme per l'edilizia residenziale pubblica.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

Il Presidente della Repubblica:
Promulga la seguente legge:
 


CAPO I
FINALITA' E RISORSE

ARTICOLO N.1

Finalità e modalità di programmazione.

1. Fino all'entrata in vigore della nuova disciplina dell'intervento pubblico nel settore dell'edilizia residenziale, le disponibilità esistenti o che affluiranno presso la sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti, istituita con l'art. 10 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono programmate e spese per le finalità e con le modalità e procedure della citata legge n. 457 del 1978 e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui alla presente legge.

 
ARTICOLO N.2

Copertura finanziaria.

1. Per gli anni 1992, 1993 e 1994, ferme restando le disponibilità derivanti dall'art. 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67, il contributo dello Stato è fissato in lire 80 miliardi, in ragione di lire 10 miliardi per il 1992, 20 miliardi per il 1993 e 50 miliardi per il 1994, alla cui copertura si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1992-1994, al capitolo 9001 del bilancio di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1992, all'uopo utilizzando la voce: "Rifinanziamento dell'art. 22, comma 3, della legge 11 marzo 1988, n. 67".

2. I fondi a valere sull'art. 4- bis del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 462, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 1983, n. 637, al netto delle somme impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge con provvedimento regionale anche provvisorio di concessione del contributo per la realizzazione dei programmi di edilizia agevolata finanziati ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, ed al netto di quelle necessarie per il pagamento dei maggiori oneri quantificati per ciascuna regione con provvedimento del Ministro dei lavori pubblici, presidente del Comitato per l'edilizia residenziale (CER), sono destinati prioritariamente, e fino al limite del 30 per cento delle disponibilità, ai programmi di cui all'art. 16.

3. Per l'utilizzo delle disponibilità di cui al comma 2 si applicano altresì le disposizioni di cui all'art. 5- bis del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118.

4. La riserva di cui all'art. 22, comma 2, della legge 11 marzo 1988, n. 67, si applica limitatamente alla programmazione dei fondi relativi al biennio 1988-1989.

5. Una quota fino a lire 10 miliardi delle risorse di cui al comma 1 è riservata per la concessione di agevolazioni creditizie a favore di cooperative di abitazione a proprietà divisa o indivisa costituite tra gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia e che prevedano nei loro statuti adeguate riserve a favore del personale cessato dal servizio.

 


CAPO II
DISPOSIZIONI PER LA PROGRAMMAZIONE E MODIFICHE ALLA LEGGE 5 AGOSTO 1978, N. 457

ARTICOLO N.3

Procedura e termine di avvio dei programmi di edilizia residenziale pubblica.

1. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, presidente del CER, ripartisce fra le regioni i fondi di cui alla presente legge entro sessanta giorni dalla comunicazione della predetta proposta.

2. Le regioni provvedono ad approvare e trasmettere al CER i propri programmi entro novanta giorni dalla ripartizione dei fondi.

3. Qualora la regione non provveda nei termini di cui al comma 2, il comitato esecutivo del CER, previa diffida ad adempiere alla regione stessa, invita gli enti locali territoriali, gli istituti autonomi per le case popolari (IACP) e gli operatori del settore a presentare entro sessanta giorni proposte di intervento di documentata fattibilità da realizzare nell'ambito territoriale della regione inadempiente.

4. Entro i successivi sessanta giorni, il comitato esecutivo del CER, integrato dal rappresentante della regione inadempiente, ove non sia membro con diritto di voto, delibera il luogo della regione nei limiti delle disponibilità finanziarie ad essa attribuite.

5. Le somme non destinate alla scadenza del termine di cui al comma 4 sono revocate di diritto e portate ad incremento delle disponibilità finanziarie da ripartire tra le regioni.

6. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 si applicano altresì ai programmi finanziati con leggi precedenti qualora la regione non abbia provveduto a localizzare gli interventi alla data di entrata in vigore della presente legge.

7. Per gli interventi di edilizia sovvenzionata, non pervenuti alla fase di consegna dei lavori ed apertura del cantiere entro i termini di legge, la regione assegna un termine ulteriore non superiore a trenta giorni, scaduto il quale il presidente della Giunta regionale, nei successivi trenta giorni, nomina un commissario ad acta . Decorso tale termine la nomina del commissario ad acta viene effettuata dal Ministro dei lavori pubblici.

8. I programmi di edilizia agevolata devono pervenire, pena la decadenza dal beneficio, alla fase di inizio dei lavori entro dieci mesi dalla data di pubblicazione della delibera regionale di localizzazione o di individuazione dei soggetti attuatori sul Bollettino Ufficiale della Regione.

 
ARTICOLO N.4

Quota di riserva per particolari categorie sociali.

1. Le regioni, nell'ambito delle disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15 per cento dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate, di volta in volta, dalle regioni stesse. Per tali interventi i requisiti soggettivi ed oggettivi sono stabiliti dalle regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni.

2. Le regioni, altresì, potranno destinare nell'ambito della riserva di cui al comma 1, una quota dei fondi di cui all'art. 13, lettera b ), della legge 5 agosto 1978, n. 457, per la realizzazione da parte di cooperative edilizie a proprietà indivisa di alloggi da assegnare in godimento a lavoratori dipendenti, con le procedure attuative di cui all'art. 55, lettera c ), della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. In sede di prima applicazione della presente legge, nel quadro dell'attività di vigilanza di cui all'art. 4, primo comma, lettera e ), della legge 5 agosto 1978, n. 457, le regioni formulano al Ministero dei lavori pubblici proposte per risolvere eventuali problemi finanziari di cooperative edilizie in difficoltà economica, utilizzando la riserva di cui al comma 1. In caso di mancata capienza nei suddetti fondi, le regioni possono provvedere con proprie disponibilità. I requisiti essenziali per i singoli soci delle medesime cooperative, al momento dell'assegnazione dell'alloggio, rimangono fissati dalla legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni e integrazioni.

 
ARTICOLO N.5

Fondo speciale di rotazione per acquisizione aree e urbanizzazioni.

1. A decorrere dal 1° gennaio 1992 è costituito presso la sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti, istituita dall'art. 10 della legge 5 agosto 1978, n. 457, un fondo speciale di rotazione per la concessione di mutui decennali, senza interessi, finalizzati all'acquisizione e all'urbanizzazione di aree edificabili ad uso residenziale, nonchè all'acquisto di aree edificate da recuperare.

2. Al finanziamento del fondo si provvede:

a ) con i rientri dei mutui concessi ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e dall'art. 3, comma 10, del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118;

b ) con le somme provenienti dai fondi già assegnati ai sensi dell'art. 45 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, la cui concessione sia dichiarata decaduta per la mancata utilizzazione degli stessi, in base a criteri e modalità che sono stabiliti dal CER.

3. Le disponibilità sul fondo sono assegnate ogni anno dal CER alle regioni, le quali, entro i successivi tre mesi, provvedono, a pena di revoca, alla loro ripartizione tra i comuni e/o consorzi di comuni che ne facciano motivata richiesta e che abbiano interamente impegnato quelle eventualmente loro già assegnate, con utilizzo non inferiore al 30 per cento di ogni singolo finanziamento.

4. La sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti, entro i limiti delle disponibilità assegnate a ciascuna regione, provvede alla concessione dei mutui secondo le modalità e le condizioni stabilite con apposito decreto emanato dal Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici. Sono considerati decaduti i beneficiari che non abbiano prodotto domanda di concessione del mutuo entro quattro mesi dal provvedimento regionale di ripartizione. Trascorso un anno dal provvedimento di concessione del mutuo, la sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti provvede alla revoca nei confronti dei beneficiari che non abbiano utilizzato neppure parzialmente il finanziamento, escluse le spese tecniche. Le somme disponibili a seguito della avvenuta decadenza e del provvedimento di revoca riaffluiscono nel fondo per successive assegnazioni a cura del CER.

5. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo dell'art. 3 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94.

 
ARTICOLO N.6

Contributi di edilizia agevolata.

1. I contributi di cui all'art. 19 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono concessi per interventi di nuova costruzione, di recupero, come definiti dall'art. 11, e per quelli destinati alla locazione ai sensi degli articoli 8 e 9.

2. I valori dei contributi di cui al comma 1 sono stabiliti ed aggiornati dal CER in funzione del reddito dei beneficiari e della destinazione degli interventi ammessi a contributo ai sensi della presente legge.

3. I contributi sono concessi, anche indipendentemente dalla concessione di mutui fondiari ed edilizi, e coprono parte del costo convenzionale dell'intervento stabilito dal CER, ai sensi della lettera n ) del primo comma dell'art. 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni.

4. I contributi sono concessi, anche in unica soluzione, a parità di valore attuale in un massimo di diciotto annualità costanti, nei limiti delle disponibilità attribuite alle regioni dal CER, ferma restando l'entità annuale complessiva del limite di impegno autorizzato a carico dello Stato. L'attualizzazione delle annualità è effettuata ad un tasso pari al costo della provvista in vigore al momento del provvedimento regionale di concessione del contributo a favore dell'operatore.

5. Gli istituti e le sezioni di credito fondiario ed edilizio sono tenuti a concedere prioritariamente ai programmi edilizi assistiti dai contributi previsti dal presente articolo finanziamenti a tasso sia costante che variabile o in qualsivoglia altra forma tecnica, alle condizioni di mercato. In tal caso il contributo pubblico concesso ai beneficiari può essere ceduto pro solvendo all'ente mutuante. I finanziamenti predetti sono assistiti dalla garanzia dello Stato ai sensi dell'art. 17 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni.

6. I mutui di cui al comma 5 concessi in pendenza dei procedimenti di espropriazione ai sensi dell'art. 10- ter del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 16 ottobre 1975, n. 492, usufruiscono della garanzia primaria dello Stato, a valere sulle disponibilità di cui all'art. 4- bis del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 462, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 1983, n. 637, secondo le modalità da stabilirsi con decreto del Ministro del tesoro.

7. Il decreto di concessione del contributo di cui al comma 6 può essere scontato a richiesta del beneficiario dagli istituti e dalle sezioni di credito fondiario ed edilizio al valore attuale, alle condizioni previste dalla convenzione di cui al comma 9.

8. In presenza di finanziamenti concessi dagli istituti e dalle sezioni di credito fondiario ed edilizio, nonchè da altri istituti di credito, il contributo pubblico è erogato anche in fase di preammortamento, comunque per un periodo non superiore a tre anni, in misura proporzionale alle quote di mutuo erogate, fatte salve le misure massime complessive stabilite ai sensi del comma 4.

9. I rapporti tra gli istituti e le sezioni di credito fondiario ed edilizio e le regioni sono regolati da apposita convenzione stipulata sulla base di una convenzione-tipo approvata dal Ministro del tesoro di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, presidente del CER, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

10. I contributi di cui al presente articolo possono essere concessi anche ai cittadini stranieri residenti in Italia da almeno cinque anni, che dimostrino un'attività lavorativa stabile e che siano in possesso dei requisiti di cui all'art. 20 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

11. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi di edilizia agevolata, finanziati ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, e per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, non sia stato ancora emesso decreto definitivo di concessione del contributo.

 
ARTICOLO N.7

Soggetti operatori e beneficiari.

1. I contributi di cui all'art. 6 sono concessi per gli interventi disciplinati dalla presente legge e realizzati da cooperative edilizie a proprietà individuale od indivisa, da imprese di costruzione da privati che intendano costruire o recuperare la propria abitazione nonchè da enti pubblici che intendano costruire o recuperare abitazioni da assegnare in proprietà, dagli IACP e dai loro consorzi, dai comuni che intendano costruire o recuperare abitazioni da assegnare in locazione.

2. I soggetti beneficiari dei contributi di cui all'art. 6 debbono essere in possesso dei requisiti previsti dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge al momento dell'assegnazione, dell'acquisto o della concessione del contributo. Il reddito è determinato con le modalità di cui all'art. 21 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni.

3. I contributi di cui all'art. 2 possono essere altresì concessi ai soggetti che realizzano interventi ai sensi degli articoli 8, 9 e 16.

 


CAPO III
LOCAZIONI

ARTICOLO N.8

Abitazioni in locazione o assegnate in godimento.

1. I contributi di cui all'art. 19 della legge 5 agosto 1978, n. 457, come integrato dall'art. 6 della presente legge, possono essere concessi per la realizzazione o il recupero di alloggi destinati alla locazione per uso abitativo primario, ai sensi delle disposizioni vigenti, per un periodo non inferiore a otto anni, ovvero assegnati in godimento da cooperative edilizie a proprietà indivisa.

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 sono concesse a imprese di costruzione o loro consorzi, a cooperative o loro consorzi, agli enti pubblici istituzionalmente operanti nel settore dell'edilizia pubblica residenziale, nonchè a enti, privati e società, per la realizzazione e l'acquisto di alloggi per i propri dipendenti.

3. Nel vigore della legge 27 luglio 1978, n. 392 e successive modificazioni, il corrispettivo di godimento da porsi a carico del socio assegnatario di alloggio di cooperativa edilizia ovvero il canone di locazione è determinato, ai sensi dell'art. 26 della medesima legge, in base al piano finanziario relativo ai costi dell'intervento costruttivo da realizzarsi sull'area concessa dal comune o stabiliti nella convenzione.

4. Il conduttore non può sublocare neppure parzialmente l'immobile ottenuto, pena la risoluzione di diritto del contratto.

5. Alla scadenza dell'ottavo anno il contratto, qualunque sia la durata intercorsa anche in deroga alla normativa vigente, è risolto di diritto. A seguito di comunicazione del locatore, l'immobile deve essere lasciato libero dal conduttore.

6. Le abitazioni realizzate, ai sensi del presente articolo, possono essere cedute anche prima del termine di cui al comma 1, e purchè la vendita riguardi immobili costituenti complessi unitari, con esclusione delle vendite frazionate.

7. Nel caso di vendita, ai sensi del comma 6, al conduttore è comunque garantita la prosecuzione della locazione per l'intera durata determinata ai sensi del comma 1.

8. Trascorso il termine di cui al comma 1, gli immobili possono essere ceduti anche per singole unità immobiliari con prelazione a favore dei conduttori.

9. Fino al 31 dicembre 1991 gli atti di vendita delle abitazioni realizzate ai sensi del presente articolo sono soggetti all'imposta sul valore aggiunto, ovvero alla imposta di registro nella misura del 4 per cento e alla imposta di trascrizione ipotecaria e di voltura catastale in misura fissa.

10. Gli obblighi previsti dal presente articolo sono recepiti i apposito atto d'obbligo il cui schema è approvato dal CIPE su proposta del CER da trascriversi alla conservatoria dei registri immobiliari a cura del comune e a spese dei beneficiari.

 
ARTICOLO N.9

Abitazioni in locazione con proprietà differita.

1. I contributi di cui all'art. 19 della legge 5 agosto 1978, n. 457, come integrato dall'art. 6 della presente legge, possono essere concessi dalle regioni anche per la realizzazione di interventi finalizzati al recupero o alla costruzione di alloggi destinati all'assegnazione in godimento o alla locazione per uso abitativo per un periodo non inferiore a otto anni e con successivo trasferimento della proprietà degli stessi ai relativi assegnatari o conduttori in possesso dei requisiti soggettivi per l'assegnazione in proprietà o per l'acquisto di alloggi fruenti di contributo pubblico al momento dell'assegnazione in godimento o alla data d'inizio della locazione.

2. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 2, 3, 8, 9 e 10, si applicano anche ai programmi di cui al presente articolo.

 
ARTICOLO N.10

Criterio di priorità.

1. Gli alloggi di cui agli articoli 8 e 9 realizzati da comuni, dagli IACP e da loro consorzi sono destinati prioritariamente ai soggetti da considerare decaduti dall'assegnazione.

 


CAPO IV
RECUPERO

ARTICOLO N.11

Riserva a favore degli interventi di recupero.

1. Le disponibilità per l'edilizia sovvenzionata sono utilizzate in misura non inferiore al 30 per cento per il recupero ai sensi delle lettere c ), d ) ed e ) del primo comma dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, di immobili con destinazione residenziale non inferiore al 70 per cento della superficie utile complessiva o di immobili non residenziali funzionali alla residenza, ivi compreso, ove occorra, per l'acquisizione degli immobili da recuperare e per l'adeguamento delle relative urbanizzazioni.

2. Ai fini di cui al comma 1, le disponibilità per l'edilizia sovvenzionata possono essere utilizzate anche per la realizzazione o l'acquisto di alloggi per il trasferimento temporaneo degli abitanti degli immobili da recuperare.

 
ARTICOLO N.12

Risanamento delle parti comuni dei fabbricati.

1. La regione può concedere i contributi di cui all'art. 19 della legge 5 agosto 1978, n. 457, come integrato dall'art. 6 della presente legge, nei limiti determinati dal CER, anche per opere di risanamento di parti comuni degli immobili, ai proprietari singoli, riuniti in consorzio o alle cooperative edilizie di cui siano soci, ai condominii o loro consorzi e ai consorzi tra i primi ed i secondi, al fine di avviare concrete iniziative nel settore del recupero del patrimonio edilizio esistente. Detti contributi possono essere concessi altresì ad imprese di costruzione, o a cooperative edilizie alle quali i proprietari o i soci abbiano affidato il mandato di realizzazione delle opere.

2. Per l'individuazione dei soggetti da ammettere ai benefici di cui al comma 1, i comuni sono tenuti alla formazione di programmi di intervento, anche su proposta di singoli operatori, per zone del territorio comunale o singoli fabbricati, i quali devono indicare:

a ) la dotazione della strumentazione urbanistica;

b ) la consistenza e lo stato di conservazione del patrimonio edilizio esistente pubblico o privato, sul quale il comune considera prioritario intervenire;

c ) l'eventuale necessità di alloggi di temporaneo trasferimento o di rotazione per consentire lo spostamento degli occupanti.

3. Ciascun programma deve precisare gli elementi necessari per la valutazione dei costi e dei benefici degli interventi.

4. Ai fini della concessione dei contributi previsti dal presente articolo si prescinde dai requisiti previsti dall'art. 20 della citata legge n. 457 del 1978, semprechè l'alloggio sia utilizzato direttamente dal proprietario o sia dato in locazione ad uso abitativo primario, ai sensi delle disposizioni vigenti.

5. Il programma è approvato dal Consiglio comunale ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142.

 
ARTICOLO N.13

Attuazione dei piani di recupero.

1. Il quinto, sesto e settimo comma dell'art. 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono sostituiti dal seguente:

"I piani di recupero sono attuati:

a ) dai proprietari singoli o riuniti in consorzio o dalle cooperative edilizie di cui siano soci, dalle imprese di costruzione o dalle cooperative edilizie cui i proprietari o i soci abbiano conferito il mandato all'esecuzione delle opere, dai condominii o loro consorzi, dai consorzi fra i primi ed i secondi, nonchè dagli IACP o loro consorzi, da imprese di costruzione o loro associazioni temporanee o consorzi e da cooperative o loro consorzi;

b ) dai comuni, direttamente ovvero mediante apposite convenzioni con i soggetti di cui alla lettera a ) nei seguenti casi:

1) per gli interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del patrimonio edilizio esistente nonchè, limitatamente agli interventi di rilevante interesse pubblico, con interventi diretti;

2) per l'adeguamento delle urbanizzazioni;

3) per gli interventi da attuare mediante cessione volontaria, espropriazione od occupazione temporanea, previa diffida nei confronti dei proprietari delle unità minime di intervento, in caso di inerzia dei medesimi, o in sostituzione dei medesimi nell'ipotesi di interventi assistiti da contributo. La diffida può essere effettuata anche prima della decorrenza del termine di scadenza del programma pluriennale di attuazione nel quale il piano di recupero sia stato eventualmente incluso".

2. é in facoltà del comune delegare in tutto o in parte con apposita convenzione l'esercizio delle sue competenze all'istituto autonomo per le case popolari competente per territorio o al relativo consorzio regionale o a società miste alle quali partecipi anche il comune.

 
ARTICOLO N.14
Interventi ammessi.

1. Il quarto e quinto comma dell'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono sostituiti dal seguente:

"Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. Ove gli strumenti urbanistici generali subordinino il rilascio della concessione alla formazione degli strumenti attuativi, ovvero nell'ambito delle zone destinate a servizi i cui vincoli risultano scaduti, sono sempre consentiti, in attesa di tali strumenti urbanistici attuativi, gli interventi previsti dalle lettere a ), b ), c ) e d ) del primo comma dell'art. 31 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Inoltre sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d ) del primo comma dell'art. 31 che riguardino globalmente uno o più edifici anche se modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti purchè il concessionario si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni".

 
ARTICOLO N.15

Disposizioni per gli edifici condominiali.

1. Dopo il primo comma dell'art. 30 della legge 5 agosto 1978, n. 457, è inserito il seguente:

"In deroga agli articoli 1120, 1121 e 1136, quinto comma, del codice civile, gli interventi di recupero relativi ad un unico immobile composto da più unità immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio".

2. Ove il programma di cui all'art. 12 venga approvato ed ammesso ai benefici di legge, tutti i proprietari sono obbligati a concorrere alle spese necessarie in rapporto ai millesimi di proprietà loro attribuiti.

3. In caso di rifiuto la deliberazione di riparto della spesa, adottata dall'assemblea consortile, condominiale o dei soci nelle forme di scrittura pubblica, diviene titolo esecutivo per l'ottenimento delle somme da recuperare.

4. Alla spesa per gli interventi sono tenuti a contribuire nella misura della rispettiva quota, da determinare ai sensi degli articoli 46 e 48 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e dell'allegato prospetto dei coefficienti per la determinazione dei valori attuali dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni vitalizie calcolati al saggio di interesse del 5 per cento, sia i nudi proprietari che i titolari di diritto di usufrutto, uso e abitazione.

 


CAPO V
PROGRAMMI INTEGRATI

ARTICOLO N.16

Programmi integrati di intervento.

1. Al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, i comuni promuovono la formazione di programmi integrati. Il programma integrato è caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici e privati.

2. Soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra di loro, possono presentare al comune programmi integrati relativi a zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della loro riqualificazione urbana ed ambientale.

3. I programmi di cui al presente articolo sono approvati dal Consiglio comunale con gli effetti di cui all'art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

4. Qualora il programma sia in contrasto con le previsioni della strumentazione urbanistica, la delibera di approvazione del Consiglio comunale è soggetta alle osservazioni da parte di associazioni, di cittadini e di enti, da inviare al comune entro quindici giorni dalla data della sua esposizione all'albo pretorio coincidente con l'avviso pubblico sul giornale locale. Il programma medesimo con le relative osservazioni è trasmesso alla regione entro i successivi dieci giorni. La regione provvede alla approvazione o alla richiesta di mofidiche entro i successivi centocinquanta giorni, trascorsi i quali si intende approvato.

5. Anche nelle zone di cui all'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, qualora il programma contenga la disposizione planovolumetrica degli edifici, la densità fondiaria di questi può essere diversa da quella preesistente purchè non sia superata la densità complessiva preesistente dell'intero ambito del programma, nonchè nel rispetto del limite dell'altezza massima preesistente nell'ambito. Non sono computabili i volumi eseguiti senza licenza o concessione edilizia ovvero in difformità totale dalla stessa o in base a licenza o concessione edilizia annullata. Nel caso in cui sia stata presentata istanza di sanatoria ai sensi dell'art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il comune è obbligato a pronunciarsi preventivamente in via definitiva sull'istanza medesima.

6. La realizzazione dei programmi non è subordinata all'inclusione nei programmi pluriennali di attuazione di cui all'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

7. Le regioni concedono i finanziamenti inerenti il settore dell'edilizia residenziale ad esse attribuiti con priorità a quei comuni che provvedono alla formazione dei programmi di cui al presente articolo.

8. Le regioni possono destinare parte delle somme loro attribuite, ai sensi della presente legge, alla formazione di programmi integrati.

9. Il contributo dello Stato alla realizzazione dei programmi integrati, fa carico ai fondi di cui all'art. 2.

 


CAPO VI
DISPOSIZIONI PER LE COOPERATIVE A PROPRIETA' INDIVISA

ARTICOLO N.17

Decesso del socio assegnatario.

1. Nelle cooperative a proprietà indivisa, anche non fruenti di contributo erariale, al socio che muoia dopo l'assegnazione dell'alloggio si sostituiscono, nella qualità di socio e di assegnatario, il coniuge superstite, ovvero, in sua mancanza, i figli minorenni ovvero il coniuge separato, al quale, con sentenza del tribunale, sia stato destinato l'alloggio del socio defunto.

2. In mancanza del coniuge e dei figli minorenni, uguale diritto è riservato ai conviventi more uxorio e agli altri componenti del nucleo familiare, purchè conviventi alla data del decesso e purchè in possesso dei requisiti in vigore per l'assegnazione degli alloggi.

3. La convivenza, alla data del decesso, deve essere instaurata da almeno due anni ed essere documentata da apposita certificazione anagrafica od essere dichiarata in forma pubblica con atto di notorietà da parte della persona convivente con il socio defunto.

 
ARTICOLO N.18

Autorizzazione alla cessione in proprietà del patrimonio realizzato da cooperative a proprietà indivisa.

1. Le cooperative a proprietà indivisa che abbiano usufruito di agevolazioni pubbliche, statali o regionali, concesse prima della data di entrata in vigore della presente legge per la costruzione di alloggi da assegnare in uso e godimento ai propri soci, possono chiedere al CER o alla regione, in deroga al divieto statutario previsto dal secondo comma dell'art. 72 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, l'autorizzazione a cedere in proprietà individuale tutti o parte degli alloggi realizzati ai soci che ne abbiano già ottenuto l'assegnazione in uso e godimento.

2. La regione può concedere l'autorizzazione a cedere gli alloggi a condizione che:

a ) siano modificati lo statuto e l'atto costitutivo della società, qualora non prevedano la possibilità di realizzare alloggi da assegnare anche in proprietà individuale;

b ) la richiesta di autorizzazione alla cessione in proprietà individuale, di cui al comma 1, riguardi almeno il 60 per cento degli alloggi facenti parte dell'insediamento oggetto della richiesta di autorizzazione ed essa sia deliberata dall'assemblea generale ordinaria validamente costituita, con il voto di almeno il 51 per cento dei soci iscritti. Qualora la richiesta di autorizzazione non riguardi la totalità degli alloggi la cooperativa deve assumere contestualmente l'impegno a provvedere alla diretta gestione degli alloggi che non verranno ceduti in proprietà individuale ovvero deve indicare alla regione la cooperativa o l'ente che si sono dichiarati disponibili ad acquistare gli stessi alloggi alle condizioni previste dal comma 2 dell'art. 19, documentando tale disponibilità;

c ) sia modificata la convenzione comunale di cessione o di concessione dell'area, qualora non preveda l'assegnazione in proprietà individuale delle abitazioni realizzate, ovvero, ove non esista, sia stipulata specifica convenzione comunale, per la determinazione del prezzo di cessione delle abitazioni, di cui alla lettera b ) del primo comma dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni. I comuni nell'ambito di tale convenzione provvedono a determinare il prezzo di cessione ai soci sulla base dei seguenti criteri:

1) qualora l'autorizzazione alla cessione di cui al comma 1 riguardi l'intero patrimonio immobiliare della cooperativa, il prezzo di cessione ai soci già assegnatari in godimento è costituito dal valore delle singole unità immobiliari risultante dall'ultimo bilancio approvato;

2) qualora l'autorizzazione di cui al n. 1) della presente lettera riguardi solo una quota del patrimonio immobiliare della cooperativa, il prezzo di cessione è determinato, per la parte di valore del bilancio finanziata con risorse della medesima cooperativa, mediante l'applicazione dei criteri di cui all'art. 19, comma 2, e per la parte restante in misura pari al valore stesso; le fonti di finanziamento dell'intervento devono risultare dal programma finanziario approvato dal Consiglio di amministrazione della cooperativa;

d ) siano approvati da parte degli enti erogatori, per i mutui in corso di ammortamento, l'entità del contributo, nonchè il piano di riparto del mutuo e del contributo per il conseguente accollo individuale;

e ) la stessa regione e gli altri enti locali, erogatori di eventuali provvidenze integrative alle agevolazioni di cui al comma 1, si esprimano sul mantenimento o meno o sulla riduzione di dette provvidenze ovvero sul rimborso di quelle già erogate;

f ) sia acquisita l'adesione degli istituti mutuanti alla eventuale riduzione del capitale mutuato in relazione al maggior importo ammesso originariamente al finanziamento sulla base della previsione legislativa per la realizzazione di alloggi da parte delle cooperative a proprietà indivisa;

g ) per le cooperative a proprietà indivisa con patrimonio superiore a centocinquanta alloggi, sia presentato alla regione, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il piano di cessione in proprietà in base alle richieste dei propri soci, e la cessione sia relativa ad alloggi per i quali siano trascorsi almeno cinque anni dall'entrata in ammortamento del mutuo.

3. Per gli alloggi ceduti in proprietà individuale il tasso agevolato viene commisurato a quello previsto dalla legge di finanziamento per gli alloggi realizzati da cooperative a proprietà individuale, riferito all'epoca della concessione del medesimo. Gli assegnatari che ottengano delle cessioni in proprietà sono tenuti a rimborsare agli enti erogatori la differenza fra i contributi erogati fino alla data dell'assegnazione in proprietà e quelli previsti, fino alla stessa data, per le cooperative a proprietà individuale. La somma risultante deve essere restituita in un'unica soluzione, al momento dell'atto di assegnazione in proprietà, nella misura del 50 per cento del suo importo. In alternativa, l'ente erogatore, su richiesta dei soci interessati, può autorizzare il pagamento dell'intera somma risultante in dieci annualità di uguale importo. Gli assegnatari che ottengano la cessione in proprietà dell'alloggio sono altresì tenuti a corrispondere le spese conseguenti alla modifica della convenzione comunale ed alla modifica del mutuo di cui alle lettere c ) e d ) del comma 2.

4. Le somme introitate ai sensi del presente articolo sono versate alla Cassa depositi e prestiti ai sensi e per gli effetti di cui alla lettera f ) del primo comma dell'art. 13 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni.

5. Nella trasformazione dell'assegnazione in uso e godimento in assegnazione in proprietà individuale, di cui al presente articolo, i requisiti soggettivi dei soci sono quelli stabiliti dalle leggi vigenti alla data di assegnazione in uso e godimento degli alloggi.

 
ARTICOLO N.19

Patrimonio immobiliare di cooperative a proprietà indivisa. Acquisizione da parte degli IACP.

1. Per l'acquisizione, ai sensi dell'art. 72 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, da ultimo modificato dall'art. 6- bis del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 16 ottobre 1975, n. 492, dell'art. 15 della legge 27 maggio 1975, n. 166, come sostituito dall'art. 3 della legge 8 agosto 1977, n. 513, e dell'art. 17 della legge 5 agosto 1978, n. 457, da parte degli istituti autonomi per le case popolari territorialmente competenti degli immobili delle cooperative a proprietà indivisa poste in liquidazione coatta amministrativa, le regioni sono autorizzate a concedere ai medesimi istituti specifici contributi pluriennali, utilizzando i contributi statali ad esse attribuiti per la realizzazione dei programmi di edilizia agevolata e nel rispetto della relativa normativa.

2. Per la determinazione del corrispettivo riconoscibile alle cooperative edilizie a proprietà indivisa o loro sezioni soci per le acquisizioni di cui al comma 1 si applicano massimali periodicamente determinati ai sensi della lettera n ) del primo comma dell'art. 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, vigenti al momento dell'atto di trasferimento in proprietà integrata con i coefficienti di vetustà di cui all'art. 20 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche alle iniziative in corso.

 


CAPO VII
NORME FINALI E TRANSITORIE

ARTICOLO N.20

Autorizzazione alla vendita e alla locazione da parte dell'assegnatario o dell'acquirente di alloggi.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di edilizia agevolata possono essere alienati o locati, previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi e sopravvenuti motivi e comunque quando siano decorsi cinque anni dall'assegnazione o dall'acquisto.

2. In tutti i casi di subentro il contributo è mantenuto a condizione che il subentrante sia in possesso dei requisiti soggettivi vigenti al momento del subentro stesso.

 
ARTICOLO N.21

Interpretazione autentica.

1. I limiti di reddito di cui all'art. 24, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457, come modificato dall'art. 15- bis del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 629, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 febbraio 1980, n. 25, sono quelli vigenti al momento dell'assegnazione, nel caso di cooperative, o della stipulazione di atto preliminare d'acquisto con data certa, negli altri casi o dell'acquisto degli alloggi.

2. I requisiti soggettivi e tutte le altre condizioni previste dall'art. 18 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, che devono essere posseduti dai soci di cooperative edilizie a proprietà individuale e indivisa, devono intendersi riferiti ai soli assegnatari degli alloggi realizzati in attuazione dei programmi finanziati a norma della medesima legge n. 457 del 1978.

 
ARTICOLO N.22

Disposizioni per l'attuazione dei programmi.

1. L'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, è esteso a tutti i comuni. Il termine di cui all'ultimo comma dell'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni, è prorogato fino al 31 dicembre 1995.

2. I programmi di edilizia agevolata sono localizzati nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni, in aree delimitate ai sensi dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, ovvero su aree esterne ai predetti piani e perimetrazioni. In tale ultimo caso, gli interventi sono convenzionati secondo criteri definiti dal CER e recepiti dalle regioni nelle convenzioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni, relative a zone destinate dallo strumento urbanistico vigente all'edificazione a carattere residenziale.

 
ARTICOLO N.23

Abrogazione e sostituzione di norme.

1. é abrogato l'art. 3 della legge 29 settembre 1964, n. 847, così come sostituito dall'art. 43 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

2. Sono abrogati il quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo comma dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. All'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Qualora per un immobile oggetto di un intervento di recupero sia stato, in qualunque forma, concesso, per altro titolo, un contributo da parte dello Stato o delle regioni, può essere attribuita l'agevolazione per il recupero stesso soltanto se, alla data di concessione di quest'ultima, gli effetti della predetta contribuzione siano già esauriti".

4. Il termine del 31 dicembre 1984, previsto dall'art. 8, primo comma, del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94 e successive modificazioni e integrazioni, è soppresso.

5. Il secondo comma dell'art. 18 della legge 5 agosto 1978, n. 457, è sostituito dal seguente:

"L'assegnazione e l'acquisto di cui al primo comma ed il relativo frazionamento di mutui ovvero l'atto di liquidazione finale nel caso di alloggi costruiti da privati devono essere effettuati rispettivamente entro due anni ed entro sei mesi dalla data di ultimazione dei lavori. Il contributo sugli interessi di preammortamento continuerà ad essere corrisposto qualora l'immobile, anche prima della scadenza dei suddetti termini, sia locato ai sensi delle disposizioni vigenti".

6. Il termine previsto dall'art. 8, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come successivamente prorogato dal decreto-legge 29 dicembre 1987, n. 534, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 47, è soppresso.

 
ARTICOLO N.24

Relazione sullo stato di attuazione.

1. Le regioni trasmettono al segretario generale del CER una dettagliata relazione sullo stato di attuazione dei programmi di edilizia residenziale, con particolare riferimento all'utilizzazione dei finanziamenti, secondo apposito schema predisposto dal segretario generale del CER entro sei mesi dal ricevimento dello stesso.

2. Trascorso il termine di cui al comma 1, le regioni inadempienti sono escluse dalla ripartizione dei finanziamenti di cui alla presente legge.

• Inquinamento acustico L. 26.10.1995 N. 447
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20 • Gennaio • 2014


Autorità: Legge
Data: 26/10/1995
Numero: 447
Gazzetta uff.: 30/10/1995
N. gazzetta: 125
Classificazioni: INQUINAMENTI
Testo in G.U.
Epigrafe

Legge 26 ottobre 1995, n. 447 (in Suppl. ordinario n. 125, alla Gazz. Uff. n. 254, del 30 ottobre). -- Legge quadro sull'inquinamento acustico.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

Il Presidente della Repubblica:
Promulga la seguente legge:
 
ARTICOLO N.1

Finalità della legge.

1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 117 della Costituzione.

2. I princìpi generali desumibili dalla presente legge costituiscono per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

 
ARTICOLO N.2
Definizioni.
1. Ai fini della presente legge si intende per:

a ) inquinamento acustico: l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi;

b ) ambiente abitativo: ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, salvo per quanto concerne l'immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attività produttive;

c ) sorgenti sonore fisse: gli impianti tecnici degli edifici e le altre installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore; le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali ed agricole; i parcheggi; le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci; le aree adibite ad attività sportive e ricreative;

d ) sorgenti sonore mobili: tutte le sorgenti sonore non comprese nella lettera c );

e ) valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;

f ) valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori;

g ) valori di attenzione: il valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente;

h ) valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla presente legge.

2. I valori di cui al comma 1, lettere e ), f ), g ) e h ), sono determinati in funzione della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e della destinazione d'uso della zona da proteggere.

3. I valori limite di immissione sono distinti in:

a ) valori limite assoluti, determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale;

b ) valori limite differenziali, determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.

4. Restano ferme le altre definizioni di cui all'allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.

5. I provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore sono di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale. Rientrano in tale ambito:

a ) le prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili, ai metodi di misurazione del rumore, alle regole applicabili alla fabbricazione;

b ) le procedure di collaudo, di omologazione e di certificazione che attestino la conformità dei prodotti alle prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili; la marcatura dei prodotti e dei dispositivi attestante l'avvenuta omologazione;

c ) gli interventi di riduzione del rumore, distinti in interventi attivi di riduzione delle emissioni sonore delle sorgenti e in interventi passivi, adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione dalla sorgente al ricettore o sul ricettore stesso;

d ) i piani dei trasporti urbani ed i piani urbani del traffico; i piani dei trasporti provinciali o regionali ed i piani del traffico per la mobilità extraurbana; la pianificazione e gestione del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo;

e ) la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di attività rumorose o di ricettori particolarmente sensibili.

6. Ai fini della presente legge è definito tecnico competente la figura professionale idonea ad effettuare le misurazioni, verificare l'ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redigere i piani di risanamento acustico, svolgere le relative attività di controllo. Il tecnico competente deve essere in possesso del diploma di scuola media superiore ad indirizzo tecnico o del diploma universitario ad indirizzo scientifico ovvero del diploma di laurea ad indirizzo scientifico.

7. L'attività di tecnico competente può essere svolta previa presentazione di apposita domanda all'assessorato regionale competente in materia ambientale corredata da documentazione comprovante l'aver svolto attività, in modo non occasionale, nel campo dell'acustica ambientale da almeno quattro anni per i diplomati e da almeno due anni per i laureati o per i titolari di diploma universitario.

8. Le attività di cui al comma 6 possono essere svolte altresì da coloro che, in possesso del diploma di scuola media superiore, siano in servizio presso le strutture pubbliche territoriali e vi svolgano la propria attività nel campo dell'acustica ambientale, alla data di entrata in vigore della presente legge.

9. I soggetti che effettuano i controlli devono essere diversi da quelli che svolgono le attività sulle quali deve essere effettuato il controllo.

 
ARTICOLO N.3

Competenze dello Stato.

1. Sono di competenza dello Stato:

a ) la determinazione, ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349 e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dei valori di cui all'art. 2;

b ) il coordinamento dell'attività e la definizione della normativa tecnica generale per il collaudo, l'omologazione, la certificazione e la verifica periodica dei prodotti ai fini del contenimento e dell'abbattimento del rumore; il ruolo e la qualificazione dei soggetti preposti a tale attività nonchè, per gli aeromobili, per i natanti e per i veicoli circolanti su strada, le procedure di verifica periodica dei valori limite di emissione relativa ai prodotti medesimi. Tale verifica, per i veicoli circolanti su strada, avviene secondo le modalità di cui all'art. 80 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;

c ) la determinazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico, tenendo conto delle peculiari caratteristiche del rumore emesso dalle infrastrutture di trasporto;

d ) il coordinamento dell'attività di ricerca, di sperimentazione tecnico-scientifica ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349 e successive modificazioni, e dell'attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati. Al coordinamento provvede il Ministro dell'ambiente, avvalendosi a tal fine anche dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), del Centro superiore ricerche e prove autoveicoli e dispositivi (CSRPAD) del Ministero dei trasporti e della navigazione, nonchè degli istituti e dei dipartimenti universitari;

e ) la determinazione, fermo restando il rispetto dei valori determinati ai sensi della lettera a ), con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici delle sorgenti sonore e dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti, allo scopo di ridurre l'esposizione umana al rumore. Per quanto attiene ai rumori originati dai veicoli a motore definiti dal titolo III del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, restano salve la competenza e la procedura di cui agli articoli 71, 72, 75 e 80 dello stesso decreto legislativo;

f ) l'indicazione, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri per la progettazione, l'esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti, ai fini della tutela dall'inquinamento acustico;

g ) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici dei sistemi di allarme anche antifurto con segnale acustico e dei sistemi di refrigerazione, nonchè la disciplina della installazione, della manutenzione e dell'uso dei sistemi di allarme anche antifurto e anti-intrusione con segnale acustico installato su sorgenti mobili e fisse, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 71, 72, 75, 79, 155 e 156 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;

h ) la determinazione, con le procedure previste alla lettera e ), dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante o di pubblico spettacolo;

i ) l'adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali entro i limiti stabiliti per ogni specifico sistema di trasporto, ferme restando le competenze delle regioni, delle province e dei comuni, e tenendo comunque conto delle disposizioni di cui all'art. 155 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;

l ) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso da imbarcazioni di qualsiasi natura e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico;

m ) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico, con particolare riguardo:

1) ai criteri generali e specifici per la definizione di procedure di abbattimento del rumore valevoli per tutti gli aeroporti e all'adozione di misure di controllo e di riduzione dell'inquinamento acustico prodotto da aeromobili civili nella fase di decollo e di atterraggio;

2) ai criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico;

3) alla individuazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali e ai criteri per regolare l'attività urbanistica nelle zone di rispetto. Ai fini della presente disposizione per attività aeroportuali si intendono sia le fasi di decollo o di atterraggio, sia quelle di manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili;

4) ai criteri per la progettazione e la gestione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti;

n ) la predisposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonchè le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, di campagne di informazione del consumatore e di educazione scolastica.

2. I decreti di cui al comma 1, lettere a ), c ), e ), h ) e l ), sono emanati entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I decreti di cui al comma 1, lettere f ), g ) e m ), sono emanati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. I provvedimenti previsti dal comma 1, lettere a ), c ), d ), e ), f ), g ), h ), i ), l ) e m ), devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano e sottoposti ad aggiornamento e verifica in funzione di nuovi elementi conoscitivi o di nuove situazioni.

4. I provvedimenti di competenza dello Stato devono essere coordinati con quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.

 
ARTICOLO N.4

Competenze delle regioni.

1. Le regioni, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definiscono con legge:

a ) i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera a ), tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all'aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni per l'applicazione dei valori di qualità di cui all'art. 2, comma 1, lettera h ), stabilendo il divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991. Qualora nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni d'uso, si prevede l'adozione dei piani di risanamento di cui all'art. 7;

b ) i poteri sostitutivi in caso di inerzia dei comuni o degli enti competenti ovvero di conflitto tra gli stessi;

c ) modalità, scadenze e sanzioni per l'obbligo di classificazione delle zone ai sensi della lettera a ) per i comuni che adottano nuovi strumenti urbanistici generali o particolareggiati;

d ) fermo restando l'obbligo di cui all'art. 8, comma 4, le modalità di controllo del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonchè dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;

e ) le procedure e gli eventuali ulteriori criteri, oltre a quelli di cui all'art. 7, per la predisposizione e l'adozione da parte dei comuni di piani di risanamento acustico;

f ) i criteri e le condizioni per l'individuazione, da parte dei comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, di valori inferiori a quelli determinati ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a ), della presente legge; tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146;

g ) le modalità di rilascio delle autorizzazioni comunali per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora esso comporti l'impiego di macchinari o di impianti rumorosi;

h ) le competenze delle province in materia di inquinamento acustico ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142;

i ) l'organizzazione nell'ambito del territorio regionale dei servizi di controllo di cui all'art. 14;

l ) i criteri da seguire per la redazione della documentazione di cui all'art. 8, commi 2, 3 e 4;

m ) i criteri per la identificazione delle priorità temporali degli interventi di bonifica acustica del territorio.

2. Le regioni, in base alle proposte pervenute e alle disponibilità finanziarie assegnate dallo Stato, definiscono le priorità e predispongono un piano regionale triennale di intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico, fatte salve le competenze statali relative ai piani di cui all'art. 3, comma 1, lettera i ), per la redazione dei quali le regioni formulano proposte non vincolanti. I comuni adeguano i singoli piani di risanamento acustico di cui all'art. 7 al piano regionale.

 
ARTICOLO N.5

Competenze delle province.

1. Sono di competenza delle province:

a ) le funzioni amministrative in materia di inquinamento acustico previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142;

b ) le funzioni ad esse assegnate dalle leggi regionali di cui all'art. 4;

c ) le funzioni di controllo e di vigilanza di cui all'art. 14, comma 1.

 
ARTICOLO N.6

Competenze dei comuni.

1. Sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti:

a ) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall'art. 4, comma 1, lettera a );

b ) il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con le determinazioni assunte ai sensi della lettera a );

c ) l'adozione dei piani di risanamento di cui all'art. 7;

d ) il controllo, secondo le modalità di cui all'art. 4, comma 1, lettera d ), del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonchè dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;

e ) l'adozione di regolamenti per l'attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall'inquinamento acustico;

f ) la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli, fatte salve le disposizioni contenute nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;

g ) i controlli di cui all'art. 14, comma 2;

h ) l'autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all'art. 2, comma 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal comune stesso.

2. Al fine di cui al comma 1, lettera e ), i comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano i regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale, prevedendo apposite norme contro l'inquinamento acustico, con particolare riferimento al controllo, al contenimento e all'abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalla circolazione degli autoveicoli e dall'esercizio di attività che impiegano sorgenti sonore.

3. I comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a ), secondo gli indirizzi determinati dalla regione di appartenenza, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera f ).

Tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146.

4. Sono fatte salve le azioni espletate dai comuni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, prima della data di entrata in vigore della presente legge. Sono fatti salvi altresì gli interventi di risanamento acustico già effettuati dalle imprese ai sensi dell'art. 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991. Qualora detti interventi risultino inadeguati rispetto ai limiti previsti dalla classificazione del territorio comunale, ai fini del relativo adeguamento viene concesso alle imprese un periodo di tempo pari a quello necessario per completare il piano di ammortamento degli interventi di bonifica in atto, qualora risultino conformi ai princìpi di cui alla presente legge ed ai criteri dettati dalle regioni ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera a ).

 
ARTICOLO N.7

Piani di risanamento acustico.

1. Nel caso di superamento dei valori di attenzione di cui all'art. 2, comma 1, lettera g ), nonchè nell'ipotesi di cui all'art. 4, comma 1, lettera a ), ultimo periodo, i comuni provvedono all'adozione di piani di risanamento acustico, assicurando il coordinamento con il piano urbano del traffico di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, e con i piani previsti dalla vigente legislazione in materia ambientale. I piani di risanamento sono approvati dal consiglio comunale. I piani comunali di risanamento recepiscono il contenuto dei piani di cui all'art. 3, comma 1, lettera i ), e all'art. 10, comma 5.

2. I piani di risanamento acustico di cui al comma 1 devono contenere:

a ) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare individuate ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera a );

b ) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento;

c ) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento;

d ) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari;

e ) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica.

3. In caso di inerzia del comune ed in presenza di gravi e particolari problemi di inquinamento acustico, all'adozione del piano si provvede, in via sostitutiva, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera b ).

4. Il piano di risanamento di cui al presente articolo può essere adottato da comuni diversi da quelli di cui al comma 1, anche al fine di perseguire i valori di cui all'art. 2, comma 1, lettera h ).

5. Nei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti la Giunta comunale presenta al consiglio comunale una relazione biennale sullo stato acustico del comune. Il consiglio comunale approva la relazione e la trasmette alla regione ed alla provincia per le iniziative di competenza. Per i comuni che adottano il piano di risanamento di cui al comma 1, la prima relazione è allegata al piano stesso. Per gli altri comuni, la prima relazione è adottata entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 
ARTICOLO N.8

Disposizioni in materia di impatto acustico.

1. I progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ferme restando le prescrizioni di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377 e successive modificazioni, e 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, devono essere redatti in conformità alle esigenze di tutela dall'inquinamento acustico delle popolazioni interessate.

2. Nell'ambito delle procedure di cui al comma 1, ovvero su richiesta dei comuni, i competenti soggetti titolari dei progetti o delle opere predispongono una documentazione di impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento delle seguenti opere:

a ) aeroporti, aviosuperfici, eliporti;

b ) strade di tipo A (autostrade), B (strade extraurbane principali), C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere) e F (strade locali), secondo la classificazione di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;

c ) discoteche;

d ) circoli privati e pubblici esercizi ove sono installati macchinari o impianti rumorosi;

e ) impianti sportivi e ricreativi;

f ) ferrovie ed altri sistemi di trasporto collettivo su rotaia.

3. é fatto obbligo di produrre una valutazione previsionale del clima acustico delle aree interessate alla realizzazione delle seguenti tipologie di insediamenti:

a ) scuole e asili nido;
b ) ospedali;
c ) case di cura e di riposo;
d ) parchi pubblici urbani ed extraurbani;

e ) nuovi insediamenti residenziali prossimi alle opere di cui al comma 2.

4. Le domande per il rilascio di concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonchè le domande di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive devono contenere una documentazione di previsione di impatto acustico.

5. La documentazione di cui ai commi 2, 3 e 4 del presente articolo è resa, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera l ), della presente legge, con le modalità di cui all'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.

6. La domanda di licenza o di autorizzazione all'esercizio delle attività di cui al comma 4 del presente articolo, che si prevede possano produrre valori di emissione superiori a quelli determinati ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a ), deve contenere l'indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall'attività o dagli impianti. La relativa documentazione deve essere inviata all'ufficio competente per l'ambiente del comune ai fini del rilascio del relativo nulla-osta.

 
ARTICOLO N.9

Ordinanze contingibili ed urgenti.

1. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della Giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'art. 8 della legge 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri.

2. Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica.

 
ARTICOLO N.10

Sanzioni amministrative.

1. Fatto salvo quanto previsto dall'art. 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'art. 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 20.000.000.

2. Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione e di immissione di cui all'art. 2, comma 1, lettere e ) e f ), fissati in conformità al disposto dell'art. 3, comma 1, lettera a ), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000.

3. La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'art. 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 20.000.000.

4. Il 70 per cento delle somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo è versato all'entrata del bilancio dello Stato, per essere devoluto ai comuni per il finanziamento dei piani di risanamento di cui all'art. 7, con incentivi per il raggiungimento dei valori di cui all'art. 2, comma 1, lettere f ) e h ).

5. In deroga a quanto previsto ai precedenti commi, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore. Per quanto riguarda l'ANAS la suddetta quota è determinata nella misura dell'1,5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione. Nel caso dei servizi pubblici essenziali, i suddetti piani coincidono con quelli di cui all'art. 3, comma 1, lettera i ); il controllo del rispetto della loro attuazione è demandato al Ministero dell'ambiente.

 
ARTICOLO N.11

Regolamenti di esecuzione.

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto, secondo le materie di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e della difesa, sono emanati regolamenti di esecuzione, distinti per sorgente sonora relativamente alla disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, avvalendosi anche del contributo tecnico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi, dagli autodromi, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonchè dalle nuove localizzazioni aeroportuali.

2. I regolamenti di cui al comma 1 devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano.

3. La prevenzione e il contenimento acustico nelle aree esclusivamente interessate da installazioni militari e nelle attività delle Forze armate sono definiti mediante specifici accordi dai comitati misti paritetici di cui all'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 e successive modificazioni.

 
ARTICOLO N.12

Messaggi pubblicitari.

1. All'art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223, dopo il comma 2, è inserito il seguente:

"2- bis . é fatto divieto alla concessionaria pubblica e ai concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva di trasmettere sigle e messaggi pubblicitari con potenza sonora superiore a quella ordinaria dei programmi".

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica dodici mesi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. La vigilanza e le sanzioni sono disposte ai sensi del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74.

 
ARTICOLO N.13

Contributi agli enti locali.

1. Le regioni nell'ambito dei propri bilanci possono concedere contributi in conto interessi ed in conto capitale per le spese da effettuarsi dai comuni e dalle province per l'organizzazione del sistema di monitoraggio e di controllo, nonchè per le misure previste nei piani di risanamento.

2. Nella concessione dei contributi ai comuni, di cui al comma 1 del presente articolo, è data priorità ai comuni che abbiano adottato i piani di risanamento di cui all'art. 7.

 
ARTICOLO N.14
Controlli.

1. Le amministrazioni provinciali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza per l'attuazione della presente legge in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale, utilizzano le strutture delle agenzie regionali dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

2. Il comune esercita le funzioni amministrative relative al controllo sull'osservanza:

a ) delle prescrizioni attinenti il contenimento dell'inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse;

b ) della disciplina stabilita all'art. 8, comma 6, relativamente al rumore prodotto dall'uso di macchine rumorose e da attività svolte all'aperto;

c ) della disciplina e delle prescrizioni tecniche relative all'attuazione delle disposizioni di cui all'art. 6;

d ) della corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti della documentazione fornita ai sensi dell'art. 8, comma 5.

3. Il personale incaricato dei controlli di cui al presente articolo ed il personale delle agenzie regionali dell'ambiente, nell'esercizio delle medesime funzioni di controllo e di vigilanza, può accedere agli impianti ed alle sedi di attività che costituiscono fonte di rumore, e richiedere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni. Tale personale è munito di documento di riconoscimento rilasciato dall'ente o dall'agenzia di appartenenza. Il segreto industriale non può essere opposto per evitare od ostacolare le attività di verifica o di controllo.

 
ARTICOLO N.15
Regime transitorio.

1. Nelle materie oggetto dei provvedimenti di competenza statale e dei regolamenti di esecuzione previsti dalla presente legge, fino all'adozione dei provvedimenti e dei regolamenti medesimi si applicano, per quanto non in contrasto con la presente legge, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, fatta eccezione per le infrastrutture dei trasporti, limitatamente al disposto di cui agli articoli 2, comma 2, e 6, comma 2.

2. Ai fini del graduale raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge, le imprese interessate devono presentare il piano di risanamento acustico di cui all'art. 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, entro il termine di sei mesi dalla classificazione del territorio comunale secondo i criteri di cui all'art. 4, comma 1, lettera a ), della presente legge. Nel piano di risanamento dovrà essere indicato con adeguata relazione tecnica il termine entro il quale le imprese prevedono di adeguarsi ai limiti previsti dalle norme di cui alla presente legge.

3. Le imprese che non presentano il piano di risanamento devono adeguarsi ai limiti fissati dalla suddivisione in classi del territorio comunale entro il termine previsto per la presentazione del piano stesso.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991.

 
ARTICOLO N.16
Abrogazione di norme

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, è emanato, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, un apposito regolamento con il quale sono individuati gli atti normativi incompatibili con la presente legge, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.

 
ARTICOLO N.17
Entrata in vigore.

1. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

• Infortuni domesticiI L.3.12.1999 n. 493
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20 • Gennaio • 2014

 

Epigrafe

LEGGE 3 dicembre 1999, n. 493 (in Gazz. Uff., 28 dicembre, n. 303). - Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici (1) (2).

(1) Vedi inoltre l'articolo 2 del D.M. 31 gennaio 2006 e il D.M. 15 settembre 2000.

(2) In riferimento alla presente legge vedi: Nota Inail 20 novembre 2012 n. 10422.

CAPO II

PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI NEGLI AMBIENTI DI CIVILE ABITAZIONE

ARTICOLO N.3

Funzioni del Servizio sanitario nazionale.

1. E' compito del Servizio sanitario nazionale promuovere a livello territoriale la sicurezza e la salute negli ambienti di civile abitazione e, sulla base delle linee guida di cui all'art. 5, comma 1, sviluppare una adeguata azione di informazione ed educazione per la prevenzione delle cause di nocività e degli infortuni negli ambienti di civile abitazione.

2. Ai fini di cui alla presente legge, è compito del dipartimento per la prevenzione di ogni unità sanitaria locale, di cui all'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, ai sensi dell'art. 20 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni, in collaborazione con i servizi territoriali, materno-infantile e di medicina di base, l'esercizio delle funzioni per:

a) l'assistenza per la prevenzione delle cause di nocività e degli infortuni negli ambienti di civile abitazione;

b) l'individuazione e la valutazione dei rischi presenti o che si possono determinare nei predetti ambienti;

c) la promozione e l'organizzazione di iniziative di educazione sanitaria nei confronti della popolazione;

d) il coordinamento territoriale dei programmi di intervento dei servizi, dei presìdi e delle unità operative tesi ad assicurare le necessarie integrazioni ai fini della sicurezza.

3. L'esercizio delle funzioni di cui al comma 2 si realizza nei limiti delle risorse già destinate allo scopo nell'ambito del Fondo sanitario nazionale.

4. Il dipartimento per la prevenzione delle unità sanitarie locali si avvale dei presidi multizonali di prevenzione o dell'agenzia regionale o provinciale per la protezione dell'ambiente, ove istituita, con riferimento ai bacini di utenza più ampi di una singola unità sanitaria locale.

5. Sulla base dei programmi determinati dalle regioni, nell'esercizio delle loro funzioni di indirizzo e di coordinamento, il dipartimento per la prevenzione operante presso ciascuna unità sanitaria locale è preposto alla realizzazione degli interventi di cui al presente articolo.

6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove una conferenza nazionale al fine di verificare i risultati raggiunti, di programmare gli interventi di cui al presente articolo e di determinare l'entità delle risorse ad essi destinate

• Codice della strada DLGS 30.4.1992 n. 285 (Art. 30)
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Epigrafe

DECRETO LEGISLATIVO 30 aprile 1992, n. 285 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 18 maggio, n. 114). - Nuovo codice della strada. (CODICE DELLA STRADA) (1) (2) (A).

(1) Vedi anche il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) e la Direttiva Ministeriale 24 ottobre 2000.

(2) Per l'aggiornamento degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni al Codice della strada, ai sensi del presente decreto, vedi l' articolo 1, comma 1, del D.M. 19 dicembre 2012 . Vedi, inoltre, quanto disposto dal comma 2 del medesimo articolo 1 .

(A) In riferimento al presente decreto vedi: Parere Autorità garante per la concorrenza e il mercato 08 novembre 2012 n. AS991; Parere Autorità garante per la protezione dei dati personali 24 gennaio 2013 n. 2256617.

TITOLO V

NORME DI COMPORTAMENTO

(Omissis).
 


TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

ARTICOLO N.1

Principi generali (1).

1. La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato.

2. La circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulle strade è regolata dalle norme del presente codice e dai provvedimenti emanati in applicazione di esse, nel rispetto delle normative internazionali e comunitarie in materia. Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi: di ridurre i costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; di migliorare la fluidità della circolazione.

3. Al fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali ed in relazione agli obiettivi ed agli indirizzi della Commissione europea, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti definisce il Piano nazionale per la sicurezza stradale.

4. Il Governo comunica annualmente al Parlamento l'esito delle indagini periodiche riguardanti i profili sociali, ambientali ed economici della circolazione stradale.

5. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti fornisce all'opinione pubblica i dati più significativi utilizzando i più moderni sistemi di comunicazione di massa e, nei riguardi di alcune categorie di cittadini, il messaggio pubblicitario di tipo prevenzionale ed educativo.

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1, comma 1, del D.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall'articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

 
ARTICOLO N.2

Definizione e classificazione delle strade.

1. Ai fini dell'applicazione delle norme del presente codice si definisce "strada" l'area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

2. Le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:

A - Autostrade;
B - Strade extraurbane principali;
C - Strade extraurbane secondarie;

D - Strade urbane di scorrimento E - Strade urbane di quartiere;

F - Strade locali;
F-bis. Itinerari ciclopedonali (1).

3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:

A - Autostrada : strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine; deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione (2).

B - Strada extraurbana principale : strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione (3).

C - Strada extraurbana secondaria : strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine.

D - Strada urbana di scorrimento : strada a carreggiate indipendenti o separata da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate (4).

E - Strada urbana di quartiere : strada ad unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi, per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla carreggiata.

F - Strada locale : strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1 non facente parte degli altri tipi di strade;

F-bis. Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell'utenza debole della strada (5).

4. E' denominata "strada di servizio" la strada affiancata ad una strada principale (autostrada, strada extraurbana principale, strada urbana di scorrimento) avente la funzione di consentire la sosta ed il raggruppamento degli accessi dalle proprietà laterali alla strada principale e viceversa, nonchè il movimento e le manovre dei veicoli non ammessi sulla strada principale stessa.

5. Per le esigenze di carattere amministrativo e con riferimento all'uso e alle tipologie dei collegamenti svolti, le strade, come classificate ai sensi del comma 2, si distinguono in strade "statali", "regionali", "provinciali", "comunali", secondo le indicazioni che seguono. Enti proprietari delle dette strade sono rispettivamente lo Stato, la regione, la provincia, il comune. [ Per le strade destinate esclusivamente al traffico militare e denominate "strade militari", ente proprietario è considerato il comando della regione militare territoriale ] (6).

6. Le strade extraurbane di cui al comma 2, lettere B, C ed F, si distinguono in (7):

A - Statali, quando: a ) costituiscono le grandi direttrici del traffico nazionale; b ) congiungono la rete viabile principale dello Stato con quelle degli Stati limitrofi; c ) congiungono tra loro i capoluoghi di regione ovvero i capoluoghi di provincia situati in regioni diverse, ovvero costituiscono diretti ed importanti collegamenti tra strade statali; d ) allacciano alla rete delle strade statali i porti marittimi, gli aeroporti, i centri di particolare importanza industriale, turistica e climatica; e ) servono traffici interregionali o presentano particolare interesse per l'economia di vaste zone del territorio nazionale.

B - Regionali, quando allacciano i capoluoghi di provincia della stessa regione tra loro o con il capoluogo di regione ovvero allacciano i capoluoghi di provincia o i comuni con la rete statale se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.

C - Provinciali, quando allacciano al capoluogo di provincia capoluoghi dei singoli comuni della rispettiva provincia o più capoluoghi di comuni tra loro ovvero quando allacciano alla rete statale o regionale i capoluoghi di comune, se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.

D - Comunali, quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni fra loro, ovvero congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tranviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, con interporti o nodi di scambio intermodale o con le localita' che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettivita' comunale. Ai fini del presente codice, le strade 'vicinali' sono assimilate alle strade comunali (8)

7. Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E (9) e F , sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti. [Sono comunali anche le strade che congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni tra loro, ovvero che congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tramviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, interporti o nodi di scambio intermodale o con le località che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettività comunale]. [Ai fini del presente codice le "strade vicinali" sono assimilate alle strade comunali] (10).

8. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel termine indicato dall'art. 13, comma 5, procede alla classificazione delle strade statali ai sensi del comma 5, seguendo i criteri di cui ai commi 5, 6 e 7, sentiti [ il Consiglio nazionale delle ricerche, ] il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio di amministrazione dell'Azienda nazionale autonoma per le strade statali, le regioni interessate, nei casi e con le modalità indicate dal regolamento. Le regioni, nel termine e con gli stessi criteri indicati, procedono, sentiti gli enti locali, alle classificazioni delle strade ai sensi del comma 5. Le strade così classificate sono iscritte nell'Archivio nazionale delle strade previsto dall'art. 226 (11).

9. Quando le strade non corrispondono più all'uso e alle tipologie di collegamento previste sono declassificate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalle regioni, secondo le rispettive competenze, acquisiti i pareri indicati nel comma 8. I casi e la procedura per tale declassificazione sono indicati dal regolamento (12).

10. Le disposizioni di cui alla presente disciplina non modificano gli effetti del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, emanato in attuazione della legge 8 luglio 1986, n. 349, in ordine all'individuazione delle opere sottoposte alla procedura di valutazione d'impatto ambientale.

10-bis. Resta ferma, per le strade e veicoli militari, la disciplina specificamente prevista dal codice dell'ordinamento militare (13).

(1) Lettera aggiunta dall’articolo 01, comma 1, lettera a), del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214.

(2) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(3) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(4) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(5) Lettera aggiunta dall’articolo 01, comma 1, lettera b), del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214.

(6) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 e successivamente modificato dall' articolo 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 .

(7) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(8) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(9) Così rettificato in Gazz. Uff. 9 febbraio 1993, n. 32.

(10) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(11) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 e successivamente dall’articolo 17, comma 1, lettera b), del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9, con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall'articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(12) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 e successivamente dall’articolo 17, comma 1, lettera b), del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9, con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall'articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(13) Comma aggiunto dall' articolo 2128, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

 
ARTICOLO N.3

Definizioni stradali e di traffico.

1. Ai fini delle presenti norme le denominazioni stradali e di traffico hanno i seguenti significati:

1) Area di intersezione : parte della intersezione a raso, nella quale si intersecano due o più correnti di traffico.

2) Area pedonale: zona interdetta alla circolazione dei veicoli, salvo quelli in servizio di emergenza, i velocipedi e i veicoli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie, nonché eventuali deroghe per i veicoli ad emissioni zero aventi ingombro e velocità tali da poter essere assimilati ai velocipedi. In particolari situazioni i comuni possono introdurre, attraverso apposita segnalazione, ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali (1).

3) Attraversamento pedonale : parte della carreggiata, opportunamente segnalata ed organizzata, sulla quale i pedoni in transito dall'uno all'altro lato della strada godono della precedenza rispetto ai veicoli.

4) Banchina : parte della strada compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino tra i seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati.

5) Braccio di intersezione : cfr. Ramo di intersezione .

6) Canalizzazione : insieme di apprestamenti destinato a selezionare le correnti di traffico per guidarle in determinate direzioni.

7) Carreggiata : parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da striscie di margine.

8) Centro abitato : insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorchè intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada.

9) Circolazione : è il movimento, la fermata e la sosta dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulla strada.

10) Confine stradale : limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato; in mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea.

11) Corrente di traffico : insieme di veicoli (corrente veicolare), o pedoni (corrente pedonale), che si muovono su una strada nello stesso senso di marcia su una o più file parallele, seguendo una determinata traiettoria.

12) Corsia : parte longitudinale della strada di larghezza idonea a permettere il transito di una sola fila di veicoli.

13) Corsia di accelerazione : corsia specializzata per consentire ed agevolare l'ingresso ai veicoli sulla carreggiata.

14) Corsia di decelerazione : corsia specializzata per consentire l'uscita dei veicoli da una carreggiata in modo da non provocare rallentamenti ai veicoli non interessati a tale manovra.

15) Corsia di emergenza : corsia, adiacente alla carreggiata, destinata alle soste di emergenza, al transito dei veicoli di soccorso ed, eccezionalmente, al movimento dei pedoni, nei casi in cui sia ammessa la circolazione degli stessi.

16) Corsia di marcia : corsia facente parte della carreggiata, normalmente delimitata da segnaletica orizzontale.

17) Corsia riservata : corsia di marcia destinata alla circolazione esclusiva di una o solo di alcune categorie di veicoli.

18) Corsia specializzata : corsia destinata ai veicoli che si accingono ad effettuare determinate manovre, quali svolta, attraversamento, sorpasso, decelerazione, accelerazione, manovra per la sosta o che presentano basse velocità o altro.

19) Cunetta : manufatto destinato allo smaltimento delle acque meteoriche o di drenaggio, realizzato longitudinalmente od anche trasversalmente all'andamento della strada.

20) Curva : raccordo longitudinale fra due tratti di strada rettilinei, aventi assi intersecantisi, tali da determinare condizioni di limitata visibilità (2).

21) Fascia di pertinenza : striscia di terreno compresa tra la carreggiata ed il confine stradale. é parte della proprietà stradale e può essere utilizzata solo per la realizzazione di altre parti della strada.

22) Fascia di rispetto : striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili.

23) Fascia di sosta laterale : parte della strada adiacente alla carreggiata, separata da questa mediante striscia di margine discontinua e comprendente la fila degli stalli di sosta e la relativa corsia di manovra.

24) Golfo di fermata : parte della strada, esterna alla carreggiata, destinata alle fermate dei mezzi collettivi di linea ed adiacente al marciapiede o ad altro spazio di attesa per i pedoni.

25) Intersezione a livelli sfalsati : insieme di infrastrutture (sovrappassi; sottopassi e rampe) che consente lo smistamento delle correnti veicolari fra rami di strade poste a diversi livelli.

26) Intersezione a raso ( o a livello ): area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall'una all'altra di esse.

27) Isola di canalizzazione : parte della strada, opportunamente delimitata e non transitabile, destinata a incanalare le correnti di traffico.

28) Isola di traffico : cfr. Isola di canalizzazione .
29) Isola salvagente : cfr. Salvagente .
30) Isola spartitraffico : cfr. Spartitraffico .

31) Itinerario internazionale : strade o tratti di strade facenti parte degli itinerari così definiti dagli accordi internazionali.

32) Livelletta : tratto di strada a pendenza longitudinale costante.

33) Marciapiede : parte della strada, esterna alla carreggiata, rialzata o altrimenti delimitata e protetta, destinata ai pedoni.

34) Parcheggio : area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli.

34-bis) Parcheggio scambiatore: parcheggio situato in prossimità di stazioni o fermate del trasporto pubblico locale o del trasporto ferroviario, per agevolare l'intermodalità (3).

35) Passaggio a livello : intersezione a raso, opportunamente attrezzata e segnalata ai fini della sicurezza, tra una o più strade ed una linea ferroviaria o tramviaria in sede propria.

36) Passaggio pedonale (cfr. anche Marciapiede ): parte della strada separata dalla carreggiata, mediante una striscia bianca continua o una apposita protezione parallela ad essa e destinata al transito dei pedoni. Esso espleta la funzione di un marciapiede stradale, in mancanza di esso (4).

37) Passo carrabile : accesso ad un'area laterale idonea allo stanziamento di uno o più veicoli.

38) Piazzola di sosta : parte della strada, di lunghezza limitata, adiacente esternamente alla banchina, destinata alla sosta dei veicoli.

39) Pista ciclabile : parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi.

40) Raccordo concavo : raccordo tra due livellette contigue di diversa pendenza che si intersecano al di sotto della superficie stradale. Tratto di strada con andamento longitudinale concavo (CUNETTA) (5).

41) Raccordo convesso : raccordo tra due livellette contigue di diversa pendenza che si intersecano al di sopra della superficie stradale. Tratto di strada con andamento longitudinale convesso (DOSSO) (6).

42) Ramo di intersezione : tratto di strada afferente una intersezione.

43) Rampa di intersezione : strada destinata a collegare due rami di un'intersezione.

44) Ripa : zona di terreno immediatamente sovrastante o sottostante le scarpate del corpo stradale rispettivamente in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada.

45) Salvagente : parte della strada, rialzata o opportunamente delimitata e protetta, destinata al riparo ed alla sosta dei pedoni, in corrispondenza di attraversamenti pedonali o di fermate dei trasporti collettivi.

46) Sede stradale : superficie compresa entro i confini stradali. Comprende la carreggiata e le fasce di pertinenza.

47) Sede tranviaria : parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei tram e dei veicoli assimilabili.

48) Sentiero (o Mulattiera o Tratturo ): strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali.

49) Spartitraffico : parte longitudinale non carrabile della strada destinata alla separazione di correnti veicolari.

50) Strada extraurbana : strada esterna ai centri abitati.
51) Strada urbana : strada interna ad un centro abitato.

52) Strada vicinale (o Poderale o di Bonifica ): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico.

53) Svincolo : intersezione a livelli sfalsati in cui le correnti veicolari non si intersecano tra loro.

53-bis) Utente debole della strada: pedoni, disabili in carrozzella, ciclisti e tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade (7).

54) Zona a traffico limitato : area in cui l'accesso e la circolazione veicolare sono limitati ad ore prestabilite o a particolari categorie di utenti e di veicoli.

55) Zona di attestamento : tratto di carreggiata, immediatamente a monte della linea di arresto, destinato all'accumulo dei veicoli in attesa di via libera e, generalmente, suddiviso in corsie specializzate separate da striscie longitudinali continue.

56) Zona di preselezione : tratto di carreggiata, opportunamente segnalato, ove è consentito il cambio di corsia affinchè i veicoli possano incanalarsi nelle corsie specializzate.

57) Zona di scambio : tratto di carreggiata a senso unico, di idonea lunghezza, lungo il quale correnti di traffico parallele, in movimento nello stesso verso, possono cambiare la reciproca posizione senza doversi arrestare.

58) Zona residenziale : zona urbana in cui vigono particolari regole di circolazione a protezione dei pedoni e dell'ambiente, delimitata lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e di fine.

2. Nel regolamento sono stabilite altre definizioni stradali e di traffico di specifico rilievo tecnico.

(1) Numero modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 e successivamente sostituito dall' articolo 01 del D.L. del 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214.

(2) Numero modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(3) Numero inserito dall' articolo 01 del D.L. del 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214.

(4) Numero modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(5) Numero modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(6) Numero modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360.

(7) Numero inserito dall' articolo 01 del D.L. del 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214.

 
ARTICOLO N.4

Delimitazione del centro abitato.

1. Ai fini dell'attuazione della disciplina della circolazione stradale, il comune, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, provvede con deliberazione della giunta alla delimitazione del centro abitato.

2. La deliberazione di delimitazione del centro abitato come definito dall'art. 3 è pubblicata all'albo pretorio per trenta giorni consecutivi; ad essa viene allegata idonea cartografia nella quale sono evidenziati i confini sulle strade di accesso.

 
ARTICOLO N.5

Regolamentazione della circolazione in generale.

1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può impartire ai prefetti e agli enti proprietari delle strade le direttive per l'applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione sulle strade di cui all'art. 2 (1).

2. In caso di inosservanza di norme giuridiche, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può diffidare gli enti proprietari ad emettere i relativi provvedimenti. Nel caso in cui gli enti proprietari non ottemperino nel termine indicato, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dispone, in ogni caso di grave pericolo per la sicurezza, l'esecuzione delle opere necessarie, con diritto di rivalsa nei confronti degli enti medesimi (3).

3. I provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali. [Contro i provvedimenti emessi dal comando militare territoriale di regione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro della difesa.] (3)

(1) Comma modificato dall'articolo 3, comma 1 del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360e, successivamente dall'articolo 17, comma 1, lettera b), del D.Lgs 15 gennaio 2002, n. 9, con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall' articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(2) Comma modificato dall'articolo 17, comma 1, lettera b) del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9, con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall' articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(3) Comma modificato dall'articolo 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

 
ARTICOLO N.6

Regolamentazione della circolazione fuori dei centri abitati .

1. Il prefetto, per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione, di tutela della salute, nonché per esigenze di carattere militare può, conformemente alle direttive del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sospendere temporaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle strade o su tratti di esse. Il prefetto, inoltre, nei giorni festivi o in particolari altri giorni fissati con apposito calendario, da emanarsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può vietare la circolazione di veicoli adibiti al trasporto di cose. Nel regolamento sono stabilite le condizioni e le eventuali deroghe (1) (2).

2. Il prefetto stabilisce, anno per anno, le opportune prescrizioni per il transito periodico di armenti e di greggi determinando, quando occorra, gli itinerari e gli intervalli di tempo e di spazio.

[ 3. Per le strade militari i poteri di cui ai commi 1 e 2 sono esercitati dal comandante della regione militare territoriale. ] (3)

4. L'ente proprietario della strada può, con l'ordinanza di cui all'art. 5, comma 3:

a ) disporre, per il tempo strettamente necessario, la sospensione della circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti per motivi di incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico;

b ) stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade;

c ) riservare corsie, anche protette, a determinate categorie di veicoli, anche con guida di rotaie, o a veicoli destinati a determinati usi;

d ) vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o la sosta dei veicoli;

e) prescrivere che i veicoli siano muniti ovvero abbiano a bordo mezzi antisdrucciolevoli o pneumatici invernali idonei alla marcia su neve o su ghiaccio (4);

f ) vietare temporaneamente la sosta su strade o tratti di strade per esigenze di carattere tecnico o di pulizia, rendendo noto tale divieto con i prescritti segnali non meno di quarantotto ore prima ed eventualmente con altri mezzi appropriati;

[ f-bis) prescrivere al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali, qualora non sia possibile garantire adeguate condizioni di sicurezza per la circolazione stradale e per l'incolumità delle persone mediante il ricorso a soluzioni alternative. ] (5)

5. Le ordinanze di cui al comma 4 sono emanate:

a ) per le strade e le autostrade statali, dal capo dell'ufficio periferico dell'A.N.A.S. competente per territorio;

b ) per le strade regionali, dal Presidente della Giunta;
c ) per le strade provinciali, dal Presidente della provincia;
d ) per le strade comunali e le strade vicinali, dal Sindaco;

[ e ) per le strade militari, dal Comandante della regione militare territoriale. ] (6)

6. Per le strade e le autostrade in concessione, i poteri dell'ente proprietario della strada sono esercitati dal concessionario, previa comunicazione all'ente concedente. In caso di urgenza, i relativi provvedimenti possono essere adottati anche senza la preventiva comunicazione al concedente, che può revocare gli stessi.

7. Nell'ambito degli aereoporti aperti al traffico aereo civile e nelle aree portuali, la competenza a disciplinare la circolazione delle strade interne aperte all'uso pubblico è riservata rispettivamente al direttore della circoscrizione aereoportuale competente per territorio e al comandante di porto capo di circondario, i quali vi provvedono a mezzo di ordinanze, in conformità alle norme del presente codice. Nell'ambito degli aereoporti ove le aerostazioni siano affidate in gestione a enti o società, il potere di ordinanza viene esercitato dal direttore della circoscrizione aeroportuale competente per territorio, sentiti gli enti e le società interessati.

8. Le autorità che hanno disposto la sospensione della circolazione di cui ai commi 1 e 4, lettere a ) e b ), possono accordare, per esigenze gravi e indifferibili o per accertate necessità, deroghe o permessi, subordinati a speciali condizioni e cautele.

9. Tutte le strade statali sono a precedenza, salvo che l'autorità competente disponga diversamente in particolari intersezioni in relazione alla classifica di cui all'art. 2, comma 2. Sulle altre strade o tratti di strade la precedenza e' stabilita dagli enti proprietari sulla base della classificazione di cui all'articolo 2, comma 2. In caso di controversia decide, con proprio decreto, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La precedenza deve essere resa nota con i prescritti segnali da installare a cura e spese dell'ente proprietario della strada che ha la precedenza (7).

10. L'ente proprietario della strada a precedenza, quando la intensità o la sicurezza del traffico lo richiedano, può, con ordinanza, prescrivere ai conducenti l'obbligo di fermarsi prima di immettersi sulla strada a precedenza.

11. Quando si tratti di due strade entrambe a precedenza, appartenenti allo stesso ente, l'ente deve stabilire l'obbligo di dare la precedenza ovvero anche l'obbligo di arrestarsi all'intersezione; quando si tratti di due strade a precedenza appartenenti a enti diversi, gli obblighi suddetti devono essere stabiliti di intesa fra gli enti stessi. Qualora l'accordo non venga raggiunto, decide con proprio decreto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (8).

12. Chiunque non ottempera ai provvedimenti di sospensione della circolazione emanati a norma dei commi 1 e 3 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674. Se la violazione è commessa dal conducente di un veicolo adibito al trasporto di cose, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 419 a euro 1.682 . In questa ultima ipotesi dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a quattro mesi, nonché della sospensione della carta di circolazione del veicolo per lo stesso periodo ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI (9).

13. Chiunque viola le prescrizioni di cui al comma 2 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 25 a euro 99 (10).

14. Chiunque viola gli altri obblighi, divieti e limitazioni previsti nel presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 84,00 a Euro 335,00. Nei casi di sosta vietata la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da Euro 41 a Euro 168; qualora la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa pecuniaria è applicata per ogni periodo di ventiquattro ore per il quale si protrae la violazione (11).

15. Nelle ipotesi di violazione del comma 12 l'agente accertatore intima al conducente di non proseguire il viaggio finchè non spiri il termine del divieto di circolazione; egli deve, quando la sosta nel luogo in cui è stata accertata la violazione costituisce intralcio alla circolazione, provvedere a che il veicolo sia condotto in un luogo vicino in cui effettuare la sosta. Di quanto sopra è fatta menzione nel verbale di contestazione. Durante la sosta la responsabilità del veicolo e del relativo carico rimane al conducente. Se le disposizioni come sopra impartite non sono osservate, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente è da due a sei mesi.

(1) Comma modificato dall’articolo 4, comma 1, lettera a) del D.Lgs 10 settembre 1993, n. 390 e successivamente dall’ articolo 17, comma 1, lettera b), del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9 , con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall' articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(2) Per le direttive e il calendario relativi alle limitazioni alla circolazione stradale fuori dai centri abitati vedi per l' anno 2000 il D.M. 30 novembre 1999 , per l' anno 2001 il D.M. 18 dicembre 2000 , per l'anno 2002 il D.M. 5 dicembre 2001 , per l'anno 2003 il D.M. 17 dicembre 2002 , per l'anno 2004 il D.M. 17 dicembre 2003 , per l'anno 2005 il D.M. 15 dicembre 2004.

(3) Comma abrogato dall' articolo 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

(4) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 1, della Legge 29 luglio 2010, n. 120.

(5) Lettera aggiunta dall' articolo 8, comma 9 quater, del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221; il comma 9-quater è stato successivamente soppresso dall' articolo 1, comma 223, lettera a), della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 .

(6) Lettera abrogata dall' articolo 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

(7) Comma modificato dall’articolo 4, comma 1, lettera b) del D.Lgs 10 settembre 1993, n. 390 e successivamente dall’ articolo 17, comma 1, lettera b), del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9 , con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall' articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(8) Comma modificato dall’ articolo 17, comma 1, lettera b), del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9 , con effetto a decorrere dalla data indicata nell' articolo 19 del medesimo decreto, prorogata al 30 giugno 2003 dall' articolo 10, comma 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 dicembre 2002, n. 284.

(9) Sanzione aggiornata dal D.M. 4 gennaio 1995, dal D.M. 20 dicembre 1996, dal D.M. 22 dicembre 1998, dal D.M. 29 dicembre 2000, dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010 e dal D.M. 19 dicembre 2012 , come previsto dall' articolo 195 del presente decreto.

(10) Sanzione aggiornata dal D.M. 4 gennaio 1995, dal D.M. 20 dicembre 1996, dal D.M. 22 dicembre 1998, dal D.M. 29 dicembre 2000, dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010 e dal D.M. 19 dicembre 2012 , come previsto dall' articolo 195 del presente decreto.

(11) Sanzione aggiornata dal D.M. 4 gennaio 1995, dal D.M. 20 dicembre 1996, dal D.M. 22 dicembre 1998, dal D.M. 29 dicembre 2000, dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010 e dal D.M. 19 dicembre 2012 , come previsto dall' articolo 195 del presente decreto.

 
ARTICOLO N.7

Regolamentazione della circolazione nei centri abitati .

1. Nei centri abitati i comuni possono, con ordinanza del sindaco:

a) adottare i provvedimenti indicati nell'art. 6, commi 1, 2 e 4;

b) limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale, conformemente alle direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti, per le rispettive competenze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e della tutela del territorio , il Ministro per i beni culturali e ambientali (1);

c) stabilire la precedenza su determinate strade o tratti di strade, ovvero in una determinata intersezione, in relazione alla classificazione di cui all'art. 2, e, quando la intensità o la sicurezza del traffico lo richiedano, prescrivere ai conducenti, prima di immettersi su una determinata strada, l'obbligo di arrestarsi all'intersezione e di dare la precedenza a chi circola su quest'ultima (2);

d) riservare limitati spazi alla sosta dei veicoli degli organi di polizia stradale di cui all'art. 12, dei vigili del fuoco, dei servizi di soccorso, nonché di quelli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria, munite del contrassegno speciale, ovvero a servizi di linea per lo stazionamento ai capilinea;

e) stabilire aree nelle quali è autorizzato il parcheggio dei veicoli;

f) stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le aree urbane (3) ;

g) prescrivere orari e riservare spazi per i veicoli utilizzati per il carico e lo scarico di cose;

h) istituire le aree attrezzate riservate alla sosta e al parcheggio delle autocaravan di cui all'art 185;

i) riservare strade alla circolazione dei veicoli adibiti a servizi pubblici di trasporto, al fine di favorire la mobilità urbana.

2. I divieti di sosta si intendono imposti dalle ore 8 alle ore 20, salvo che sia diversamente indicato nel relativo segnale.

3. Per i tratti di strade non comunali che attraversano centri abitati, i provvedimenti indicati nell'art. 6, commi 1 e 2, sono di competenza del prefetto e quelli indicati nello stesso articolo, comma 4, lettera a) , sono di competenza dell'ente proprietario della strada. I provvedimenti indicati nello stesso comma 4, lettere b) , c) , d) , e) ed f) sono di competenza del comune, che li adotta sentito il parere dell'ente proprietario della strada (4).

4. Nel caso di sospensione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica o di sicurezza della circolazione o per esigenze di carattere militare, ovvero laddove siano stati stabiliti obblighi, divieti o limitazioni di carattere temporaneo o permanente, possono essere accordati, per accertate necessità, permessi subordinati a speciali condizioni e cautele. Nei casi in cui sia stata vietata o limitata la sosta, possono essere accordati permessi subordinati a speciali condizioni e cautele ai veicoli riservati a servizi di polizia e a quelli utilizzati dagli esercenti la professione sanitaria, nell'espletamento delle proprie mansioni, nonché dalle persone con limitata o impedita capacità motoria, muniti del contrassegno speciale.

5. Le caratteristiche, le modalità costruttive, la procedura di omologazione e i criteri di installazione e di manutenzione dei dispositivi di controllo di durata della sosta sono stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (5).

6. Le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori della carreggiata e comunque in modo che i veicoli parcheggiati non ostacolino lo scorrimento del traffico (6).

7. I proventi dei parcheggi a pagamento, in quanto spettanti agli enti proprietari della strada, sono destinati alla installazione, costruzione e gestione di parcheggi in superficie, sopraelevati o sotterranei, e al loro miglioramento e le somme eventualmente eccedenti ad interventi per migliorare la mobilità urbana (7).

8. Qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell'art. 3 "area pedonale" e "zona a traffico limitato", nonché per quelle definite "A" dall'art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico (8).

9. I comuni, con deliberazione della giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del sindaco, ancorché di modifica o integrazione della deliberazione della giunta. Analogamente i comuni provvedono a delimitare altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo del comma 8. I comuni possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, anche al pagamento di una somma. Con direttiva emanata dall'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale entro un anno dall'entrata in vigore del presente codice, sono individuate le tipologie dei comuni che possono avvalersi di tale facoltà, nonché le modalità di riscossione del pagamento e le categorie dei veicoli esentati (9).

10. Le zone di cui ai commi 8 e 9 sono indicate mediante appositi segnali.

11. Nell'ambito delle zone di cui ai commi 8 e 9 e delle altre zone di particolare rilevanza urbanistica nelle quali sussistono condizioni ed esigenze analoghe a quelle previste nei medesimi commi, i comuni hanno facoltà di riservare, con ordinanza del sindaco, superfici o spazi di sosta per veicoli privati dei soli residenti nella zona, a titolo gratuito od oneroso.

12. Per le città metropolitane le competenze della giunta e del sindaco previste dal presente articolo sono esercitate rispettivamente dalla giunta metropolitana e dal sindaco metropolitano.

13. Chiunque non ottemperi ai provvedimenti di sospensione o divieto della circolazione, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 84,00 a Euro 335,00 (10).

13-bis. Chiunque, in violazione delle limitazioni previste ai sensi della lettera b) del comma 1, circola con veicoli appartenenti, relativamente alle emissioni inquinanti, a categorie inferiori a quelle prescritte, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 163 a euro 658 e, nel caso di reiterazione della violazione nel biennio, alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da quindici a trenta giorni ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI (11).

14. Chiunque viola gli altri obblighi, divieti o limitazioni previsti nel presente articolo, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 41,00 a Euro 168,00. La violazione del divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto, nelle aree pedonali e nelle zone a traffico limitato è soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 80,00 a Euro 323,00 (12).

15. Nei casi di sosta vietata, in cui la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa pecuniaria è applicata per ogni periodo di ventiquattro ore, per il quale si protrae la violazione. Se si tratta di sosta limitata o regolamentata, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da Euro 25,00 a Euro 99,00 e la sanzione stessa è applicata per ogni periodo per il quale si protrae la violazione (13).

15-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, coloro che esercitano abusivamente, anche avvalendosi di altre persone, ovvero determinano altri ad esercitare abusivamente l'attività di parcheggiatore o guardiamacchine sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 765,00 a Euro 3.076,00. Se nell'attività sono impiegati minori la somma è raddoppiata. Si applica, in ogni caso, la sanzione accessoria della confisca delle somme percepite, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI (14) .

(1) A norma dell'articolo 17 del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9la denominazione del Ministero è così modificata.

(2) Così corretto in Gazz.Uff., 13 febbraio 1993, n. 36.

(3) A norma dell'articolo 17 del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9la denominazione del Ministero è così modificata.

(4) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390.

(5) A norma dell'articolo 17 del D.lgs 15 gennaio 2002, n. 9la denominazione del Ministero è così modificata.

(6) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390.

(7) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390.

(8) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390.

(9) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390.

(10) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390. Sanzione così aggiornata dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010e dalD.M. 19 dicembre 2012, come previsto dall'articolo 195 del presente decreto.

(11) Comma inserito dall'articolo 2, comma 1, della legge 29 luglio 2010, n. 120. Con D.M. 19 dicembre 2012, la sanzione è stata così aggiornata come previsto dall'articolo 195 del presente decreto.

(12) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera g) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390 e successivamente dall'articolo 02 del D.L. del 27 giugno 2003, n. 151. Le sanzioni di cui al primo periodo del presente comma sono aggiornate dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, D.M. 22 dicembre 2010, e dal D.M. 19 dicembre 2012come previsto dall'articolo 195 del presente decreto.

(13) Comma modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera g) del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 390. Sanzione così aggiornata dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 17 dicembre 2008 e dal D.M. 22 dicembre 2010, come previsto dall'articolo 195 del presente decreto.

(14) Comma aggiunto dall'articolo 02 del D.L. del 27 giugno 2003, n. 151. La sanzione prevista dal presente comma è stata aggiornata dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010 e dalD.M. 19 dicembre 2012, come previsto dall'articolo 195 del presente decreto.

 
ARTICOLO N.8

Circolazione nelle piccole isole.

1. Nelle piccole isole, dove si trovino comuni dichiarati di soggiorno o di cura, qualora la rete stradale extraurbana non superi 50 km e le difficoltà ed i pericoli del traffico automobilistico siano particolarmente intensi, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti , sentite le regioni e i comuni interessati, può, con proprio decreto, vietare che, nei mesi di più intenso movimento turistico, i veicoli appartenenti a persone non facenti parte della popolazione stabile siano fatti affluire e circolare nell'isola. Con medesimo provvedimento possono essere stabilite deroghe al divieto a favore di determinate categorie di veicoli e di utenti (1).

2. Chiunque viola gli obblighi, i divieti e le limitazioni previsti dal presente articolo è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 419,00 a Euro 1.682,00 (2) .

(1) Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360. A norma dell'articolo 17 del D.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 la denominazione del Ministero è così modificata.

(2) Sanzione aggiornata dal D.M. 4 gennaio 1995, dal D.M. 20 dicembre 1996, dal D.M. 22 dicembre 1998, dal D.M. 29 dicembre 2000, dal D.M. 24 dicembre 2002, dal D.M. 22 dicembre 2004, dal D.M. 29 dicembre 2006, dal D.M. 17 dicembre 2008, dal D.M. 22 dicembre 2010 e dal D.M. 19 dicembre 2012, come previsto dall' articolo 195 del presente decreto.

 
ARTICOLO N.9

Competizioni sportive su strada (1) (2).

1. Sulle strade ed aree pubbliche sono vietate le competizioni sportive con veicoli o animali e quelle atletiche, salvo autorizzazione. L'autorizzazione è rilasciata dal comune in cui devono avere luogo le gare atletiche e ciclistiche e quelle con animali o con veicoli a trazione animale. Essa è rilasciata dalla regione e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per le gare atletiche, ciclistiche e per le gare con animali o con veicoli a trazione animale che interessano più comuni. Per le gare con veicoli a motore l'autorizzazione è rilasciata, sentite le federazioni nazionali sportive competenti e dandone tempestiva informazione all'autorità di pubblica sicurezza: dalla regione e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per le strade che costituiscono la rete di interesse nazionale; dalla regione per le strade regionali; dalle province per le strade provinciali; dai comuni per le strade comunali. Nelle autorizzazioni sono precisate le prescrizioni alle quali le gare sono subordinate (3).

2. Le autorizzazioni di cui al comma 1 devono essere richieste dai promotori almeno quindici giorni prima della manifestazione per quelle di competenza del sindaco e almeno trenta giorni prima per le altre e possono essere concesse previo nulla osta dell'ente proprietario della strada (4).

3. Per le autorizzazioni relative alle competizioni motoristiche i promotori devono richiedere il nulla osta per la loro effettuazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, allegando il preventivo parere del C.O.N.I. Per consentire la formulazione del programma delle competizioni da svolgere nel corso dell'anno, qualora venga riconosciuto il carattere sportivo delle stesse e non si creino gravi limitazioni al servizio di trasporto pubblico, nonché al traffico ordinario, i promotori devono avanzare le loro richieste entro il trentuno dicembre dell'anno precedente. Il preventivo parere del C.O.N.I. non &

• Fonti alternative L. 28.12.2012 n. 65625
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20 • Gennaio • 2014

Epigrafe

DECRETO DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 28 dicembre 2012 (in Suppl. ordinario n. 1 alla Gazz. Uff., 2 gennaio 2013, n. 1). - Incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili ed interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni.

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
di concerto con
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
E DEL MARE
e con
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE
ALIMENTARI E FORESTALI

Vista la direttiva 2006/32/CE del 5 aprile 2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio;

Vista la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;

Visto il decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28 (di seguito decreto legislativo n. 28/2011), di attuazione della direttiva 2009/28/CE ed in particolare: l'art. 28, commi 1 e 2, il quale prevede che con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza unificata, sono incentivati la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e gli interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, stabilendone i criteri;

l'art. 23, comma 3, il quale prevede condizioni ostative alla percezione degli incentivi per i soggetti che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, abbiano fornito dati o documenti non veritieri, ovvero abbiano reso dichiarazioni false o mendaci;

Visto il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici» ed in particolare l'art. 4 riguardante detrazioni per interventi di ristrutturazione, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamita' naturali;

Visto il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, che proroga al 30 giugno 2013 le detrazioni fiscali per interventi di efficientamento energetico di cui all'art. 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2007, n. 296;

Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante «Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia», e successive modificazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59, recante «Regolamento di attuazione dell'art. 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia»;

Visto il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, recante «Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE» e successive modificazioni;

Vista la direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell'edilizia;

Visto il decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 marzo 2008 concernente la definizione dei valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo e di trasmittanza termica ai fini dell'applicazione dei commi 344 e 345 del predetto art. 1 della legge n. 296/2006, e successive modificazioni;

Visto il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, adottato ai sensi dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE e trasmesso alla Commissione europea il 31 luglio 2010 che, in linea con gli impegni assunti in sede europea, indica le misure al 2020 per il raggiungimento dell'obiettivo del 17% di produzione energetica da fonti rinnovabili e un livello di consumi finali lordi nel limite di 133 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, evidenziando il ruolo che nel conseguimento dell'obiettivo e' attribuito alla produzione di energia termica da rinnovabili e all'efficienza energetica;

Visto il Piano europeo di efficienza energetica 2011 - comunicazione 8 marzo 2011 della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - che, nel confermare il ruolo centrale dell'efficienza energetica per il conseguimento degli obiettivi della strategia «Europa 2020», segnala la necessita', per i Paesi europei, di un impegno rafforzato per raggiungere gli obiettivi di efficienza al 2020;

Visto il Piano di azione italiano per l'efficienza energetica 2011 che fornisce lo stato di avanzamento al 2010 nel conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica definiti nel precedente Piano di azione del 2007 e indica le aree in cui intervenire per conseguire gli obiettivi al 2016 e al 2020;

Visto il decreto del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 20 luglio 2004 «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali di energia, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79» e successive modificazioni ed integrazioni;

Visto il decreto del Ministero delle attivita' produttive, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 20 luglio 2004 «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all'art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164» e successive modificazioni ed integrazioni;

Considerato che l'11 settembre 2012 il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva europea sull'efficienza energetica che riprende le indicazioni del Piano europeo di efficienza energetica 2011 e formula specifiche disposizioni per la promozione dell'efficienza energetica, attribuendo un ruolo importante alla riqualificazione energetica degli immobili pubblici ed agli acquisti pubblici di apparecchiature ad alta efficienza energetica;

Ritenuto che le diagnosi e le certificazioni energetiche siano un valido strumento per assicurare l'efficacia e la sostenibilita' finanziaria degli interventi di cui al presente decreto;

Considerata la necessita' di assicurare coerenza al sistema degli incentivi, raccordando, in particolare, la disciplina dei contributi di cui al presente decreto con quella delle detrazioni fiscali di cui all'art. 1, commi da 344 a 347, della legge del 27 dicembre 2007, n. 296, e dei certificati bianchi;

Considerata la semplificazione procedurale adottata con l'art. 1, comma 24, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e con l'art. 31 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in merito alla certificazione energetica per l'accesso alle detrazioni fiscali di cui all'art. 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2007, n. 296;

Considerato che, in base all'art. 28 del decreto legislativo n. 28/2011, l'incentivo e' commisurato all'energia termica prodotta da fonti rinnovabili, ovvero ai risparmi energetici generati dagli interventi e puo' essere assegnato esclusivamente agli interventi che non accedono ad altri incentivi statali, fatti salvi i fondi di garanzia, i fondi di rotazione ed i contributi in conto interesse;

Considerato che le pubbliche amministrazioni non possono avvalersi delle detrazioni fiscali e che, per tali soggetti, risulta complesso l'accesso al sistema incentivante dei certificati bianchi;

Considerata necessaria una fase di prima applicazione e di monitoraggio dei risultati e delle risposte ottenute con il nuovo regime di incentivi oggetto del presente decreto, al fine di determinare i contingenti per ciascuna applicazione di cui all'art. 28, comma 2, lettera c) del decreto legislativo n. 28/2011;

Ritenuto di definire il perimetro degli interventi oggetto degli incentivi disposti dal presente decreto in modo da creare uno strumento unico ed omogeneo, nonche' di maggiore efficacia, per tutti gli interventi di produzione di energia termica rinnovabile e da evitare sovrapposizioni con gli interventi per l'efficienza energetica negli edifici che possono essere oggetto delle detrazioni fiscali, anche al fine di ridurre il costo gestionale e dei controlli e l'onere ricadente sulle tariffe del gas naturale;

Ritenuto che i successivi decreti di aggiornamento previsti nel decreto legislativo n. 28/2011 potranno considerare un'eventuale modifica dell'ambito di applicazione del presente decreto, anche in considerazione dell'evoluzione della normativa sulle detrazioni fiscali;

Acquisita l'intesa della Conferenza unificata nella riunione del 6 dicembre 2012;

Decreta:
 
ARTICOLO N.1

Finalita' e ambito di applicazione

Art. 1

1. In attuazione dell'art. 28 del decreto legislativo n. 28/2011, il presente decreto disciplina l'incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l'incremento dell'efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, come di seguito definiti, realizzati a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, ai fini del raggiungimento degli obiettivi specifici previsti dai Piani di azione per le energie rinnovabili e per l'efficienza energetica di cui all'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 28/2011.

2. Le misure di incentivazione di cui al presente decreto sono sottoposte ad aggiornamento periodico con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza unificata, secondo i tempi indicati all'art. 28, comma 2, lettera g) del decreto legislativo n. 28/2011.

3. Trascorsi sessanta giorni dal raggiungimento di un impegno di spesa annua cumulata pari a 200 milioni di euro per incentivi riconosciuti ad interventi realizzati o da realizzare da parte dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera a), non sono accettate ulteriori richieste di accesso agli incentivi di cui al presente decreto, da parte di tali soggetti, fino all'entrata in vigore dell'aggiornamento di cui al comma 2.

4. Trascorsi sessanta giorni dal raggiungimento di un impegno di spesa annua cumulata pari a 700 milioni di euro per incentivi riconosciuti ad interventi realizzati da parte di soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera b), non sono accettate ulteriori richieste di accesso agli incentivi di cui al presente decreto, da parte di tali soggetti, fino all'entrata in vigore dell'aggiornamento di cui al comma 2.

 
ARTICOLO N.2
Definizioni
Art. 2

1. Ai fini dell'applicazione del presente decreto valgono le definizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, ai provvedimenti attuativi e alle successive modifiche ed integrazioni, nonche' di cui ai decreti legislativi 3 marzo 2011, n. 28, e 30 maggio 2008, n. 115. Valgono inoltre le seguenti definizioni:

a) potenza termica nominale di un impianto termico: somma delle potenze nominali, come dichiarate dal costruttore, degli impianti oggetto dell'intervento. Valgono inoltre le definizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, art. 1, lettere q), r), s) e t);

b) interventi di piccole dimensioni di incremento dell'efficienza energetica: interventi di cui all'art. 4, comma 1, che soddisfano i requisiti previsti dall'allegato I;

c) intervento di piccole dimensioni di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e con sistemi ad alta efficienza: interventi di installazione di impianti termici di cui all'art. 4, comma 2, lettera a) e lettera b), con potenza termica nominale complessiva, con riferimento al singolo edificio, unita' immobiliare, fabbricato rurale o serra, inferiore a 1000 kW. Per gli interventi di cui all'art. 4, comma 2, lettera c), si intendono esclusivamente gli interventi di installazione di impianti solari termici con superficie solare lorda inferiore a 1000 metri quadrati;

d) superficie solare lorda: superficie totale dei collettori solari;

e) interventi sull'involucro di edifici esistenti: interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unita' immobiliari esistenti, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture, anche inclinate, e pavimenti), finestre comprensive di infissi, strutture tutte delimitanti il volume riscaldato, installazione di sistemi di schermatura e/o ombreggiamento fissi e mobili, verso l'esterno e con esposizione da Est-Sud-Est (ESE) a Ovest (O) che rispettano i requisiti di cui all'allegato I del presente decreto;

f) interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale: interventi di sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale con impianti di cui al successivo art. 4 e contestuale messa a punto ed equilibratura dei sistemi di distribuzione, regolazione e controllo, ed introduzione, nel caso di impianti centralizzati al servizio di piu' unita' immobiliari, di un efficace sistema di contabilizzazione individuale dell'energia termica utilizzata e conseguente ripartizione delle spese;

g) edifici esistenti e fabbricati rurali esistenti: edifici e fabbricati rurali, comprese le pertinenze, iscritti al catasto edilizio urbano o per i quali sia stata dichiarata la fine lavori e sia stata presentata la richiesta di iscrizione al catasto edilizio urbano antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata dichiarata la fine lavori antecedentemente alla data di emanazione del presente decreto e sia stata avviata la procedura di affidamento dell'incarico ad un professionista, la procedura di accatastamento dell'immobile in data antecedente alla data di presentazione dell'istanza di incentivazione;

h) superficie utile: superficie lorda climatizzata, misurata al netto delle murature esterne e al lordo delle pareti divisorie;

i) scheda-contratto: modello informatico di contratto riportante le condizioni e le modalita' di accesso agli incentivi, redatto in base al contratto-tipo di cui all'art. 28, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 28/2011;

j) scheda-domanda: modello informatico di scheda anagrafica che caratterizza tecnicamente gli interventi realizzati, gli edifici ed i soggetti coinvolti, resa disponibile dal GSE tramite il portale Internet di cui all'art. 14, comma 1 del decreto legislativo n. 28/2011;

k) impegno di spesa annua cumulata: sommatoria degli incentivi annui che GSE si impegna a riconoscere, in attuazione del presente decreto, a ognuno dei soggetti ammessi. Per le amministrazioni pubbliche, la spesa annua cumulata indicata all'art. 1, comma 3, comprende anche le risorse impegnate dal GSE prima della realizzazione dell'intervento, secondo la procedura di cui all'art. 7, comma 3;

l) tecnico abilitato: soggetto abilitato alla progettazione di edifici ed impianti nell'ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente ed iscritto agli specifici ordini e collegi professionali;

m) soggetto responsabile: soggetto che ha sostenuto le spese per l'esecuzione degli interventi di cui al presente decreto e che ha diritto all'incentivo e stipula il contratto con il GSE per mezzo della scheda di cui alla lettera i); puo' operare attraverso un soggetto delegato, di cui alla successiva lettera n), per la compilazione della scheda-domanda di cui alla lettera j) e per la gestione dei rapporti contrattuali con il GSE;

n) soggetto delegato: persona fisica o giuridica che opera, tramite delega, per nome e per conto del soggetto responsabile sul portale predisposto dal GSE; puo' coincidere con il tecnico abilitato;

o) amministrazioni pubbliche: tutte le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi gli ex Istituti autonomi case popolari comunque denominati e trasformati dalle regioni;

p) GSE: «Gestore dei servizi energetici S.p.a.», soggetto responsabile della gestione degli incentivi di cui al presente decreto;

q) esecuzione a regola d'arte: interventi e prestazioni eseguite e/o fornite secondo quanto previsto dalle vigenti normative tecniche in riferimento alle opere e/o prestazioni realizzate e/o fornite.

 
ARTICOLO N.3
Soggetti ammessi
Art. 3
1. Sono ammessi agli incentivi previsti dal presente decreto:

a) le amministrazioni pubbliche, relativamente alla realizzazione di uno o piu' degli interventi di cui all'art. 4;

b) i soggetti privati, intesi come persone fisiche, condomini e soggetti titolari di reddito di impresa o di reddito agrario, relativamente alla realizzazione di uno o piu' degli interventi di cui all'art. 4, comma 2.

2. I soggetti di cui al comma 1, ai fini dell'accesso agli incentivi, possono avvalersi dello strumento del finanziamento tramite terzi o di un contratto di rendimento energetico ovvero di un servizio energia, anche tramite l'intervento di una ESCO.

 
ARTICOLO N.4

Tipologie di interventi incentivabili

Art. 4

1. Sono incentivabili, alle condizioni e secondo le modalita' di cui all'allegato I, ivi comprese le spese ammissibili di cui all'art. 5, i seguenti interventi di incremento dell'efficienza energetica in edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unita' immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, dotati di impianto di climatizzazione:

a) isolamento termico di superfici opache delimitanti il volume climatizzato;

b) sostituzione di chiusure trasparenti comprensive di infissi delimitanti il volume climatizzato;

c) sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti generatori di calore a condensazione;

d) installazione di sistemi di schermatura e/o ombreggiamento di chiusure trasparenti con esposizione da Est-Sud-Est a Ovest, fissi o mobili, non trasportabili.

2. Sono incentivabili, alle condizioni e secondo le modalita' di cui all'allegato II, ivi comprese le spese ammissibili di cui all'art. 5, i seguenti interventi di piccole dimensioni di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di sistemi ad alta efficienza:

a) sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale dotati di pompe di calore, elettriche o a gas, utilizzanti energia aerotermica, geotermica o idrotermica;

b) sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con impianti di climatizzazione invernale dotati di generatore di calore alimentato da biomassa;

c) installazione di collettori solari termici, anche abbinati a sistemi di solar cooling;

d) sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore.

3. Gli interventi realizzati ai fini dell'assolvimento degli obblighi di cui all'art. 11 del decreto legislativo n. 28/2011 accedono agli incentivi previsti al presente decreto limitatamente alla quota eccedente quella necessaria per il rispetto dei medesimi obblighi.

 
ARTICOLO N.5

Spese ammissibili ai fini del calcolo dell'incentivo

Art. 5

1. Per gli interventi incentivabili di cui all'art. 4, concorrono alla determinazione delle spese ammissibili ai fini dell'incentivo quelle di seguito elencate, comprensive di IVA, dove essa costituisca un costo:

a) per gli interventi impiantistici concernenti la produzione di acqua calda, anche se destinata, con la tecnologia solar cooling, alla climatizzazione estiva:

smontaggio e dismissione dell'impianto esistente, parziale o totale. Fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature termiche, meccaniche, elettriche ed elettroniche, nonche' delle opere idrauliche e murarie necessarie per la realizzazione a regola d'arte degli impianti organicamente collegati alle utenze;

b) per gli interventi impiantistici concernenti la climatizzazione invernale:

smontaggio e dismissione dell'impianto di climatizzazione invernale esistente, parziale o totale, fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature termiche, meccaniche, elettriche ed elettroniche, delle opere idrauliche e murarie necessarie per la sostituzione, a regola d'arte, di impianti di climatizzazione invernale o di produzione di acqua calda sanitaria preesistenti nonche' i sistemi di contabilizzazione individuale. Negli interventi ammissibili sono compresi, oltre a quelli relativi al generatore di calore, anche gli eventuali interventi sulla rete di distribuzione, sui sistemi di trattamento dell'acqua, sui dispositivi di controllo e regolazione, sui sistemi di estrazione ed alimentazione dei combustibili nonche' sui sistemi di emissione. Sono inoltre comprese tutte le opere e i sistemi di captazione per impianti che utilizzino lo scambio termico con il sottosuolo;

c) per gli interventi finalizzati alla riduzione della trasmittanza termica degli elementi opachi costituenti l'involucro edilizio, comprensivi delle opere provvisionali ed accessorie:

i. fornitura e messa in opera di materiale coibente per il miglioramento delle caratteristiche termiche delle strutture esistenti;

ii. fornitura e messa in opera di materiali ordinari, necessari alla realizzazione di ulteriori strutture murarie a ridosso di quelle preesistenti realizzate contestualmente alle opere di cui al punto i), per il miglioramento delle caratteristiche termiche delle strutture esistenti;

iii. demolizione e ricostruzione dell'elemento costruttivo, ove coerente con gli strumenti urbanistici vigenti;

d) per gli interventi finalizzati alla riduzione della trasmittanza termica U di chiusure apribili o assimilabili, quali porte, finestre e vetrine, anche se non apribili, comprensive di infissi e di eventuali sistemi di schermatura e/o ombreggiamento integrati nell'infisso stesso:

i. fornitura e messa in opera di nuove chiusure apribili o assimilabili;

ii. miglioramento delle caratteristiche termiche dei componenti vetrati esistenti, con integrazioni e sostituzioni;

e) per gli interventi che comportino la riduzione dell'irraggiamento solare negli ambienti interni nel periodo estivo:

i. fornitura e messa in opera di tende tecniche, schermature solari esterne regolabili (mobili) o assimilabili;

ii. fornitura e messa in opera di meccanismi automatici di regolazione e controllo;

f) prestazioni professionali connesse alla realizzazione degli interventi di cui alle lettere da a) a e) e per la redazione di diagnosi energetiche e di attestati di certificazione energetica relativi agli edifici oggetto degli interventi, come specificato all'art. 15.

 
ARTICOLO N.6

Ammontare e durata dell'incentivo

Art. 6

1. Fatto salvo quanto previsto al comma 3, gli interventi di cui all'art. 4 sono incentivati in rate annuali costanti, per la durata definita nella tabella A, secondo le modalita' di cui agli allegati al presente decreto:

Tabella A – Soggetti ammessi e durata dell’incentivo in anni in base alla tipologia di intervento

Tipologia di intervento
Soggetti ammessi
Durata dell’incentivo
 
 
(anni)

Isolamento termico di superfici opache delimitanti il volume climatizzato

Amministrazioni pubbliche
5

Sostituzione di chiusure trasparenti comprensive di infissi delimitanti il volume climatizzato

Amministrazioni pubbliche
5

Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore a condensazione

Amministrazioni pubbliche
5

Installazione di sistemi di schermatura e/o ombreggiamento di chiusure trasparenti con esposizione da ESE a O, fissi o mobili, non trasportabili

Amministrazioni pubbliche
5

Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti pompe di calore elettriche o a gas, anche geotermiche con potenza termica utile nominale inferiore o uguale a 35 kW

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
2

Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti pompe di calore elettriche o a gas, anche geotermiche con potenza termica utile nominale maggiore di 35 kW e inferiore o uguale a 1000 kW

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
5

Sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
2

Installazione di collettori solari termici, anche abbinati sistemi di solar cooling, con superficie solare lorda inferiore o uguale a 50 metri quadrati

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
2

Installazione di collettori solari termici, anche abbinati sistemi di solar cooling, con superficie solare lorda superiore a 50 metri quadrati e inferiore o uguale a 1000 metri quadrati

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
5

Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con generatori di calore alimentati da biomassa con potenza termica nominale al focolare inferiore o uguale a 35 kW

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
2

Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con generatori di calore alimentati da biomassa con potenza termica nominale al focolare maggiore di 35 kW e inferiore o uguale a 1000 kW

Amministrazioni pubbliche e soggetti privati
5

2. Nel rispetto dei valori massimi raggiungibili dall'incentivo totale previsti negli allegati al presente decreto, nel caso di piu' interventi eseguiti contestualmente, l'ammontare dell'incentivo e' pari alla somma degli incentivi relativi ai singoli interventi.

3. Nel caso in cui l'ammontare totale dell'incentivo sia non superiore a € 600, il GSE corrisponde l'incentivo in un'unica annualita'.

4. Per le sole aziende agricole puo' essere incentivata, oltre alla sostituzione, l'installazione di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomassa, secondo le modalita' di cui agli allegati al presente decreto.

 
ARTICOLO N.7

Procedura di accesso agli incentivi

Art. 7

1. Ai fini dell'accesso agli incentivi di cui al presente decreto, il soggetto responsabile presenta domanda al GSE attraverso la scheda-domanda, resa disponibile dallo stesso GSE tramite il portale Internet di cui all'art. 14, comma 1 del decreto legislativo n. 28/2011.

2. Fatto salvo quanto previsto al comma 3, la domanda di cui al comma 1 e' presentata entro sessanta giorni dalla data di effettuazione dell'intervento o di ultimazione dei lavori, ovvero entro i sessanta giorni successivi alla data in cui e' resa disponibile sul portare del GSE la scheda-domanda di cui al comma 1, pena la non ammissibilita' ai medesimi incentivi.

3. Le amministrazioni pubbliche, in alternativa alla procedura di accesso diretto agli incentivi previsti al comma 2, possono presentare la domanda al GSE, attraverso una scheda domanda a preventivo, gia' all'atto della definizione del contratto di rendimento energetico con la ESCO o della convenzione con «Consip S.p.a.» o con la centrale di acquisti regionale per l'affidamento del servizio energia, integrato con la riqualificazione energetica dei sistemi interessati. In tal caso, alla domanda e' allegata, oltre a quanto previsto dal comma 6, con riferimento all'intervento da eseguire, copia del contratto firmato da entrambe le parti ed immediatamente esecutivo. Tale domanda e' firmata dal soggetto responsabile e deve contenere l'impegno ad eseguire i lavori nei termini temporali previsti dal contratto. In particolare, a pena di decadenza al diritto alla prenotazione dell'incentivo, il soggetto responsabile deve:

a) entro sessanta giorni dalla data di accettazione della prenotazione dell'intervento previsto, comunicata dal GSE, presentare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' che attesti l'avvio dei lavori per la realizzazione dell'intervento previsto;

b) entro dodici mesi dalla data di accettazione della prenotazione dell'intervento previsto, comunicata dal GSE, presentare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' che attesti la conclusione dei lavori di realizzazione dell'intervento previsto.

Se la domanda e' accettata, il GSE procede ad impegnare a favore del richiedente la somma corrispondente all'incentivo spettante al momento della presentazione della dichiarazione di cui alla lettera a), fermo restando che l'effettiva erogazione degli incentivi avverra' ad intervento effettuato come previsto al comma 6. Alla procedura d'accesso di cui al presente comma, e' riservato un contingente di spesa cumulata annua per incentivi non superiore al 50% di quanto previsto all'art. 1, comma 3; il GSE accetta le domande presentate fino al sessantesimo giorno successivo al raggiungimento di tale contingente di spesa e provvede a dare evidenza separata sul proprio sito Internet del volume di risorse impegnate a tale scopo.

4. Gli interventi di cui all'art. 4, comma 2, lettere a) e b) che prevedano una potenza termica nominale complessiva, con riferimento al singolo edificio, unita' immobiliare, fabbricato rurale o serra, maggiore di 500 kW ed inferiore o uguale a 1000 kW, accedono ai meccanismi di incentivazione stabiliti dal presente decreto, previa iscrizione in appositi registri, secondo le modalita' di cui all'allegato IV. Alla procedura d'accesso di cui al presente comma, e' riservato un contingente di spesa cumulata annua per incentivi non superiore a 7 milioni di euro per i soggetti di cui all'art. 1, comma 3 e non superiore a 23 milioni per i soggetti di cui all'art. 1, comma 4, ove disponibili alla data di pubblicazione del bando di cui all'allegato IV.

5. La domanda di cui al comma 1 indica in modo chiaro il tipo di intervento effettuato e la spesa totale ammissibile consuntivata per la realizzazione dell'intervento ed e' firmata dal soggetto responsabile, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, accompagnata, ove richiesto, da copia di un documento di identita' in corso di validita' dello stesso.

6. Il soggetto responsabile, attraverso la scheda-domanda, fornisce informazioni su uno o piu' dei seguenti documenti, che potranno essere richiesti dal GSE anche in formato cartaceo o elettronico, in base a quanto richiesto per ciascun tipo di intervento dagli allegati 1 e 2 e secondo le modalita' applicative di cui all'art. 8, comma 2:

a) attestato di certificazione energetica, ove previsto ai sensi dell'art. 15, comma 1, redatto secondo quanto definito nel decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche ed integrazioni, ovvero attestati di certificazione redatti in conformita' a procedure e sistemi di certificazione regionali vigenti, ove presenti;

b) schede tecniche dei componenti o delle apparecchiature installate, come fornite dal produttore, dalle quali risulti l'osservanza dei requisiti prescritti;

c) asseverazione di un tecnico abilitato che attesti il corretto dimensionamento del generatore di calore nonche' la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti tecnici e prestazionali indicati negli allegati del presente decreto. Per gli interventi di cui all'art. 4, comma 1, lettera a), tale asseverazione puo' essere compresa nell'ambito di quella resa dal direttore lavori sulla conformita' al progetto delle opere realizzate, obbligatoria ai sensi dell'art. 8, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche e integrazioni. Nel caso di interventi di cui all'art. 4, comma 1, lettera c) e comma 2, lettere da a) a c), con potenza termica nominale inferiore o uguale a 35 kW o superficie solare lorda inferiore o uguale a 50 metri quadrati, nonche' all'art. 4, comma 2, lettera d), l'asseverazione puo' essere sostituita da una dichiarazione del soggetto responsabile, corredata da una certificazione dei produttori degli elementi impiegati, che attesti il rispetto dei requisiti minimi, relativi allo specifico intervento, come descritti negli allegati al presente decreto;

d) fatture attestanti le spese sostenute per gli interventi oggetto della richiesta d'incentivazione e relative ricevute di bonifici bancari o postali effettuati per il pagamento, dai quali risultino la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto responsabile e il codice fiscale ed il numero di partita IVA del soggetto a favore del quale il bonifico e' effettuato. La somma degli importi deve corrispondere alla spesa totale consuntivata, come indicata nella domanda di ammissione di cui al comma 1;

e) diagnosi energetica, ove prevista, redatta ai sensi dell'art. 15, comma 1;

f) ove il soggetto responsabile acceda alla procedura di incentivazione attraverso proprio delegato: delega firmata dal soggetto responsabile;

g) ove il soggetto responsabile sia una ESCO, copia dell'accordo contrattuale recante l'eventuale avvenuto finanziamento tramite terzi ovvero copia del contratto di rendimento energetico da cui sia possibile evincere le spese sostenute dalla ESCO per gli interventi di efficienza energetica;

h) dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta', resa ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non incorrere nel divieto di cumulo di cui all'art. 12, comma 1, del presente decreto. Nell'ambito di tale dichiarazione sostitutiva, il soggetto responsabile e' tenuto altresi' a dichiarare eventuali incentivi aggiuntivi percepiti, a impegnarsi a non richiedere o percepire, successivamente alla sottoscrizione della scheda contratto di cui al comma 6, alcun ulteriore incentivo non cumulabile con quelli di cui e' beneficiario e a rendersi disponibile ai controlli di cui all'art. 14;

i) ottenimento del titolo autorizzativo, ove previsto;

j) dichiarazione di conformita' dell'impianto, ove prevista, ai sensi dell'art. 7 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, redatta da un installatore avente i requisiti professionali di cui all'art. 15 del decreto legislativo n. 28/2011;

k) certificato del corretto smaltimento degli impianti oggetto di sostituzione e smaltimento, ove previsto;

l) certificato rilasciato dal produttore attestante il rispetto dei livelli emissivi in atmosfera, ai fini dell'applicazione del fattore premiante, distinto per tipologia installata, ove previsto.

Nel caso di amministrazione pubbliche che optano per il sistema di accesso indicato al comma 3, i dati consuntivi sopra citati sono da intendersi come massimali a preventivo, fermo restando che al termine dell'opera dovra' essere presentata la scheda-domanda relativa all'intervento come realizzato, fornendo tutti i corrispondenti dati a consuntivo.

7. I dati inseriti nella scheda-domanda di cui al comma 1 sono sottoposti ad una prima verifica, in forma automatica, di rispondenza ai requisiti minimi per gli interventi, specificati negli allegati al presente decreto, e di congruita' dei costi dell'intervento. In caso di esito negativo di tale verifica, la domanda e' respinta, dando comunicazione delle motivazioni al soggetto responsabile. In ogni caso, resta ferma la possibilita' delle verifiche di cui all'art. 14.

8. A completamento della procedura di cui ai commi 1, 2, 6 e 7, e' resa disponibile al soggetto responsabile la scheda contratto di cui all'art. 2, comma 1, lettera i). Il soggetto responsabile prende visione delle condizioni contenute nella scheda contratto e, previa accettazione informatica della stessa, accede al regime incentivante. Il soggetto responsabile ottiene copia informatica della scheda contratto contenente il codice identificativo dell'intervento effettuato, utile per i successivi contatti con il GSE. La scheda contratto e' firmata dal soggetto responsabile, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ed e' accompagnata, ove richiesto, da copia di un documento di identita' in corso di validita' dello stesso.

9. L'incentivo di cui all'art. 6 e' corrisposto dal GSE secondo le modalita' e tempistiche stabilite nelle regole applicative di cui all'art. 8, comma 2 e richiamate nella scheda contratto di cui al comma 5.

10. Il GSE aggiorna con continuita' sul portale di cui al comma 1, il contatore riportante l'impegno di spesa annua cumulata raggiunta per l'erogazione degli incentivi di cui al presente decreto.

11. Al fine di facilitare l'accesso delle amministrazioni pubbliche all'incentivo di cui al presente decreto, il GSE, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, e sulla base dei contratti tipo di cui al comma 12, predispone e pubblica sul proprio portale un elenco di ESCO interessate alla loro implementazione, ai fini della realizzazione e del finanziamento degli interventi incentivabili ai sensi dell'art. 4. L'iscrizione a tale elenco, aggiornato su base trimestrale, e' volontaria e aperta a tutti gli interessati. Questi dovranno fornire al GSE, al fine della pubblicazione, tutte le informazioni per una completa e corretta informativa alle amministrazioni, quali, a titolo di esempio non esclusivo, sede legale e sedi operative, capitale sociale, strutture operative ed ambito territoriale di operativita', esperienze maturate nel settore specifico e referenze per lavori gia' svolti, impegnandosi altresi' ad informare tempestivamente il GSE di ogni eventuale variazione.

12. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto «Consip S.p.a.» e le regioni, anche con il coinvolgimento dell'ANCI, tenuto conto delle norme tecniche di cui all'art. 16 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, sviluppano congiuntamente contratti tipo di rendimento energetico, tra le amministrazioni pubbliche, le ESCO e gli enti finanziatori al fine di facilitare l'accesso agli incentivi per l'efficienza energetica e la produzione di calore da fonti rinnovabili. Per tale adempimento «Consip S.p.a.» puo' avvalersi del supporto tecnico dell'ENEA. Tali modelli contrattuali sono resi disponibili anche dal GSE sul proprio portale.

 
ARTICOLO N.8

Adempimenti a carico del GSE

Art. 8

1. Il GSE e' responsabile dell'attuazione e della gestione del sistema di incentivazione nel rispetto delle disposizioni del presente decreto.

2. Il GSE provvede all'assegnazione, all'erogazione, alla revoca degli incentivi secondo modalita' e tempistiche specificate in apposite regole applicative, pubblicate dal GSE entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

3. Il GSE cura l'effettuazione delle verifiche, ai sensi dell'art. 42 del decreto legislativo n. 28/2011, segnala alle autorita' competenti, ivi inclusa l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, gli esiti delle istruttorie per l'eventuale applicazione delle sanzioni nelle loro competenze, nel rispetto dell'art. 14. Nell'esecuzione di questa attivita' i funzionari del GSE, o i soggetti da questo preposti, rivestono la qualifica di pubblico ufficiale.

4. Per lo svolgimento delle attivita' di cui ai commi precedenti e per la completa attuazione del presente decreto, il GSE puo' avvalersi, oltre che delle societa' da esso controllate, anche di altre societa' e/o enti di comprovata esperienza e si avvale, tramite apposite convenzioni, di ENEA per le attivita' di cui all'art. 9 e del CTI per le attivita' di cui al comma 5.

5. Il GSE, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, predispone, anche in collaborazione con il CTI e le regioni, le linee guida per l'installazione di contatori termici per la contabilizzazione e la trasmissione telematica dei dati relativi all'energia termica prodotta. Le suddette linee guida, sentite le regioni, saranno impiegate ai fini dell'applicazione di un sistema di contabilizzazione del calore nelle successive revisioni del presente decreto, come previste all'art. 1, comma 2.

6. Il GSE, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, fornisce all'Autorita' per l'energia elettrica e il gas gli elementi per la definizione della scheda-contratto di cui all'art. 28, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 28/2011.

7. Il GSE pubblica la «scheda-domanda» di cui all'art. 7, comma 1, entro i trenta giorni successivi alla predisposizione dei contenuti tecnici da parte di ENEA e comunque entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

8. Il GSE predispone, con supporto specialistico di ENEA, la relazione annuale sul funzionamento del sistema incentivante secondo quanto previsto dall'art. 13, comma 2.

 
ARTICOLO N.9

Adempimenti a carico dell'Unita' tecnica per l'efficienza energetica dell'ENEA

Art. 9

1. ENEA in qualita' di organismo tecnico e' chiamato, ai sensi della convenzione con il GSE, di cui all'art. 8, comma 4, a svolgere i seguenti adempimenti:

a) entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, predispone i contenuti tecnici del portale e della scheda-domanda dedicati all'attuazione del presente decreto, comprendenti i controlli automatici, tecnici e amministrativi di congruenza e compatibilita', di cui all'art. 7, commi 1 e 2, e ai successivi allegati, ivi inclusi esempi di compilazione documentale, la modulistica necessaria allo svolgimento completo delle procedure di accesso agli incentivi nonche' le sezioni tematiche informative (fonti rinnovabili, efficienza energetica), giuridiche e amministrative di ausilio a tutti soggetti interessati, compresi esempi di compilazione documentale;

b) conformemente all'art. 8, comma 3, partecipa all'attuazione delle verifiche per le attivita' tecnico-amministrative relative all'art. 14, comma 1, compreso il supporto specialistico al GSE nel rapporto con i soggetti responsabili volto alla richiesta di chiarimenti e di documentazione integrativa;

c) fornisce al GSE informazioni necessarie per la gestione delle procedure inerenti l'attuazione del sistema di incentivazione di cui al comma 1 dell'art. 8, tra cui l'evidenza di anomalie, le difformita' e quanto altro si riscontri nelle richieste di incentivo, significativo per l'erogazione o la revoca dello stesso;

d) fornisce supporto specialistico al GSE per le funzioni di monitoraggio dell'attivita' di incentivazione;

e) svolge, in supporto al GSE, parte dei controlli in situ (ispezioni) mirati e a campione come previsto dall'art. 14, comma 1;

f) fornisce il supporto specialistico al GSE per la predisposizione della relazione annuale sul funzionamento del sistema incentivante secondo quanto previsto dall'art. 13, comma 2;

g) in collaborazione con le regioni e il CTI, predispone:

i. entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un modello di diagnosi energetica di alta qualita', specifico per gli edifici, per gli adempimenti di cui al comma 1, nelle modalita' previste dalle norme tecniche UNI vigenti;

ii. le metodologie per determinare energia prodotta o risparmiata con la realizzazione degli interventi a partire dai dati depositati con la richiesta formale di incentivo dal soggetto interessato.

 
ARTICOLO N.10

Adempimenti a carico del soggetto responsabile

Art. 10

1. Ai fini dei controlli amministrativi e tecnici svolti dal GSE, nonche' ai fini dell'accertamento da parte delle autorita' competenti, il soggetto responsabile che presenta richiesta di incentivo deve conservare, per tutta la durata dell'incentivo stesso e per i cinque anni successivi all'erogazione dell'ultimo importo, garantendone la corretta conservazione al fine del riscontro, gli originali dei documenti di cui all'art. 7, comma 6, lettere da a) a l), di quelli previsti negli allegati al presente decreto, nonche' le fatture attestanti le spese effettivamente sostenute e le relative ricevute dei bonifici bancari o postali effettuati per il pagamento, comprese quelle per l'acquisto delle biomasse finalizzate all'alimentazione degli impianti incentivati. Se le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono effettuate da soggetti non tenuti all'osservanza delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la prova delle spese puo' essere costituita da altra idonea documentazione.

 
ARTICOLO N.11

Adempimenti dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas

Art. 11

1. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas predispone il contratto tipo ai fini di cui all'art. 28, lettera e), comma 1, del decreto legislativo n. 28/2011.

2. L'Autorita' per l'energia elettrica e il gas definisce le modalita' con le quali le risorse per l'erogazione degli incentivi di cui al presente decreto trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale, secondo criteri di degressivita' rispetto ai consumi.

3. L'Autorita' per l'energia elettrica e il gas provvede alla copertura dei costi sostenuti per lo svolgimento delle attivita' attribuite ai sensi del presente decreto da GSE ed ENEA e non coperti dalle entrate previste all'art. 17 o da altre risorse, ivi compresi gli oneri derivanti dall'attuazione dell'art. 7, comma 12 e art. 16, comma 2.

 
ARTICOLO N.12
Cumulabilita'
Art. 12

1. L'incentivo puo' essere assegnato esclusivamente agli interventi che non accedono ad altri incentivi statali, fatti salvi i fondi di garanzia, i fondi di rotazione e i contributi in conto interesse. Limitatamente agli edifici pubblici ad uso pubblico, tali incentivi sono cumulabili con gli incentivi in conto capitale, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale.

2. Nei casi di interventi beneficiari di altri incentivi non statali cumulabili, l'incentivo previsto dal presente decreto e' attribuibile nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale vigente.

 
ARTICOLO N.13

Monitoraggio e relazioni

Art. 13

1. Al fine di monitorare il raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia termica da fonte rinnovabile e di efficienza energetica di cui all'art. 1, comma 1, il GSE, in collaborazione con ENEA, dalla data di attivazione del portale di cui all'art. 7, comma 1, aggiorna con continuita' su di esso:

a) i dati relativi alle richieste formali di incentivo depositate, ripartiti per tipologia di intervento, con i relativi parametri significativi, i dati statistici aggregati a livello nazionale e regionale e le conseguenti valutazioni relative all'energia prodotta o risparmiata e alle emissioni evitate di gas serra;

b) il valore annuo di esborso per incentivi, il valore dei costi degli incentivi per intervento e cumulati nonche' le proiezioni cumulate del costo dell'incentivo negli anni di loro durata.

2. Entro il 30 aprile di ogni anno il GSE, con il supporto specialistico di ENEA, predispone e trasmette al Ministero dello sviluppo economico e alle regioni una relazione sul funzionamento del sistema incentivante di cui al presente decreto. La relazione contiene fra l'altro informazioni sul numero delle domande pervenute, numero degli interventi realizzati, valore degli investimenti realizzati, entita' degli incentivi erogati e stima dell'onere previsto per gli anni futuri, risparmi di energia primaria realizzati e energia termica prodotta attraverso gli interventi nonche' le emissioni di gas serra evitate, evidenziando i costi evitati per forniture energetiche, entita' ed esiti dei controlli effettuati, distinti per tipologia d'intervento e regione. GSE condivide le banche dati, organizzate a livello regionale, con le regioni interessate e le rappresentanze di ANCI e UPI.

3. In attuazione dell'art. 40, comma 7 del decreto legislativo n. 28 del 2011, entro la fine del 2013 e successivamente ogni due anni l'ENEA sottopone all'approvazione del Ministero dello sviluppo economico uno specifico programma biennale di monitoraggio concernente lo stato e le prospettive delle tecnologie per la produzione di calore, nonche' lo stato e le prospettive delle tecnologie rilevanti in materia di efficienza energetica, con riguardo particolare alla disponibilita' di nuove opzioni tecnologiche, ai costi commerciali attesi nel medio e lungo periodo di tali sistemi innovativi e al potenziale nazionale residuo di fonti rinnovabili termiche e di efficienza energetica. Il consuntivo delle attivita' e dei costi sostenuti e' approvato dal Ministero dello sviluppo economico e trasmesso all'Autorita' per l'energia elettrica e il gas ai fini dell'applicazione dell'art. 40, comma 8, del decreto legislativo n. 28 del 2011, e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 
ARTICOLO N.14

Verifiche, controlli e sanzioni

Art. 14

1. Il GSE cura l'effettuazione dei controlli sugli interventi incentivati per il tramite sia di verifiche documentali sia di controlli in situ (ispezioni), al fine di accertarne la regolarita' di realizzazione e gestione sulla base di un programma annuale, di cui fornisce comun

• DLgs 6.9.2005 n.206 Codice del consumo a norma della L. 29.7.2003 n.229
leggi i dettagli del legge - SESAMO Associazione Amministratori Immobiliari - aderente ad ASPPI
20 • Gennaio • 2014


Autorità: Decreto legislativo
Data: 06/09/2005
Numero: 206
Gazzetta uff.: 08/10/2005
N. gazzetta: 235

Classificazioni: UNIONE EUROPEA - Ce - - protezione dei consumatori

Testo vigente
Epigrafe

DECRETO LEGISLATIVO 6 settembre 2005 n.206 (in Suppl.ordinario n. 162 alla Gazz.Uff., 8 ottobre, n. 235). - Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229. (CODICE DEL CONSUMO) (1) (A)

(1) Ai sensi dell'articolo 20 del D.Lgs. 23 ottobre 2007 n. 221, ogni riferimento nel presente decreto al Ministero o Ministro delle attivita' produttive deve intendersi riferito al Ministero o al Ministro dello sviluppo economico.

(A) In riferimento al presente decreto vedi: Parere Autorità garante per la concorrenza e il mercato 23 maggio 2013, n. AS1048; Circolare Ministero della Salute 31 luglio 2013, n. 107053.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 153 del Trattato della Comunità europea;

Visto l'articolo 117 della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con riferimento ai principi di unità, continuità e completezza dell'ordinamento giuridico, nel rispetto dei valori di sussidiarietà orizzontale e verticale;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 29 luglio 2003, n. 229, recante interventi urgenti in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione - legge di semplificazione per il 2001, ed in particolare l'articolo 7 che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori ai sensi e secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della citata legge n. 229 del 2003, e nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi ivi richiamati;

Visto l'articolo 2 della legge 27 luglio 2004, n. 186, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, nonché l'articolo 7 della legge 27 dicembre 2004, n. 306;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 224, recante attuazione della direttiva 85/374/CEE relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183, come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 25, di attuazione della direttiva 1999/34/CE (1);

Vista la legge 10 aprile 1991, n. 126, recante norme per l'informazione del consumatore, e successive modificazioni, nonché il relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 8 febbraio 1997, n. 101;

Visto il decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, recante attuazione della direttiva 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali;

Visto il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante attuazione della direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole;

Visto il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come modificato dai decreti legislativi 4 agosto 1999, n. 333, e 4 agosto 1999, n. 342;

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, recante attuazione della direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso;

Vista la legge 6 febbraio 1996, n. 52, recante attuazione della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ed in particolare l'articolo 25, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio, ed in particolare gli articoli 18 e 19;

Vista la legge 30 luglio 1998, n. 281, recante disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 9 novembre 1998, n. 427, recante attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili;

Visto il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, recante attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza;

Visto il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 63, recante attuazione della direttiva 98/7/CE, che modifica la direttiva 87/102/CEE, in materia di credito al consumo;

Visto il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 67, recante attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa;

Visto il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 84, recante attuazione della direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori, in materia di indicazione dei prezzi offerti ai medesimi;

Visto il decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 253, recante attuazione della direttiva 97/5/CE sui bonifici transfrontalieri (2) ;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218, regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell'articolo 15, comma 8, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;

Visto il decreto legislativo 23 aprile 2001, n. 224, come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 25, recante attuazione della direttiva 98/27/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, nonché il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 19 gennaio 1999, n. 20, recante norme per l'iscrizione nell'elenco delle Associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale;

Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 24, recante attuazione della direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie di consumo;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 172, recante attuazione della direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti;

Vista la legge 6 aprile 2005, n. 49, recante modifiche all'articolo 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, in materia di messaggi pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 ottobre 2004;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta del 16 dicembre 2004;

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nella sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza generale del 20 dicembre 2004;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari del Senato della Repubblica, espresso il 9 marzo 2005, e della Camera dei deputati, espresso il 10 marzo 2005;

Vista la segnalazione del Garante della concorrenza e del mercato in data 10 maggio 2005;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 luglio 2005;

Sulla proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia, dell'economia e delle finanze e della salute;

E m a n a
il seguente decreto legislativo:

(1) Capoverso modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 23 ottobre 2007 n.221.

(2) Così rettificato in Gazz. Uff. 3 gennaio 2006, n. 2.
 


PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALITA'

ARTICOLO N.1

Finalità ed oggetto
Art. 1.

1. Nel rispetto della Costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee, nel trattato dell'Unione europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo all'articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati internazionali, il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi dì acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti.

 
ARTICOLO N.2

Diritti dei consumatori

Art. 2.

1. Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni.

2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

a) alla tutela della salute;
b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis) all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealta' (1);

d) all'educazione al consumo;

e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;

f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;

g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

(1) Lettera inserita dall'articolo 2 del D.Lgs. 23 ottobre 2007 n.221.

 
ARTICOLO N.3
Definizioni
Art. 3.

1. Ai fini del presente codice ove non diversamente previsto, si intende per (1):

a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (2);

b) associazioni dei consumatori e degli utenti: le formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori o degli utenti;

c) professionista: la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario (2);

d) produttore: fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 103, comma 1, lettera d), e nell'articolo 115, comma 2-bis, il fabbricante del bene o il fornitore del servizio, o un suo intermediario, nonché l'importatore del bene o del servizio nel territorio dell'Unione europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo (2);

e) prodotto: fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 18, comma 1, lettera c), e nell'articolo 115, comma 1, qualsiasi prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se non a lui destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell'ambito di un'attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo; tale definizione non si applica ai prodotti usati, forniti come pezzi d'antiquariato, o come prodotti da riparare o da rimettere a nuovo prima dell'utilizzazione, purché il fornitore ne informi per iscritto la persona cui fornisce il prodotto (2);

f) codice: il presente decreto legislativo di riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori.

(1) Capoverso modificato dall'articolo 3 del D.Lgs. 23 ottobre 2007 n.221.

(2) Lettera modificata dall'articolo 3 del D.Lgs. 23 ottobre 2007 n.221.

 


PARTE II
Educazione, informazione, pratiche commerciali, pubblicita (1)
TITOLO I
EDUCAZIONE DEL CONSUMATORE

ARTICOLO N.4

Educazione del consumatore

Art. 4.

1. L'educazione dei consumatori e degli utenti è orientata a favorire la consapevolezza dei loro diritti e interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai procedimenti amministrativi, nonché la rappresentanza negli organismi esponenziali.

2. Le attività destinate all'educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non hanno finalità promozionale, sono dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi e a rendere chiaramente percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta; prendono, inoltre, in particolare considerazione le categorie di consumatori maggiormente vulnerabili.

 


TITOLO II
INFORMAZIONI AI CONSUMATORI
Capo I
Disposizioni generali

ARTICOLO N.5

Obblighi generali
Art. 5.

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 3, comma 1, lettera a), ai fini del presente titolo, si intende per consumatore o utente anche la persona fisica alla quale sono dirette le informazioni commerciali.

2. Sicurezza, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi costituiscono contenuto essenziale degli obblighi informativi.

3. Le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.

 


Capo II
Indicazione dei prodotti

ARTICOLO N.6

Contenuto minimo delle informazioni

Art. 6.

1. I prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati sul territorio nazionale, riportano, chiaramente visibili e leggibili, almeno le indicazioni relative:

a) alla denominazione legale o merceologica del prodotto;

b) al nome o ragione sociale o marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;

c) al Paese di origine se situato fuori dell'Unione europea (1) ;

d) all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;

e) ai materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;

f) alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.

(1) Per l'efficacia delle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l'articolo 31-bis del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273.

 
ARTICOLO N.7

Modalità di indicazione

Art. 7.

1. Le indicazioni di cui all'articolo 6 devono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti nel momento in cui sono posti in vendita al consumatore. Le indicazioni di cui al comma 1, lettera f), dell'articolo 6 possono essere riportate, anziché sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti, su altra documentazione illustrativa che viene fornita in accompagnamento dei prodotti stessi.

 
ARTICOLO N.8

Ambito di applicazione

Art. 8.

1. Sono esclusi dall'applicazione del presente capo i prodotti oggetto di specifiche disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento.

2. Per i prodotti oggetto di disposizioni nazionali in materia di informazione del consumatore, le norme del presente capo si applicano per gli aspetti non disciplinati.

 
ARTICOLO N.9

Indicazioni in lingua italiana

Art. 9.

1. Tutte le informazioni destinate ai consumatori e agli utenti devono essere rese almeno in lingua italiana.

2. Qualora le indicazioni di cui al presente titolo siano apposte in più lingue, le medesime sono apposte anche in lingua italiana e con caratteri di visibilità e leggibilità non inferiori a quelli usati per le altre lingue.

3. Sono consentite indicazioni che utilizzino espressioni non in lingua italiana divenute di uso comune.

 
ARTICOLO N.10
Attuazione
Art. 10.

1. Con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro per le politiche comunitarie e con il Ministro della giustizia, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le norme di attuazione dell'articolo 6, al fine di assicurare, per i prodotti provenienti da Paesi dell'Unione europea, una applicazione compatibile con i principi del diritto comunitario, precisando le categorie di prodotti o le modalità di presentazione per le quali non è obbligatorio riportare le indicazioni di cui al comma 1, lettere a) e b), dell'articolo 6. Tali disposizioni di attuazione disciplinano inoltre i casi in cui sarà consentito riportare in lingua originaria alcuni dati contenuti nelle indicazioni di cui all'articolo 6.

2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, restano in vigore le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 8 febbraio 1997, n. 101.

 
ARTICOLO N.11

Divieti di commercializzazione

Art. 11.

1. È vietato il commercio sul territorio nazionale di qualsiasi prodotto o confezione di prodotto che non riporti, in forme chiaramente visibili e leggibili, le indicazioni di cui agli articoli 6, 7 e 9 del presente capo.

 
ARTICOLO N.12
Sanzioni
Art. 12.

1. Fatto salvo quanto previsto nella parte IV, titolo II, e salvo che il fatto costituisca reato, per quanto attiene alle responsabilità del produttore, ai contravventori al divieto di cui all'articolo 11 si applica una sanzione amministrativa da 516 euro a 25.823 euro. La misura della sanzione è determinata, in ogni singolo caso, facendo riferimento al prezzo di listino di ciascun prodotto ed al numero delle unità poste in vendita.

2. Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della predetta legge 24 novembre 1981, n. 689, all'accertamento delle violazioni provvedono d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa. Il rapporto previsto dall'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è presentato all'ufficio della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia in cui vi è la residenza o la sede legale del professionista.

 


Capo III
Particolari modalità di informazione
Sezione I
Indicazione dei prezzi per unità di misura

ARTICOLO N.13

Definizioni
Art. 13.
1. Ai fini del presente capo si intende per:

a) prezzo di vendita: il prezzo finale, valido per una unità di prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;

b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente per la commercializzazione di prodotti specifici;

c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato alla presenza del consumatore;

d) prodotto venduto al pezzo: un prodotto che non può essere frazionato senza subire una modifica della sua natura o delle sue proprietà;

e) prodotto venduto a collo: insieme di pezzi omogenei contenuti in un imballaggio;

f) prodotto preconfezionato: l'unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alle collettività, costituita da un prodotto e dall'imballaggio in cui è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente o in parte in tale imballaggio ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata.

 
ARTICOLO N.14

Campo di applicazione

Art. 14.

1. Al fine di migliorare l'informazione del consumatore e di agevolare il raffronto dei prezzi, i prodotti offerti dai commercianti ai consumatori recano, oltre alla indicazione del prezzo di vendita, secondo le disposizioni vigenti, l'indicazione del prezzo per unità di misura, fatto salvo quanto previsto all'articolo 16.

2. Il prezzo per unità di misura non deve essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.

3. Per i prodotti commercializzati sfusi è indicato soltanto il prezzo per unità di misura.

4. La pubblicità in tutte le sue forme ed i cataloghi recano l'indicazione del prezzo per unità di misura quando è indicato il prezzo di vendita, fatti salvi i casi di esenzione di cui all'articolo 16.

5. La presente sezione non si applica (1):

a) ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi, ivi compresa la somninistrazione di alimenti e bevande;

b) ai prodotti offerti nelle vendite all'asta;
c) agli oggetti d'arte e d'antiquariato.
(1) Così rettificato in Gazz. Uff. 3 gennaio 2006, n. 2.
 
ARTICOLO N.15

Modalità di indicazione del prezzo per unità di misura

Art. 15.

1. Il prezzo per unità di misura si riferisce ad una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni in vigore.

2. Per le modalità di indicazione del prezzo per unità di misura si applica quanto stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio.

3. Per i prodotti alimentari preconfezionati immersi in un liquido di governo, anche congelati o surgelati, il prezzo per unità di misura si riferisce al peso netto del prodotto sgocciolato.

4. È ammessa l'indicazione del prezzo per unità di misura di multipli o sottomultipli, decimali delle unità di misura, nei casi in cui taluni prodotti sono generalmente ed abitualmente commercializzati in dette quantità.

5. I prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione, esposti e pubblicizzati presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti, devono essere esclusivamente quelli effettivamente praticati ai consumatori. È fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo (1).

(1) Per le modalita' attuative delle disposizioni in materia di pubblicita' dei prezzi praticati dai distributori di carburanti per autotrazione, di cui al presente comma, vedi il D.M. 17 gennaio 2013.

 
ARTICOLO N.16
Esenzioni
Art. 16.

1. Sono esenti dall'obbligo dell'indicazione del prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dare luogo a confusione. Sono da considerarsi tali i seguenti prodotti:

a) prodotti commercializzati sfusi che, in conformità alle disposizioni di esecuzione della legge 5 agosto 1981, n. 441, e successive modificazioni, recante disposizioni sulla vendita a peso netto delle merci, possono essere venduti a pezzo o a collo;

b) prodotti di diversa natura posti in una stessa confezione;
c) prodotti commercializzati nei distributori automatici;

d) prodotti destinati ad essere mescolati per una preparazione e contenuti in un unico imballaggio;

e) prodotti preconfezionati che siano esentati dall'obbligo di indicazione della quantità netta secondo quanto previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, concernenti l'attuazione delle direttive comunitarie in materia di etichettatura dei prodotti alimentari;

f) alimenti precucinati o preparati o da preparare, costituiti da due o più elementi separati, contenuti in un unico imballaggio, che necessitano di lavorazione da parte del consumatore per ottenere l'alimento finito;

g) prodotti di fantasia;
h) gelati monodose;

i) prodotti non alimentari che possono essere venduti unicamente al pezzo o a collo.

2. Il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto, può aggiornare l'elenco delle esenzioni di cui al comma 1, nonché indicare espressamente prodotti o categorie di prodotti non alimentari ai quali non si applicano le predette esenzioni.

 
ARTICOLO N.17
Sanzioni
Art. 17.

1. Chiunque omette di indicare il prezzo per unità di misura o non lo indica secondo quanto previsto dalla presente sezione è soggetto alla sanzione di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, da irrogare con le modalità ivi previste (1).

(1) Così rettificato in Gazz. Uff. 3 gennaio 2006, n. 2.
 


TITOLO III
PRATICHE COMMERCIALI, PUBBLICITA' E ALTRE INFORMAZIONI COMMERCIALI (1)
Capo I
Disposizioni generali

ARTICOLO N.18

Definizioni (1)
Art. 18.
1. Ai fini del presente titolo, si intende per:

a) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attivita' commerciale, industriale, artigianale o professionale;

b) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attivita' commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

d) "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" (di seguito denominate: "pratiche commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicita' e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

d-bis) 'microimprese': entita', societa' o associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un'attivita' economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, dell'allegato alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003 (2);

e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacita' del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;

f) "codice di condotta": un accordo o una normativa che non e' imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o piu' pratiche commerciali o ad uno o piu' settori imprenditoriali specifici;

g) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta ovvero del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo;

h) "diligenza professionale": il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attivita' del professionista;

i) "invito all'acquisto": una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto;

l) "indebito condizionamento": lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacita' del consumatore di prendere una decisione consapevole;

m) "decisione di natura commerciale": la decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione puo' portare il consumatore a compiere un'azione o all'astenersi dal compierla;

n) "professione regolamentata": attivita' professionale, o insieme di attivita' professionali, l'accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalita' di esercizio, e' subordinata direttamente o indirettamente, in base a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali.

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

(2) Lettera inserita dall'articolo 7, comma 1, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.

 
ARTICOLO N.19

Ambito di applicazione (1)

Art. 19.

1. Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto, nonche' alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicita' ingannevole e di pubblicita' comparativa illecita e' assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n.145 (2).

2. Il presente titolo non pregiudica:

a) l'applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validita' od efficacia del contratto;

b) l'applicazione delle disposizioni normative, comunitarie o nazionali, in materia di salute e sicurezza dei prodotti;

c) l'applicazione delle disposizioni normative che determinano la competenza giurisdizionale;

d) l'applicazione delle disposizioni normative relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli elevati di correttezza professionale.

3. In caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici.

4. Il presente titolo non e' applicabile in materia di certificazione e di indicazioni concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi..

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

(2) Alinea modificato dall'articolo 7, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.

 


Capo II
Pratiche commerciali scorrette

ARTICOLO N.20

Divieto delle pratiche commerciali scorrette

Art. 20.
1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate.

2. Una pratica commerciale e' scorretta se e' contraria alla diligenza professionale, ed e' falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi piu' ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermita' mentale o fisica, della loro eta' o ingenuita', in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo. E' fatta salva la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:
a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o
b) aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

5. Gli articoli 23 e 26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette (1) .

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

 


SEZIONE I
Pratiche commerciali ingannevoli

ARTICOLO N.21

Azioni ingannevoli (1)

Art. 21.

1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e' idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu' dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o e' idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

a) l'esistenza o la natura del prodotto;

b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilita', i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneita' allo scopo, gli usi, la quantita', la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;

c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto;

d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;

e) la necessita' di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;

f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identita', il patrimonio, le capacita', lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprieta' industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;

g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'articolo 130 del presente Codice.

2. E' altresi' considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o e' idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:

a) una qualsivoglia attivita' di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicita' comparativa illecita;

b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si e' impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che e' vincolato dal codice.

3. E' considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza.

3-bis. È considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all'apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario (2)

4. E' considerata, altresi', scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, puo', anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza.

4-bis. E‘ considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che richieda un sovrapprezzo dei costi per il completamento di una transazione elettronica con un fornitore di beni o servizi (3).

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

(2) Comma inserito dall'articolo 36-bis, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 e successivamente modificato dall'articolo 28, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.

(3) Comma aggiunto dall’ articolo 15, comma 5-quater, del D.L. 18 ottobre 2012 n.179.

 
ARTICOLO N.22

Omissioni ingannevoli

Art. 22.

1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonche' dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Una pratica commerciale e' altresi' considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino gia' evidente dal contesto nonche' quando, nell'uno o nell'altro caso, cio' induce o e' idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi.

4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino gia' evidenti dal contesto:

a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso;

b) l'indirizzo geografico e l'identita' del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identita' del professionista per conto del quale egli agisce;

c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l'impossibilita' di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalita' di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore;

d) le modalita' di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;

e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

5. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicita' o la commercializzazione del prodotto (1).

(1) Articolo rettificato in Gazz. Uff. 3 gennaio, n. 2 e sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

 
ARTICOLO N.22 bis

Pubblicità ingannevole delle tariffe marittime (1).

Art. 22-bis.

1. E' considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse portuali e da tutti gli oneri comunque destinati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci.

(1) Articolo inserito dall'articolo 22, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99

 
ARTICOLO N.23

Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli

Art. 23.

1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:

a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;

b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualita' o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;

c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura;

d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;

e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista puo' avere per ritenere che non sara' in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantita' ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entita' della pubblicita' fatta del prodotto e al prezzo offerti;

f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:

1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure

2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure

3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto.

g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sara' disponibile solo per un periodo molto limitato o che sara' disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilita' o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole;

h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e' stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione;

i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto e' lecita;

l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista;

m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che cio' emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;

n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto;

o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto e' fabbricato dallo stesso produttore;

p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilita' di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;

q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di cessare l'attivita' o traslocare;

r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte;

s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacita' di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;

t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilita' di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;

u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole;

v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;

z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver gia' ordinato il prodotto;

aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attivita' commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore;

bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto (1) .

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

 


SEZIONE II
Pratiche commerciali aggressive

ARTICOLO N.24

Pratiche commerciali aggressive

Art. 24.

1. E' considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o e' idonea a limitare considerevolmente la liberta' di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o e' idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (1) .

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

 
ARTICOLO N.25

Ricorso a molestie coercizione o indebito condizionamento

Art. 25.

1. Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:

a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;
b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravita' tale da alterare la capacita' di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;

e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata (1) .

(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146.

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